Report assemblea nazionale Abitare nella crisi – 17.09, Porto Fluviale occupato

22 / 9 / 2017

La presenza di diverse città dal sud al nord ha consentito un confronto decisamente interessante, ma soprattutto onesto, rispetto alla stato di connessione esistente tra i territori e alle caratteristiche molteplici dell’intervento di ogni singola realtà presente. La questione di un diritto primario come la casa si è intrecciata giocoforza con la questione dei flussi migratori, con le resistenze messe in campo in difesa delle occupazioni, con le pratiche di riappropriazione, oggi nel mirino del governo e delle amministrazioni locali.

Le lotte per il diritto di residenza e quelle per la libertà di movimento dei migranti, delle persone, degli attivisti e delle idee, costituiscono un intreccio nel contempo complesso e indissolubile, che si misura e si scontra con il disegno di città espropriate a chi ci vive, di territori sottoposti a dispositivi sempre più aggressivi di “messa in sicurezza”, ben rappresentati dalle recenti leggi a firma di Minniti e Orlando approvate dal governo Gentiloni, dove la “sicurezza” è quella del silenziamento delle popolazioni, della imposizione dei progetti di devastazione ambientale e sociale, della esternalizzazione in Libia dei lager per migranti. Contestualmente anche il contrasto deciso al dissenso sociale organizzato o meno diventa parte integrante dei dispositivi di prevenzione già sperimentati ampiamente nelle scorse manifestazioni e che hanno una ricaduta evidente nella quotidianità dell’intervento sociale nelle periferie come al centro delle città. Anche l’attacco alle ONG e la riforma del codice penale vanno letti come strumenti complici della nuova organizzazione del controllo sul paese, dalle frontiere esterne a quelle interne in difesa della rendita e di un consenso teso ad escludere una larghissima fascia di società. Dietro le precipitazioni autoritarie a cui abbiamo assistito nel corso degli ultimi mesi, in realtà si muove un processo complessivo di destrutturazione dello Stato di diritto, ulteriore strumento di approfondimento e generalizzazione della guerra ai poveri ed ai migranti.

Un’altra parte di ragionamento si è incentrato sul tentativo ormai palese di generare una sorta di platea consenziente verso i provvedimenti che regolano sgomberi e sicurezza nelle città, i penultimi, o almeno quelli che si credono tali, rivolgono verso gli ultimi la loro rabbia e risolvono nella caccia al rom o al migrante, ergendo barricate o chiedendo la chiusura dei centri di accoglienza, un’irrisolta situazione di abbandono da parte di chi governa e amministra i territori. Consolidare la nostra presenza e costruire opinione intorno ad un punto di vista differente, capace di individuare i veri problemi ed esigere la loro soluzione, è una strada che può funzionare e che deve essere rafforzata dentro percorsi meticci e conflittuali. Costruire insomma un discorso nostro capace di essere convincente rispetto allo “sguardo di destra” che sembra a volte prevalere, soprattutto nelle periferie.

Capire come intrecciare meglio il diritto all’abitare con la questione del reddito e quella dei diritti esigibili, dentro un quadro così complesso, e non lasciare il tema dei flussi migratori nelle mani di chi si rende complice di dinamiche tese a dividere chi lotta da chi invece accetta la subalternità alle logiche governative, una sorta di spartiacque tra buoni e cattivi, è anche la spinta che emerge dalla resistenza di piazza Indipendenza. In questo luogo si sono scompaginati schemi e certezze precostituiti, mentre lo sviluppo degli eventi ha messo a dura prova il ruolo dei vari attori in campo. La Prefettura, la questura, gli enti locali, come i movimenti e le associazioni si sono mossi dentro uno scenario che descrive apertamente la possibilità che le cose possono prendere un corso diverso da quello immaginato, da quello scritto su carta.

Dentro questa possibilità possiamo provare a procedere verso un’assemblea larga che sappia produrre un momento di confronto più ampio di quello espresso da Abitare nella crisi e che sappia indicare una rotta da disegnare dai/nei territori, dentro l’agire quotidiano delle mille resistenze presenti nel paese. Questo è l’appello che il movimento per il diritto all’abitare di Roma, la comunità dei nuclei sgomberati da Cinecittà e Colle Monfortani e la realtà dei rifugiati in lotta cacciati dal palazzo occupato di via Curtatone e dispersi dalle violente cariche di piazza Indipendenza, fanno alle città presenti ed estendono a ogni singolo territorio in lotta per la casa, il reddito, la libertà di movimento. La proposta è di vederci domenica 8 ottobre alle ore 11 in Piazza Indipendenza a Roma. Questo luogo che ha visto una meravigliosa resistenza può e deve accogliere la presenza di un paese che non tollera xenofobia e che respingendo la guerra fra poveri esige diritti e welfare, rifiutando le briciole e la creazione di nuove categorie sociali utili solo a disgregare e dividere, anche con la leva della paura, territori e persone. Un luogo che nel mettere in relazione le diverse sensibilità ed i molteplici percorsi, può essere anche il motore di una vasta mobilitazione contro le leggi e gli accordi attraverso i quali il Ministro dell’Interno Minniti sta imprimendo nel paese un’intollerabile accelerazione delle politiche securitarie e discriminatorie.

L’assemblea di Abitare nella crisi ha inoltre assunto la mobilitazione Reset G7 contro il vertice europeo su scienza, industria e lavoro che dal 26 settembre al primo ottobre si terrà a Venaria alle porte di Torino. Saremo a Torino in quei giorni per affermare ancora una volta che per noi l’unica grande opera è casa e reddito per tutte e tutti. Un messaggio chiaro e semplice a chi sostiene la rendita, consuma e saccheggia suolo, cancella diritti e comprime il dissenso sociale.

Abitare nella crisi