L'autoformazione e i beni comuni ambientali

Parma - Considerazioni a margine delle giornate di "'occupazione verde" dell'università

Verso la manifestazione del 26 marzo e lo sciopero generale.

15 / 3 / 2011

­Il sapere è sovversivo quando si collettivizza...

La costituzione di un'intelligenza collettiva, la riappropriazione e il libero accesso ai saperi, la condivisione di conoscenze: sono questi gli obiettivi che ci siamo posti a partire dalle mobilitazioni dell'autunno 2010, contro il puzzle feudale dell’università, della società e, più in generale, di un sistema che manifesta la sua essenza nelle prassi della mercificazione, dell'atomizzazione sociale e della precarizzazione.

La nostra resistenza ci pone di fronte all'ineluttabilità della ricomposizione sociale.

Siamo orfani di futuro, migranti di professione, precari nel nostro essere frammentati, isolati, gettati sul ring di un'isterica competizione che ci costringe a svendere i nostri diritti e la nostra dignità in cambio di una sterile lotta alla sopravvivenza, vessati continuamente da un sistema di abusi che esercita il suo potere con le armi del ricatto e del saccheggio.

Siamo moltitudine eterogenea, soggettività che, alle politiche di austerity e di tagli,contrappongono conla radicalità del conflitto, la loro “indisponibilità” a essere burattini costretti a muoversi sul palcoscenico della precarietà e subire passivamente la gestione della crisi.

La nostra risposta parla di libertà, di autodeterminazione, di nuovi diritti, di un nuovo welfare, di reddito garantito e di giustizia ambientale.

In virtù di questo e in linea con le mobilitazioni del 12 Marzo, per la difesa della scuola pubblica, a Parma, il collettivo Studenti Autonomi in Movimento ha occupato l’università e organizzato per le giornate del 10, 11 e 12 Marzo, presso la Facoltà di Lettere dell'Ateneo, una serie di incontri legati alle tematiche dell'autoformazione, della difesa dei beni comuni ambientali e della sperimentazione di nuovi modelli di gestione ecocompatibile delle risorse.

Al seminario Uniti contro la crisi che si è tenuto a Marghera nelle giornate del 22 e 23 Gennaio si è palesata la necessità di un "agire locale e pensare globale". Vogliamo essere cassa di risonanza di questo segnale.

Raccogliamo la sfida che ci pone dinnanzi all'obiettivo di rovesciare il paradigma dell'atomizzazione su cui poggiano i pilastri del nuovo dominio della società. Sentiamo il bisogno di radicalizzare la battaglia per la difesa dei beni comuni.

Nel corso della tre giorni il filo conduttore è rappresentato dal concetto di “beni comuni”, ossia quei beni che noi vogliamo sottrarre alla violenza del mercato e del supersfruttamento.

I beni comuni assumono tanto valore in più quanto maggiore è la spinta a lottare perché essi continuino ad essere un patrimonio appartenente alla collettività e in essa trovino la ragione della loro esistenza.

Su di essi nessuno può vantare diritti di proprietà e ciò non significa soltanto che essi siano di tutti, ma anche che la loro salvaguardia rappresenta un diritto e un dovere di tutti. È nostra precisa convinzione che non sia possibile un'adeguata protezione di tali beni senza la consapevolezza effettiva e profonda di quello per cui si lotta, ed è proprio da questo principio che si è partiti nell'organizzazione di queste tre giornate di eventi e dibattiti, che hanno rappresentato un momento formativo in cui la compenetrazione dei saperi fosse non solo un esempio concreto di riappropriazione dei beni comuni, ma anche un'effettiva presa di coscienza da parte della collettività di quelli che siano i diritti da difendere e per i quali lottare.

Il bios risulta essere punto nevralgico per la definizione di bene comune, in quanto fattore da monitorare costantemente e globalmente per un'amministrazione giusta del patrimonio comune.

Cogliamo la necessità di affiancare alla "lotta del NO" la ricerca di un'alternativa concreta, tramite un riconcepimento della pratica del comune e un'ibridazione di tutte le categorie infettate endemicamente dalla crisi.

Riteniamo che una ridefinizione del concetto di formazione sia un nodo nevralgico per la costruzione dell'alternativa e che sia necessario divincolare la conoscenza dalle logiche della mercificazione e della privatizzazione dei saperi.

