Pfas: crimini ambientali, bugie e mistificazioni

28 / 9 / 2017

Pubblichiamo un articolo, tratto da Eco-magazine.info, del Collettivo Resistenze Ambientali di Padova sulla questione dell'inquinamento da Pfas in Veneto, diventato tema di dibattito pubblico a livello nazionale.

A fronte della catastrofe ambientale provocata dall’ inquinamento da Pfas nelle acque del Veneto, diventata ormai una questione internazionale per la sua indiscutibile e comprovata gravità e che mette a rischio la salute di quasi un milione di cittadini, assistiamo al solito, squallido balletto di scaricamento delle responsabilità da parte della multinazionale Miteni e del  governo regionale.

Ma questo classico giochetto, per cui la colpa è sempre degli altri, si tinge in questo caso di colori particolarmente macabri: «1260 morti in 30 anni da inquinamento da Pfas» , a indagare la mortalità nella popolazione dei comuni veneti colpiti dall’emergenza Pfas, arriva uno studio condotto da un gruppo di lavoro congiunto dell’Enea (l’agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) e dell’Isde, l’associazione internazionale dei medici per l’ambiente, nel maggio 2016. I risultati sono inquietanti: «In trent’anni in Veneto ci sono stati 1260 morti in più. Abbiamo riscontrato un’alterazione del metabolismo della tiroide – spiega a ilfattoquotidiano.it uno degli autori dello studio, il dottor Edoardo Bai – in modo statisticamente significativo sia negli uomini che nelle donne, con aumento di infarti del miocardio, diabete e malattie cerebrovascolari come l’ictus. Inoltre nelle donne risulta anche un aumento della malattia di Alzheimer e, nei comuni contaminati da Pfos, del tumore al rene. Tutte patologie Pfas-correlate».

Lo studio epidemiologico, firmato dai ricercatori Marina Mastrantonio, Raffaella Uccelli e Augusto Screpanti dell’Enea insieme a Edoardo Bai, Vincenzo Cordiano e Paolo Crosignani dell’Isde, è basato sui dati della banca epidemiologica Enea (collegata ai censimenti Istat) e prende in considerazione l’area delle provincie di Padova, Verona e Vicenza in cui l’Arpa Veneto ha individuato la contaminazione da Pfas. In particolare, sono stati presi in considerazione un campione di 143mila abitanti dei 24 comuni con superamenti dei valori di Pfas (oltre 500 ng/l), un campione di 131mila abitanti dei 19 comuni con superi dei valori di Pfos, il più tossico dei composti (oltre 30 ng/l), e un’area di controllo di 643mila abitanti di comuni veneti non interessati dalla contaminazione. Solo uno spaccato, ci sono su questo tema un’infinità di dati e studi scientifici, anche ministeriali e dell’Arpav, ma sigificativo. Si parla di morte, e di produzione di morte, in nome del profitto delle multinazionali e di una classe politica corrotta e compiacente!

Gli effetti delle sostanze nocive si manifesta dopo anni, come è successo per l’amianto, e più passa il tempo senza risolvere il problema, più aumenta il potenziale di rischio per un’enorme quantità di persone nei nostri territori.  “The Waste land”, come il poemetto di Thomas Eliot, o “La terre gaste”; dei poemi epici medievali: devastazione ambientale, biocidio della nostra terra!

A fronte di questa catastrofe ambientale e sociale, cosa dicono i responsabili, costretti a smascherarsi e venire allo scoperto sotto la pressione e le lotte dei comitati regionali anti Pfas?

Capitolo 1

Il governatore del Veneto, Luca Zaia , scarica le responsabilità sul governo nazionale. Non saremo certo noi a difendere governi che hanno sistematicamente promosso politiche ambientali neoliberiste, in cui la logica del   profitto , delle multinazionali, delle cordate imprenditoriali e lobbies private hanno sistematicamente devastato ovunque i nostri territori, distruggendo la salute e qualità della vita di intere popolazioni, in una dilagante ed inarrestabile corruzione.

Nel merito, però, fin dal 2013, quando veniva accertato l’inquinamento da pfas delle acque di falda e delle acque potabili, nessuna  delle  indicazioni  dell’ Istituto Superiore di Sanità– rimozione in tempi brevi della fonte d’inquinamento e utilizzo di altre fonti di approvvigionamento- sono state assunte dalla Regione Veneto. È ancora assente il piano di campionamento per il monitoraggio degli alimenti approvato ormai nove mesi fa, nonchè uno studio sulle matrici alimentari!

La novità principale della relazione adottata dalla Commissione ecomafie sul problema Pfas sta nel considerare tali sostanze come “appartenenti alla classe dei composti organici alogenati – recita un passaggio del documento – con la conseguenza che rientrano nell’elenco delle sostanze pericolose”, come previsto dal decreto legislativo 3 aprile 2006 numero 152. In base a questa considerazione, la regione Veneto può intervenire per richiedere di mettere a norma gli scarichi dove risiedono le sostanze considerate come inquinanti e pericolose. Al contrario di quanto avrebbe dichiarato in un’audizione l’assessore regionale all’Ambiente Giampaolo Bottacin, sentito il 10 maggio del 2016 a palazzo San Macuto.

