Piramide di Herzog e Museo Nazionale della Resistenza, ovvero sugli insidiosi processi di gentrificazione a Milano

19 / 12 / 2019

Riceviamo e pubblichiamo un articolo di Nicola, studente milanese e nostro lettore, sulla decisione della giunta Sala e del ministro Franceschini di insediare il nascente museo nazionale della resistenza nella nuova palazzina di Herzog a Milano. Per contatti [email protected].

Il Museo Nazionale della Resistenza troverà sede in piazzale Baiamonti a Milano. “L’Italia ne ha un urgente bisogno”. Queste le parole del ministro dei beni culturali Dario Franceschini pronunciate l’altro giorno in conferenza stampa a palazzo Marino.

A un primo impatto la notizia sarà piaciuta ai più. In questo periodo di intolleranza e individualismo dilagante, combattere la rimozione della memoria storica sembra cosa buona e giusta. E quindi ben vengano le iniziative che  siano in grado di raccontare le radici antifasciste di questo paese e il sacrificio dei partigiani che, salendo sui monti e attaccando nelle città, liberarono l’Italia dai nazifascisti.

 Ma a guardar bene la faccenda non quadra del tutto. Difatti si scopre subito che la sede del Museo ancora non esiste, ma verrà presto realizzata quale continuazione del progetto dello studio di architettura Herzoge De Meuron elaborato per Fondazione Feltrinelli e Microsoft. La seconda piramide era nei progetti del comune già dal 2010, ma da qualche tempo comitati di residenti e collettivi studenteschi si erano mobilitati al fine di rivendicare la tutela del verde sorto nell’area dell’ex Tamoil, impedire l’ulteriore consumo di suolo e la mercificazione dello spazio, proponendo una serie di iniziative sociali per restituirlo al quartiere.

A ottobre 2019, in occasione dell’approvazione del PGT, la Giunta aveva negato il vincolo ad area verde e per voce dell’assessore Maran dichiarava che il progetto di Herzog “rappresenta una delle proposte più interessanti di riqualificazione in Europa e sarebbe sbagliato impedirla”. Il modello“smart city” nella Milano di Sala è un imperativo incontestabile.

I più maliziosi potrebbero ora sospettare che la decisione di destinare la seconda piramide a Museo della Resistenza possa rappresentare un ariete, un subdolo escamotage per legittimare agli occhi dell’opinione pubblica l’ulteriore cementificazione e trasformazione dall’alto di un quartiere che negli ultimi decenni ha visto cambiare radicalmente la propria antropologia ed economia, attraverso quel processo di gentrificazione che il potere cittadino preferisce presentare con il termine di “opera di riqualificazione” (come se prima in quelle aree imperasse il disagio e l’abbandono).

Si tratta di riconoscere che i grandi investimenti dall’alto stravolgono la storia e il tessuto sociale dei quartieri: questi, ridefiniti lungo le linee della nuova tendenza, vedono sorgere costellazioni di nuovi locali glamour (che aprono e chiudono a ritmo stagionale) rendendo la vita dei residenti più complessa a causa dell’aumento generale del costo della vita e per il venir meno di quegli spazi culturali e di aggregazione non mediata che in quanto “non produttivi” nella nuova Milano non hanno legittimità d’esistere.

Nei quartieri limitrofi la gentrificazione ha già fatto il suo corso. Le strade di Isola, Garibaldi e Moscova, una volta vive e popolari, oggi si presentano come non luoghi dove, a parte sacche di resistenza qua e là, il consumo è l’imperativo e ciò che le rendono fruibili.

In Baiamonti- Paolo Sarpi il discorso per certi versi è diverso ma si possono notare delle costanti: la svendita del patrimonio immobiliare popolare al fine delle ristrutturazione e messa a profitto su nuovi progetti  (come quello di “social housing” previsto per il Blocco di caseggiati di proprietà del Policlinico); l’aumento del prezzo medio degli immobili- negli ultimi dieci anni del 10,3 percento- e di conseguenza degli affitti; lo spostamento degli abitanti originari del quartiere verso zone periferiche e la proliferazione di negozi etnici e vivaci, targetizzati per consumatori di fascia medio alta, che fra il 2009 e il 2015 hanno visto un incremento del 400 percento.

Milano è la città dove il prezzo degli affitti per molti studenti,lavoratori e nuclei famigliari risulta inaccessibile, e dove negli anni le politiche abitative hanno alimentano un’emergenza fra le più gravi in Italia (adaprile 2019 erano 5mila gli sfratti convalidati e più di 25mila le personein graduatoria per l’accesso alla casa popolare).

E’ chiaro che l’opera delle archistar Herzoge de Meuron si colloca in questa processo di riscrittura della fisionomia del quartiere Baiamonti in chiave moderna ed europea,in una logica figlia della cultura di un centrosinistra che assume a modello di sviluppo la città vetrina,e di conseguenza considera quali interlocutori privilegiati nei processi di decisione politica i grandi gruppi di interesse invece che gli abitanti delle città con le loro esigenze.

Queste essenzialmente sono le ragioni per cui oggi è legittimo ostacolare l’ennesima speculazione edilizia promossa dalla giunta Sala e dal MIBACT con lo stanziamento di 15 milioni di fondi pubblici. Come sottolinea il Comitato Baiamonti Verde Comune, il fatto che all’aerea dell’ex Tamoil sia stata riconosciuta una destinazione di pubblico interesse costituisce già un passo avanti, ma non una vittoria poiché questa si avrà solamente una volta ottenuto il vincolo del giardino ad area verde. La designazione della seconda piramide di Herzog quale Museo Nazionale della Resistenza- i cui lineamenti e contenuti a oggi non sono peraltro ancora noti- non deve intimorire i residenti facendoli desistere dalla lotta per una città a misura d’uomo, ed è importante che per quanto possibile anche l’ANPI prenda posizione rispetto a queste problematiche. 

Non si tratta qui di disconoscere l’importanza storica della Resistenza e i valori dell’antifascismo, quanto piuttosto di contestare la speculazione edilizia parte del gioco capitalista che per forza di cose genera dei meccanismi escludenti fra chi si può permettere di vivere nella Milano che fa, lavora e si muove e chi no.