Ci vogliono ignoranti, ci vogliono imbavagliati, ci vogliono succubi e remissivi per accettare passivamente e pacificamente i giochi dei palazzi di potere. Ma noi non possiamo subire silenziosamente il saccheggio cui ci stanno sottoponendo. Per questo scegliamo come strumento d’approccio e di lavoro l'autoformazione, ovvero quella forma di lotta, nell'era del capitalismo cognitivo, che è al contempo conflitto sulla produzione dei saperi e organizzazione di un’università altra. Riteniamo l'autoformazione la base per comprendere e difendersi in una dialettica democratica libera e spontanea, fatta di nuove istituzioni partecipate che devono essere utilizzate per la tutela dei beni comuni. La loro piena declinazione dal basso, fatta di esperienza e prassi, tende direttamente ad una società dei beni comuni.

Il sapere, l'acqua, l'energia, l'ecosistema, una vita dignitosa e non sottoposta a costante ricatto sono beni comuni di cui in questi giorni abbiamo parlato, sui quali sentiamo il bisogno di informarci e confrontarci. È nel confronto e nello scontro che nasce la crescita.

Il nostro percorso vuole scardinare il concetto di aziendalizzazione del sapere partendo dal presupposto che la proprietà intellettuale è un furto!

I perché di un'occupazione verde

Non è possibile oggi pensare di affrontare e superare la crisi sistemica/globale rimanendo all’interno di una lettura parziale e separata della questione ambientale, come se si trattasse di una faccenda di secondaria importanza.

La “crisi ecologica” ha anticipato, nutrito e accompagnato la crisi finanziaria ed economica, palesandoin modo crescente l’insostenibilità dell’attuale modello di sviluppo capitalistico, sostanziata dal nesso tra schiacciante prevalenza dell’impiego dei combustibili fossili, effetto serra, surriscaldamento globale e sue conseguenze climatiche e sociali (basti pensare al periodico, drammatico riproporsi di crisi alimentari su scala planetaria).

Sull'onda di ciò che è stato il movimento studentesco degli ultimi anni proviamo a porci in maniera propositiva nella ricerca di un'alternativa concreta. Vogliamo creare una spaccatura, una presa di coscienza che ci permetta il libero accesso a saperi altri, rispetto a quelli normalmente proprinatici nelle aule universitarie, divincolati da qual si voglia interesse di privati che, mai come oggi, entrano con sempre maggiore interesse nell'università togliendole sempre più la sua peculiarità di sapere disinteressato e alieno dalle logiche di mercato. E’ ora di rompere la tradizione dei brevetti e del copyright (e della mercificazione) che ha cristallizzato il sapere nel paradigma "crescita infinita = benessere generalizzato".

Occorre una ridefinizione delle nostre soggettività, un percorso di autodeterminazione che ci ponga al di fuori dell'identità di meri consumatori, riconquistando il nostro diritto ad essere amministratori consapevoli ed informati del bene comune.

E’ necessario disegnare un modello di relazioni sociali ed economiche che siano contemporaneamente sostenibili anche dal punto di vista ambientale.

Questi i motivi che ci hanno spinto ad organizzare la prima "occupazione verde" della nostra università con una "tre giorni" all'insegna delle energie rinnovabili, della gestione democratica delle risorse idriche e in generale naturali.

Rivendichiamo le nostre posizioni in quanto soggetto politico, autonomo e continuamente in movimento. Non accettiamo soluzioni monche e di facciata, che ripropongano lo stesso quadro sistemico, variandone semplicemente le tonalità (si pensi alla tanto millantata green economy). Riteniamo, invece, che una socializzazione dei saperi, prodotti dai conflitti sociali, tenda alla costruzione di alternative reali, verso un nuovo modello di sviluppo.

Da questa presa di coscienza, da questo percorso formativo che ha rappresentato la tre giorni, dagli avvenimenti che hanno coinvolto il Giappone, ed in particolare la centrale nucleare di Fukushima, emerge prepotentemente la necessità di attraversare con ancora più convinzione la manifestazione del 26 Marzo a Roma  “Vota sì ai referendum per l’acqua bene comune - Sì per fermare il nucleare, per la difesa dei beni comuni, dei diritti, della democrazia”.

Altrettanto indispensabile è attraversare lo sciopero generale del 6 Maggio, una giornata che rappresenta non solo il blocco delle attività produttive, ma anche un momento di ricomposizione e unione delle lotte, perché la base di tutte le rivendicazione che confluiranno in questa giornata è la necessità ineluttabile di una nuova concezione di società, costruita dal basso e fondata sul rispetto della persona in tutte le sue declinazioni.

Bisogna essere parte attiva e reattiva nella rivendicazione dei propri diritti, soprattutto quelli che rappresentano dei punti cardine per la costruzione dal basso di una nuova società più giusta, più democratica e più libera.

Studenti Autonomi in Movimento - Parma

 

 

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