Servono braccia sono arrivati uomini, c’è stata una guerra andavano accolte persone non cose.
In queste semplici parole è racchiuso tutto il senso e il significato
del Patto di accoglienza che ha caratterizzato la cosiddetta “Emergenza Nord Africa”
ma anche di come in Italia ci si approccia all’ immigrazione. Un
fenomeno oramai strutturale trattato da sempre come un problema. E così è
stato anche per i 20.000 migranti arrivati dalla Libia.
Dapprima si è prodotta una comunicazione mainstream che ha trasformato
arrivi irrisori - parliamo di 20.000 persone in fuga dalla Libia - come
se l’Italia fosse sotto assedio, questo ha permesso di delegare ad
un’entità come la Protezione civile la gestione di un piano di
accoglienza parallelo a quello già funzionante per i richiedenti asilo,
lo SPRAR.
Abbiamo così imparato che insieme alle tante categorie utilizzate per rappresentare/normare i cittadini migranti se ne aggiungevano di nuove: esistono rifugiati di serie A e rifugiati di serie B.
Per un anno e mezzo i migranti arrivati dalla Libia sono stati continuo oggetto di normazione: esclusi, resi invisibili, “appoggiati” da qualche parte e “nutriti” di buoni pasto purché non soggetti attivi nella costruzione di una società che è già oggi meticcia.
Abbiamo partecipato con attenzione e massimo ascolto ai tre presidi
organizzati dai migranti inseriti dentro l’Emergenza Nord Africa a
Rimini, le loro richieste rimandano a quel diritto di scelta che ha
fatto da sfondo alla Campagna Welcome lanciata da Melting Pot,
alla petizione di firme, alla raccolta delle testimonianze. Una
campagna che ha saputo collegare le condizioni in cui questi migranti
sono stati lasciati per un anno e mezzo alle condizioni precarie degli
operatori sociali occupati negli enti gestori del progetto.
Qualcuno dirà, ma la situazione di Prati di Caprara di Bologna
non ha nulla a che fare con altre situazioni dell’Emilia Romagna. Certo,
le condizioni dei migranti arrivati dalla Libia e che si trovano a
Rimini in via Emilia 40 è sicuramente molto più dignitosa, ma è il
pensiero, il dispositivo che sta dietro a questo patto di accoglienza
che va eviscerato fino in fondo.
Al diritto di scelta questi migranti in fuga da condizioni di semi-schiavitù, dai bordelli, dai luoghi di lavoro in Libia, stanno affiancando il diritto a desiderare una vita più degna.
Chiedono di non essere più pensati o trattati come cose, ma come persone e corpi desideranti.
Quanto
tempo in questo anno è mezzo è stato dedicato ad ascoltare le loro
storie di vita?! A raccogliere i percorsi drammatici che dai paesi di
origine li hanno portati fino in Libia e poi in Italia?!
Quanto
tempo è stato dedicato per capire cosa vogliono fare, cosa sanno fare,
come vogliono vivere, senza che altri decidano per loro, secondo un’idea
di integrazione che afferisce più alla soddisfazione dei nostri bisogni di uomini bianchi “buoni e generosi”?
Questi giovani migranti, profughi, rifugiati (chiamateli come vi pare), queste persone arrivate dalla Libia
stanno rompendo attraverso percorsi di emersione e di denuncia
l’approccio post colonialista che caratterizza le politiche migratorie
della nostra Europa come mai fino ad ora era avvenuto.
Ci stanno mostrando in tutta la sua drammaticità cosa siamo diventati oggi ma anche cosa possiamo fare per cambiare.
Per questo pensiamo che vadano sostenute le loro richieste, quelle del
rilascio dei documenti in primis, quella di un prolungamento
dell’accoglienza ma con una progettazione differente alla precedente che
metta al centro l’ascolto dei loro desideri, la valorizzazione delle
loro competenze per costruire percorsi di fuoriuscita verso una piena
autonomia che non sia solo economica ma anche di piena cittadinanza.
Per questo il 20 dicembre saremo a Bologna sotto la Regione E.R. perché la società che viene è quella che saremo capaci di costruire insieme. Restiamo umani!
Associazione Rumori Sinistri - AutSide Social Football Rimini