E Zaia non ha trovato niente di meglio che sostenere la tesi grottesca che i suoi assessori l’avevano tenuto all’ oscuro di tutto e a loro volta avevano scaricato il problema sulla sanità regionale! E bravi, “ i paroni de casa nostra”, intanto la gente si ammala , soffre e muore!

Attualmente, il governatore dichiara di voler dimezzare gli attuali limiti dei pfas e portarli ai valori di Svezia e Germania nonché avviare ad una bonifica- ristrutturazione della rete idrica, una evidente mossa propagandistica in vista del falso referendum sull’autonomia del Veneto!

Ribadiamo che, per noi, non ci sono limiti alle sostanze nocive ed inquinanti di acqua, aria, terra…non ci devono proprio essere! Punto. La nostra opzione non può essere altro che 0 PFAS!

In ogni caso, chi paga per le colpevoli omissioni e mancanza di interventi radicali accumulatisi nel tempo? Per i rischi alla salute passati, presenti e futuri che gravano sulla vita di centinaia, migliaia di cittadini?

Chi ha governato i nostri territori a livello regionale ed in molte amministrazioni locali in tutti questi anni, portando ad essere il Veneto la regione più devastata ed inquinata d’Europa? Autonomia, certo, ma come liberazione da questa cricca politico-affaristica che ha portato la nostra terra sull’ orlo di una catastrofe irreversibile.

Capitolo 2

La MITENI, dicono costoro, «non siamo noi il problema, bensì la soluzione. Senza di noi non è possibile nessuna opera di bonifica». La logica tipica delle multinazionali, che si sentono signorie assolute, padroni della vita e della morte, ti inquino e ti disinquino; una logica perversa e mistificazioni colossali.

Chiariamo:

1. La Miteni non è nelle condizioni economiche per poter far fronte a nessuna seria bonifica. Negli ultimi 10 anni ha chiuso il bilancio in perdita, riducendo la forza lavoro del 28100. Il collegio sindacale il 13 aprile 2017 nella relazione al bilancio 2016 considera le perdite un rischio per la continuità aziendale. E’ già di per sé sull’orlo della chiusura , a prescindere dalla battaglia contro i pfas! Tutto il resto, è fumo sugli occhi e pubblicità ingannevole!

2. Il tentativo patetico di scaricare tutto il disastro ambientale sulle precedenti gestioni (colpevoli  anch’esse, sia chiaro!), con il puerile argomento di non esserne a conoscenza, cosa clamorosamente smentita dall’ inchiesta dei C.C del NOE che configura un reato pesantissimo di carattere penale per omissione di fondamentali informazioni sull’ inquinamento e la pericolosità delle sostanze prodotte. Nove manager della Miteni sono indagati.

3. La commissione ecomafie sui Pfas certifica che «quasi il 97% dell’apporto totale di Pfas scaricati nel bacino idrico Fratta-Gorzone, nel vicentino, sia riconducibile alla Miteni», società chimica di Trissino, al centro dell’attenzione giudiziaria sul caso Pfas. Ne consegue, secondo il documento approvato dalla Commissione, “che l’inquinamento è ancora in atto e che le misure poste in essere per il suo contenimento non siano state completamente efficaci”. È di pochi giorni fa la notizia dei nove avvisi di garanzia notificati dalla procura di Vicenza ad altrettanti manager della Miteni.

La peculiarità che contraddistingue i Pfas è il loro accumularsi nel sangue e nel fegato dove si legano alle proteine, diventando così più difficili da eliminare per l’organismo. Più le molecole sono a catena lunga e più si allungano i tempi di espulsione. Per questo motivo la Miteni, dal 2011, ha deciso di produrre solo molecole a catena corta (a 4 atomi di carbonio): iPFBA e PFBS. Nonostante ciò l’inquinamento delle acque persisterebbe.

Dopo tutti questi dati inquietanti, vi è da più parti la richiesta di eliminare alla radice la fonte di inquinamento, promuovere con estrema urgenza una bonifica di tutte le aree inquinate, garantire acqua potabile esente da Pfas a tutte le popolazioni colpite, rendere pubblici fin da subito i dati del monitoraggio sui prodotti alimentari!

A fronte della minaccia- ricatto della Miteni «se ce ne andiamo non ci sarà la bonifica». Non cadiamo nella trappola della mistificazione. Inquinare e disinquinare son due atti logicamente e temporalmente distinti: come può disinquinare un’ azienda se continua a produrre nel contempo le stesse sostanze che sono causa dell’ inquinamento? E’ come tentare di svuotare l’oceano con un cucchiaino da caffè!

In ogni caso, sarebbe necessaria una sospensione della produzione, ammesso pure sia questa la reale intenzione!

Collettivo Resistenze Ambientali