Reggio Emilia - 1° maggio 2011 niente da festeggiare, tutto da costruire

Documento in vista della settimana del 1° maggio e dello sciopero generale del 6 maggio

26 / 4 / 2011

Primo maggio 2011

Niente da festeggiare, tutto da costruire

Il primo maggio è una data storica e simbolica per il movimento operaio, ricorda la genesi di una soggettivizzazione che a fine ottocento ha visto protagonista una parte predominante della società riconoscersi come lavoratori e quindi come classe sociale ben precisa. Lavoratori e di conseguenza portatori di ricchezza per la società tutta e quindi detentori di diritti; diritti da  acquisire strappando e ripartendo in maniera più equa il capitale estratto dalla propria attività produttiva. Da quel “primo” primo maggio tanto è passato e tante sono state le conquiste, dalle otto ore allo stipendio minimo, ai requisiti minimi di sicurezza e salute arrivando al riconoscimento della contrattazione collettiva codificata tramite organizzazioni sindacali. Un percorso non certo lineare e pacifico ma fatto di conflitto aspro e violento, guerre mondiali, dittature, crisi sistemiche capitalistiche e riconversioni produttive tragiche, crisi energetiche, finanziarie e in ultimo attraversando la globalizzazione neoliberista degli ultimi decenni.

-Oggi chiedere ad un precario medio italiano, ventenne e magari fresco di diploma o di laurea cosa pensa di usufruire del lascito storico di queste battaglie e che utilità vede nel difendere i propri interessi di lavoratore rivolgendosi al sindacato moderno sarebbe un spunto interessante per un inchiesta metropolitana-

Oggi sappiamo che la maggior parte di ciò che consideravamo diritti, in particolar modo nell’ambito lavorativo, è stato destrutturato e reso facoltativo in una logica implacabile di ricatto oggi palesemente esplicita nella dottrina “Marchionne” e dai suoi epigoni “Gelmini” in ambito formativo e dal modello “Maroni” per quanto riguarda il razzista legame cittadinanza/lavoro servile. Questi tre modelli, oltre che alla privatizzazione di beni comuni vitali come ambiente sano ed acqua, ci siamo detti più volte,  sono organici ad un progetto radicale in seno al governo Berlusconi ed alle istituzioni bancarie europee; un progetto ben preciso di smantellamento del welfare di massa per tornare all’individualizzazione dei soggetti a vantaggio della classe padronale classica e dei potentati finanziari della speculazione e della rendita, ovvero coloro che la crisi odierna l’hanno creata e che oggi ne traggono i benefici maggiori.

Oggi non ci interessa rimuginare come si è potuto svendere una serie di diritti che alcuni si ostinano a vedere ancora applicati, vivi ed universali, ci interessa piuttosto come creare alternativa all’esistente partendo dalle soggettività ribelli emergenti e dalle componenti operaie che si oppongono al piano di svendita dei contratti collettivi nazionali. Notiamo però un fermento, dentro il quale stiamo, di una nuova generazione di studenti e lavoratori  precari in tumulto che quotidianamente si scontra con la pesante gerontocrazia che regge, in particolare in Italia, istituzioni ed enti, amministrazioni e certo sindacato, scuole ed università fin’arrivare al giornalismo mainstream ed ai tanti opinion makers embedded. Una generazione che trova implacabilmente spazi occupati, opportunità svanite e che si sente dire dai ministri di turno che il problema sono loro perché troppo istruiti .

La realtà ci consegna una fotografia ben diversa dal passato recente: i modelli produttivi stanno cambiando e la nostra società si avvia ad una gerarchizzazione nuova basata su fattori nè meritocratici né tantomeno democratici come si ostinano a dire i governanti e certa opposizione, ma su base di una concezione di cittadinanza a gradini. Una sorta di scala di accesso alla cittadinanza che della società globalizzata mette a produzione le differenze spingendo sotto il ricatto dell’assenza di alternativa ad una competizione feroce: i migranti per i lavori umili e degradanti sotto pagati o spesso senza paga sotto il ricatto del ricambio umano illimitato in transito dal mediterraneo , operai di una fabbrica contro gli operai di una ditta concorrente, giovani contro pensionati, precari contro “garantiti”, uomini contro donne e via discorrendo. Questo è semplicemente il modello Marchionne, governance globale dettata solo dall’interesse dell’impresa.

