Rinviato lo sciopero dei giornalisti contro il ddl sulla diffamazione

In attesa del voto finale alla Camera previsto per lunedì. Il decreto prevede multe per i direttori e galera per i giornalisti.

24 / 11 / 2012

Sciopero sì, sciopero no. Alla fine tutto rinviato a “data da destinarsi”. D’altra parte, sarebbe stato un bel casino chiudere giornali e telegiornali proprio lunedì, prossimo, il giorno dopo le primarie del centro sinistra col risultato di fare un dispetto proprio a quell’area politica che si è sempre detta contraria al discusso emendamento presentato dal presidente della commissione Giustizia del senato, Filippo Berselli, e votato con 122 sì, 111 voti contrari e 6 astenuti. Stiamo parlando della cosiddetta legge bavaglio o, se preferite, del ddl salva Sallusti oppure del decreto del “direttore irresponsabile”. Alla categoria mancherà tutto ma non la fantasia. Fatto sta che, partita come una riforma “liberale” della normativa sulla diffamazione a mezzo stampa con l’obbiettivo di allineare l’Italia all’Europa, dopo vari batti e ribatti in aula, tra commissioni parlamentari e voti segreti, quello che andrà lunedì all’esame della Camera è una norma fortemente restrittiva della libertà di stampa. ''La rinata maggioranza di centrodestra tenta di fare quello che non le è riuscito con le intercettazioni: mettere il guinzaglio alla stampa” ha commentato amaramente Franco Siddi, segretario della Federazione Nazionale Stampa Italiana.

Se è vero che senza bisogno del senatore Berselli, la stampa italiana il guinzaglio è capace di metterselo anche da sola, è anche vero che la minaccia di un anno di carcere rimane comunque un deterrente da non sottovalutare. Anche perché la questione sulla diffamazione rimane comunque complessa e difficile da definire oggettivamente. Chi scrive, tanto per farvi un esempio, ha subito un processo per diffamazione portato sino all’ultimo grado di giudizio per aver scritto qualche anno fa su un quotidiano locale la frase “le recenti aggressioni da parte dei militanti di Forza Nuova sono da considerarsi fasciste e di conseguenza vigliacche”. Non ci crederete, ma l’accusa ha sostenuto che avrei adoperato il termine “vigliacco” abbinato a “fascista” con una “forte valenza diffamatoria”!
Cosa succederà nel paludoso stagno dell’informazione italiana, dove la verità dei fatti fatica sempre a venire a galla, quando entreranno in vigore queste nuove e restrittive norme? Norme che, tra l’altro, valgono solo per i giornalisti. I direttori al massimo rischiano 50 mila euro di multa (pagati, come da contratto, dall’editore). Ingenuo domandarsi perché il carcere sia solo per i giornalisti, mentre i direttori se la cavano con una sanzione pecuniaria. Tutto ‘sto bailamme è nato proprio per non fare andare in galera il “direttore” Alessandro Sallusti, quello che si inventava le “notizie” meglio di uno scrittore fantasy per costruire campagne diffamatorie mirate ad infangare gli avversari del suo padrone. Come dire, l’unico che a ficcarlo dietro le sbarre non si farebbe che un favore al giornalismo italiano. 

Giornalismo che comunque avrebbe bisogno di ben altro che di spauracchi repressivi per recuperare quella credibilità che ha smarrito da quando ha cominciato a vendersi alla politica ed a chinare la testa di fronte ai ricatti degli editori.
“Questo ddl ha perso il suo carattere di legge generale ed astratta per diventare uno di quei ddl ad personam di cui avevamo perso le tracce col governo tecnico e che vediamo risorgere in coda di legislatura  - ha commentato la capogruppo del Pd in commissione Giustizia, la senatrice Silvia Della Monica -. Senza contare che è un testo con errori di carattere tecnico e violazioni di carattere costituzionale, che ci porta ancora più lontani dall’Europa”. Fatto sta che la ventilata approvazione di questo ddl, visto come il “risultato del combinato disposto fra voti segreti e il prevalere di risentimenti e rancori verso il giornalismo italiano da parte di una classe politica agli sgoccioli”, per citare il comunicato sindacale, è riuscito quanto meno a ricompattare l’onorata categoria (Sallusti a parte) che aveva proclamato un lunedì di sciopero generale. 

Sciopero immediatamente rientrato, vuoi per non combinare brutti scherzi a quel centro sinistra che nelle piazze domenica vota le primarie e lunedì alla Camera potrebbe anche riuscire a bloccare il decreto bavaglio, vuoi per la grande convergenza che si è creata a sostegno della categoria e che ha registrato non solo l’appoggio degli editori ma anche di esponenti di spicco del centrodestra, non ultimo il presidente del senato, Renato Schifani.

Tutto rimandato quindi, in attesa del voto finale di Palazzo Madama, lunedì prossimo. Augurandoci che il giorno dopo non ci sia più bisogno di dichiarare uno sciopero. E augurandoci anche che qualcuno non tiri brutti scherzi e, soprattutto, non chieda il voto segreto. Proprio come è capitato in Senato.