La lunga telenovela Valdastico ha ricominciato una nuova
stagione.
Se ne parla di nuovo, se ne parla con l'amaro in bocca; quell'amaro tipico di
chi vede calarsi dall'alto qualcosa che conosce solo a metà, o non conosce
affatto. Oppure è consapevole di ciò che sta accadendo, ma viene goffamente
smentito da istituzioni che esaltano e improvvisano fatiscenti sproloqui su
democrazia e trasparenza decisionale.
La stagione precedente sembrava concludersi con un sospiro di sollievo.
"Questa Valdastico non s'ha da fare" gongolava il presidente della
provincia di Trento Ugo Rossi, arrogandosi meriti che non si era conquistato.
Il Presidente aveva messo in piazza un ridicolo teatrino tragicomico, una sorta
di Simposio moderno, dove i tavoli decisionali si sono popolati di maschere,
ambiguità, scambi di ruolo, teorie false presentate per vere e vere camuffate
da false.
Per quanto ci si possa soffermare con tutta la dovuta calma sui dialoghi di
Platone, altrettanto tempo non c'è per la tragedia firmata dal Governo Renzi.
Una tragedia sia per la bizzarra cornice drammaturgica che la sta accompagnando,
ma anche - e soprattutto - per le conseguenze che porterebbe appresso l'oramai
imminente via libera.
Opera appartenente al “gran raccoglitore” dello Sblocca Italia - decreto legge
del 2014 che ha aperto alla cementificazione selvaggia ed al saccheggio dei
territori - questo nuovo atto vede i protagonisti riuniti attorno al tavolo del
CIPE che non discutono di Filosofia dell'Eros, bensì approvano piani di
investimento infrastrutturali, dal valore di diversi miliardi di euro.
Investimenti che vanno di pari passo con l'aggiornamento del Contratto di
Programma RFI, includendo - rispetto al 2015 - nuove risorse nette che arrivano
a sfiorare i nove miliardi per lo sviluppo dell'alta velocità/capacità e
l'apertura dei valichi.
Ingenti investimenti del tutto pretestuosi e clientelari. Ne è dimostrazione,
tra i tanti esempi, l'avvio immediato del quarto lotto del Terzo Valico sancito
dal Comitato Interministeriale: oltre che dannoso all'ambiente e alle
comunità circostanti, la sua utilità è stata completamente sbugiardata dai
dati. Nel primo semestre del 2016 infatti il traffico nel porto di Genova è
calato del 2,9% e i container rimangono a quota + zero.
Fragile come un castello di carte è anche la trasparenza nelle gare di appalto,
che ha visto nel mese di luglio 40 arresti e numerose perquisizioni per i
reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, concorso esterno in
associazione mafiosa, corruzione, intestazione fittizia di beni e società.
Nonostante il GIP non abbia convalidato l'arresto, rimane comunque indagato
Giuseppe Galati, esponente di ALA (fondato, tra una vicenda giudiziaria e
l'altra, da Verdini), partito alleato con il PD nelle ultime amministrative, in
città come Napoli e Cosenza.
Ingombranti illeciti penali a parte, se questa fittizia necessità di sviluppo
del trasporto su rotaia potesse trovarsi in linea con la rinomata e discutibile
"Cura del Ferro" osannata da Delrio, più controversa sarebbe la
spinta per la fantomatica Pi.Ru.Bi, appellativo derivante dalle iniziali
dei tre politici democristiani, Piccoli, Rumor e Bisaglia, che premevano
fortemente per la realizzazione del collegamento stradale già dalla fine degli
anni Sessanta. Alla faccia dell'innovazione! Opere anacronistiche che non sono
assolutamente conciliabili nè con le richieste di mercato nè con la necessità
di riduzione del traffico.
L'unica conciliabilità la troviamo con l'indole al malaffare, al clientelismo
politico e alla schizofrenia di partiti e istituzioni.
C’è da perdersi come in un ballo in maschera, in un labirinto strategico in cui
da una parte la provincia di Trento si schiera di facciata per il “no
categorico” all'autostrada, ma sembrerebbe, ed effettivamente si mostra, molto
più aperta alla discussione nel caso in cui il tracciato in questione non fosse
soggetto a pedaggio.
La confusione può pervadere nel momento in cui ci si attiene alle ragioni
trentine del “no”, motivate da principi di sostenibilità ambientale e scelte di
mobilità che puntano alla ferrovia. Ancora più confusionario è il mancato nesso
tra sviluppo del TAV e devastazioni ambientali, moltiplicate a livello
esponenziale rispetto alla mera autostrada.
E' in questa ambiguità che sguazza il Partito Democratico. Se i corrispondenti
nazionali e veneti si fregano le mani pensando alla realizzazione del
corridoio, la sezione trentina gioca al ruolo del disertore, organizzando
serate pseudo-informative in cui si schiera a spada tratta contro l'autostrada,
sostenendo invece la sostenibilità del trasporto ad alta velocità (che, a
seconda della convenienza, si trasforma in alta capacità).
Escludendo quindi la questione etico - ambientale come variabile vincolante del
“no”, per rendere più chiare le posizioni istituzionali è necessario
soffermarsi su altri aspetti.
I veri timori dei sedicenti ambientalisti trentini si nascondono nel rischio
concreto di perdere, essendo la Provincia socia della A22, i pedaggi dei
veicoli provenienti da est nel tratto Verona-Trento, che taglierebbero per la
nuova via, nettamente più breve.
Scompare così dai documenti successivi ogni riferimento alla parola
"autostrada", sostituta da un neutralissimo "corridoio di
interconnessione" che piace ad entrambi i fronti. E' ormai chiaro infatti
che l'accordo tra le due regioni sia arrivato, tanto che il tratto tra Piovene
Rocchette e il territorio trentino - che sarà sempre a pedaggio - è già alle
porte, mentre per il collegamento successivo si dovrà elaborare un ulteriore
progetto.
Brindano intanto gli azionisti dell'A4 Holding per l'ottenuta concessione.
Scorreranno soprattutto fiumi di sangria, dato che il colosso spagnolo Abertis,
con l'acquisto del 54,7% del mercato azionario della società autostradale,
compirà la sua entrata trionfale in territorio italiano.
Un accordo che non tiene assolutamente conto né dell'esigenze della comunità né
tantomeno delle caratteristiche dei territori, totalmente inadatti - per la
morfologia che li caratterizza - ad ospitare un'opera di tali tipologie e
dimensioni.
Rimane da chiedersi, inoltre, se il nuovo tratto che si andrebbe a costruire
sarà - come è stato per la desertica Valdastico Sud - il cappotto di ulteriori
tonnellate di rifiuti tossici provenienti da acciaierie o da chissà quali altri
complessi industriali, non molto propensi alle prassi comuni di smaltimento
delle scorie.
Staremo a vedere, ma quello che è certo, in questo mare di ambiguità, è che non
saremo spettatori passivi.
La politica del laissez -faire non
appartiene a chi ama e lotta per difendere i territori.
Prosegue la telenovela della Valdastico
L'accordo tra Veneto e Trentino apre alla realizzazione dell'opera
25 / 8 / 2016