Abbiamo ben 14 punti percentuali più della media europea e siamo molto vicini alla Spagna, al Portogallo, mentre la Grecia si profila all’orizzonte e la nostra migrazione all’estero riprende quota dopo più di 30 anni.

Povertà di massa

La forbice della differenza di disponibilità economica si è allargata a dismisura

di Bz
10 / 1 / 2013

Non avevamo bisogno dei dati statistici diffusi in questi giorni per avere la percezione di un precipitare della situazione economica e sociale di milioni di persone. Molti di noi vivono le difficoltà del presente quotidianamente, alle prese con le bollette, l’affitto, le imposte, la spesa, il reddito che non ci permette di arrivare alla fine del mese, molte famiglie sono in gravissime difficoltà, bene lo sanno i Patronati, gli Enti assistenziali, i Sindacati ed anche i Comuni.

Per gli altri soggetti sociali, istituzionali o paraistituzionali, come i Partiti, queste concretissime problematiche sono oggetto di statistica, numeri, istogrammi, torte su dei fogli di carta. C’è bisogno del rapporto ISTAT per capire che, pur essendo il tasso italiano di disoccupazione in linea con quello europeo, più del 37% dei giovani è a spasso senza prospettive, che in riferimento alla disoccupazione giovanile abbiamo ben 14 punti percentuali più della media europea e siamo molto vicini alla Spagna, al Portogallo, mentre la Grecia si profila all’orizzonte e che la nostra migrazione all’estero riprende quota dopo più di 30 anni.

Il potere d’acquisto è sceso di del 4% in un anno, i redditi si sono ridotti mediamente di 1000 euro, siamo indebitati ciascuno almeno per 5000: le stesse organizzazioni padronali, dagli artigiani ai commercianti, richiamano l’attenzione del Governo e delle Istituzioni.

La forbice della differenza di disponibilità economica si è allargata a dismisura, per anni il proverbiale risparmio delle famiglie italiane ha alleviato, ha tamponato le difficoltà economiche delle giovani coppie e degli anziani, delle fasce sociali più deboli: ora il risparmio si sta prosciugando e il crinale, dove scivolare in una condizione di povertà, si sta facendo sempre più prossimo per milioni di persone. L’allarme sociale è alto: tutti sono consapevoli che una volta caduti in basso la risalita è durissima.

Lo sta a dimostrare anche il trend che descrive la mobilità sociale in Italia: sono 35 anni che non vi sono passaggi migliorativi: chi è nato povero resta tale, chi è nato nel ceto medio ha un alto rischio di diventarlo, per gli altri il rischio è a scalare, solo i molto ricchi sono e restano garantiti: la distribuzione sociale, in Italia, sta assumendo la forma di un ampolla. Non da ieri ma da 35 anni. Questo vale per noi, in Europa la descrizione della mobilità sociale è meno pesante, meno predefinita, ma non molto diversa è la prospettiva economica.

“ l’Italia rischia di cadere nella trappola della povertà di massa”, “ l’Europa rischia una povertà diffusa”, “In Europa si stanno sbagliando le ricette economiche per uscire dalla crisi” “ la disoccupazione nell’ UE è oltre l’11% ben 3 punti sopra a quella degli USA”, e così di seguito, stanno salmodiando, da un mesetto, i grandi guru economici, nelle loro interviste sul Financial Time, Washington Post, Economist o nei loro rapporti annuali sullo stato delle cose economico finanziarie.

Probabilmente stanno preparando una calibrata inversione di tendenza, giacchè, anche ai loro occhi, si sta palesando che l’asino che sta sì imparando a non mangiare rischia di morire. Dietro l’angolo c’è un ritorno di neokeynesismo, un richiamo urgente per la UE all’accentramento della decisionalità politica oltre che di quella economica, per affrontare una emergenza sociale che si sta allargando a macchia d’olio: una povertà di massa, che riguarda, da molto vicino, oltre un centinaio di milioni di persone nella UE, duecento nell’Europa continentale.

Insomma spremi, spremi, alla fine non residuano che i resti da buttare, atto, in questo caso, non fattibile, rimane, quindi, perdurando una fase economica recessiva, com’è stato preconizzato per il 2013 in Europa, un rischio per la tenuta dell’intero sistema economico sociale.

Voi 1% noi il 99%: il paradosso gridato dagli ‘occupy’, non è, dunque, tanto distante. Mentre si è già realizzato concretamente quello, che potrebbe sembrare un altro paradosso. La notizia è passata in sordina nei grandi giornali d’informazione, anche in quelli economici: la borsa di Atene ha ottenuto per 2012 la migliore performance a livello mondiale, i suoi titoli hanno realizzato oltre il 20% di utile, mentre quelli quotati alla borsa di Francoforte solo il 4%. Il paese con i cittadini con le pezze al culo – ce lo raccontano di ritorno da Atene - possiede la Borsa che ha visto fruttare al massimo gli investimenti. Maggiore il rischio, maggiore il bonus finale, queste le regole dl mercato, alla faccia di tutti poveri e degli indignados di tutto il mondo.

Un buon argomento per un altro racconto di Petros Makarios.

Bz

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