Dopo Pomigliano e Mirafiori è chiaro, o scegli la parte dell’impresa o sei licenziato, questo paradigma è trasponibile a tutto il resto. La contrattazione sociale è finita, “the party is over”, quindi rimane l’interesse del padrone che fa e disfa con la complicità di sindacati giallissimi che gestiscono le briciole, o meglio le macerie.

Chi non accetta questo è fuori, licenziato, pignorato, sfrattato, espulso, incarcerato.

Questo è quello che vorrebbero farci accettare, ed è esattamente ciò che non accetteremo mai. Ci toccherà farlo perché la materialità della vita ce lo impone e perché nasciamo dentro questo sistema, ma coviamo l’alternativa, fomentiamo il conflitto sociale e fraternizziamo con quella generazione che dopo aver rovesciato dittatori nel proprio paese scelgono di muoversi verso nord frantumando frontiere come succede nel contesto euro-mediterraneo.

DENTRO E CONTRO! Come il 14 dicembre in piazza del popolo a Roma, come a Lampedusa forzando la frontiera mobile di Schengen e nelle rivolte generazionali del nord Africa, come nell’interposizione alla frontiera di Ventimiglia ci mettiamo in discussione per dare una dignità alla nostra vita. Il welfare familistico italiano è agli sgoccioli, che piaccia o meno a Tremonti.

Vogliamo ancora una volta essere parte della giornata del 1 maggio reggiano sapendo che in realtà non c’è niente da festeggiare, ma c’è solo da costruire partecipazione, relazioni critiche contro chi riduce a merce tutto: vita, lavoro, salute, ambiente, acqua, cultura, democrazia, convivenza…

Festeggiare il primo maggio festa dei lavoratori significa come prima cosa identificare  le scelte del governo, di confindustria, di Marchionne e dei sindacati a lui complementari come nostri antagonisti. Non pensiamo che sia più ricomponibile sotto la genericità della parola “lavoratori” un’unità tra individui che è patrimonio di un passato che fu. Si stanno facendo scelte chiare che oggi sono pesantemente discriminanti. Alla stiracchiata parola “UNITA’” dei primi maggio istituzionali ambiguamente tirata in ballo preferiamo una strada diversa, quella del COMUNE, ovvero un percorso che partendo da basi soggettive differenti di partenza unisca per un modello di società condivisa non improntata sul saccheggio e la privatizzazione della vita, perché  il lavoro non sia sinonimo di ricatto e che energia non faccia rima con nucleare e guerra, che cittadinanza sia un diritto universale e non una frontiera tra privilegiati e migranti. Il nostro obbiettivo oggi è intraprendere una strada per riconquistare quello che nei decenni passati rappresentò lo statuto dei lavoratori e la contrattazione collettiva nazionale, ovvero una soglia minima sotto la quale nessuno deve andare. Oggi questa soglia deve tenere conto di un reddito minimo garantito per avere la possibilità di non accettare lavori umilianti e sottopagati, cittadinanza piena per tutti e il diritto a poter vivere in un ambiente non velenoso.

Il primo maggio sarà anche un momento per diffondere e costruire la partecipazione generalizzata allo sciopero generale indetto dalla CGIL il 6 maggio. Generalizzazione  significa ricercare una forma di sciopero e di sanzionamento della controparte che veda protagonista anche chi non produce nella forma classica delle 8 ore e sotto la ormai stretta coperta dei contratti collettivi nazionali. Sciopero quindi come blocco della mobilità della metropoli per esempio, di blocco delle merci, di chiusura delle catene commerciali; una forma di protesta in cui anche lavoratori informali, autonomi, precari, studenti e migranti possano trovare una forma di lotta utile per l’adesso e per il futuro. Questo sciopero, vale la pena ricordarlo, proclamato dalla più grande centrale sindacale italiana, la CGIL, parte da una forte richiesta dal basso di operai, studenti e precari complici negli scorsi mesi di vibranti proteste inaugurate dalla grande manifestazione FIOM del 16 ottobre.

Laboratorio Aq16

Gallery

Eventi

1/5/2011 14:00 > 1/5/2011 18:00