Per ricordare i compagni e le compagne della Raf barbaramente trucidati dal capitalismo di Stato

18 / 10 / 2018

Nella notte tra il 17 e 18 ottobre 1977 avvenne l’assassinio dei combattenti rivoluzionari della RAF, Andreas Baader, Jan Karl Raspe e Gudrun Ensslin, nel carcere di Stammheim. Unica sopravvissuta, Irmgard Möller, ferita gravemente da quattro coltellate, mentre l’anno prima, nel 1976, era stata “suicidata” la compagna Ulrike Meinhof.

In Italia, la reazione del movimento fu forte e determinata contro la barbarie della “democratica” Germania dell’Ovest: in tutte le città furono colpiti i luoghi e simboli delle multinazionali e dello Stato tedesco, esplosero la rabbia e la rivolta, il desiderio di liberazione da tutte le forme di dominio. Fu un momento triste, ma anche ricco di rivendicazioni.

Al di là delle forme dell’organizzazione rivoluzionaria e delle pratiche di azione e di lotta, chi era dentro la RAF si sentiva parte viva del movimento rivoluzionario internazionalista, anticapitalista ed antimperialista, come ciascuno di noi, al di là delle differenze tattico-strategiche o delle diverse modalità di concepire l’azione rivoluzionaria. 

Il senso di appartenenza va oltre ciò, è profondamente bio-politico, rispetto a chi ha messo la propria vita, il proprio essere, il proprio corpo a servizio della causa rivoluzionaria, fino in fondo, con irriducibile determinazione. Un messaggio etico-politico di straordinaria forza, al di là del tempo; una memoria viva, non codificata dagli apparati ideologici di stato: una memoria rivoluzionaria.

Walter Benjamin, nelle sue straordinarie metafore e nell’Angelus Novus, dipinto da Paul Klee, vedeva l’angelo trainato da un vento potentissimo verso il futuro, con la testa rivolta al passato, verso la serie di rovine e macerie che la storia si tira dietro, ma che diventano una cosa sola nel filo rosso della liberazione: quel “sogno che l’umanità ha sempre saputo di possedere", ossia il comunismo. 

L’”altra” storia è piena di esempi e significati: dalle rivolte contadine di Thomas Muntzer, alle lotte operaie e del proletariato metropolitano, alle rivoluzioni, insurrezioni, pratiche di guerriglia, alle attuali lotte dei campesinos, delle comunità indigene resistenti e costituenti in America latina o nelle metropoli contro il neo-colonialismo del capitalismo “estrattivista”, in tutte le sue articolazioni. Una lunga serie di resistenze, una lunga scia di sangue ma che va ricompresa in una sola memoria militante e rivoluzionaria. Non tristezza e depressione, al contrario: forza, potenza per ricominciare, un nuovo inizio rispetto alle mutate condizioni storico-sociali, forti di una tradizione, di un sogno, di un’utopia concreta, estremamente attuale nella miseria del tempo presente, in questo miserabile  tempo privo di storia e di memoria.

Non è solo questo: alcune analisi dei compagni e delle compagne della RAF sono di grande attualità, in particolare l’eclisse della dimensione dello stato nazione e l’internazionalizzazione di fatto di ogni dimensione politica; ma anche le trasformazioni che hanno interessato la composizione di classe dentro il cuore del sistema imperialista, l’attenzione posta sulle masse “senza volto”, il destino coloniale e neo-coloniale riservato alle classi sociali subalterne. Ciò che negli anni ’70 poteva sembrare un’eccezione, oggi è la regola.

Da alcune intuizioni della RAF, viene posta come centrale una possibile intersezione tra il pensiero strategico leniniano e le analisi sul colonialismo fatte da Frantz Fanon, che sembrano confermare lo scenario attuale del capitalismo globale, dove vengono meno i confini rigidi tra primo e terzo mondo e la ridefinizione di un modello neocoloniale anche all’interno delle metropoli occidentali. 

Nelle periferie, nella povertà metropolitana. 

Nel precariato come sistema di vita, nell’esclusione di moltitudini di uomini e donne dalla cittadinanza, dal riconoscimento, dalla presa di parola, nei flussi migratori si riconoscono i tratti di quelle “masse senza volto” di cui parlava la RAF; le potenziali forze di una rivoluzione globale contro l’impero globale del neoliberismo e come diceva Fanon contro tutte le articolazioni del dominio, dell’assoggettamento, della subalternità, le linee intrecciate di razza, di genere, di classe. 

Su questa base sorge un nuovo diritto del “comune” contro il diritto della proprietà dei padroni del mondo e della vita: come diceva Marx, tra “eguali diritti” decide la forza e nessuna mediazione è possibile!