Riflessioni a margine della giornata del 30 giugno a Napoli

Ripartendo da Sud. Per ricostruire l’Europa dei diritti

di Gaetano De Monte*, Fabiano Di Bernardino**, Eleonora de Majo***

3 / 7 / 2012

Nello stesso giorno, il 30 Giugno, in cui a Napoli, ilmovimento per i diritti omosessuali convoca, insieme ad associazioni e sindacati, una manifestazione aperta a tutti i soggetti politici, sociali e culturali della regione Campania e del Sud Italia, per chiedere la tutela giuridica alle coppie dello stesso sesso, e ai loro figli, ed il rispetto della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea. Nella stessa città partenopea, i movimenti sociali chiamano a raccolta quei diamanti preziosi che sono i centri sociali autogestiti, le “Istituzioni del Comune” di tutto il Meridione, per un corteo unitario contro la crisi, e come essa si manifesta, nelle sue diverse sfaccettature e declinazioni. Che ha chiesto la chiusura immediata di Equitalia, e la fine del metodo usuraio nella riscossione dei tributi. Un metodo criminale che passa dalla vendita coatta di immobili e proprietà, al sequestro dei conti correnti e di quote degli stipendi e delle pensioni.
Un corteo che, partito da piazza Garibaldi, ha attraversato il centro infuocato e torrido della “Capitale del Meridione”, giungendo a Piazza Plebiscito. Chiedendo un’uscita dal basso dalla crisi, che colpisca i grandi capitali ed i grandi speculatori. Reclamando un nuovo welfare e l’istituzione di un reddito di cittadinanza. La ricostruzione di un Europa fondata sui diritti, piuttosto che su quei mercati finanziari che si esprimono sempre più in forma di moderno oracolo, in grado di condizionare e incidere sulla vita di milioni di persone. Piuttosto che su quei meccanismi ben oliati della finanza internazionale, fatti di migliaia di operazioni che si concludono al ritmo di nanosecondi, e che segnano le nostre vite, ed i nostri corpi, per sempre. Un Europa, che si ponga invece, l’ambizione di costruire una nuova democrazia dell’alternativa possibile.
Ripartendo da Sud, dal Sud dell’Europa, perché su quei territori, ridotti a discariche sociali ed ambientali, gli effetti della crisi sono ancora più impattanti e drammatici, ed in fondo molto simili tra le diverse regioni. Sono le spie di un malessere atavico. Diffuso in tutta l’Italia meridionale, in larga parte ancora percorsa dal notabilato, dal dominio degli interessi privatistici nella cosa pubblica. Sono territori con una percentuale di disoccupazione giovanile che raggiunge il 50%. Sono i luoghi dell’esodo. Un esodo diverso, però, da quello degli anni '60: l’ipad e il trolley al posto della valigia di cartone. Una laurea in tasca, o più di una, ed un futuro di paura e precarietà. Una fuga di massa che priva il Sud del suo inestimabile capitale umano composto da giovani di qualità, istruiti, capaci e competenti. Non sappiamo se siamo di fronte ad una nuova “questione meridionale. Certo è, che risalendo dal Mediterraneo, potrà germogliare una catena di eventi, di sommovimenti, di protagonismo popolare, impastata di domande nuove di libertà, oltre che di dirompente critica sociale. Che reclami l’insostenibilità globale delle politiche di forsennata deregulation della società e del mercato, nonché il carattere distruttivo, in termini civili, prima ancora che economici, di quel micidiale impasto di populismo e di liberismo, che è stata l’ideologia forte di larga parte delle classi dirigenti, in tutti i Sud del mondo. Che potrà pretendere, per il sud d’Italia, il ruolo di nodo fondamentale di una regione euro mediterranea. Immaginando una nuova connessione con quel mare, il Mediterraneo, che diventa immediatamente rilevante proprio per il suo statuto di interfaccia, di confine, di mediazione tra i popoli. Cercando di mutare di senso, quell’aggettivo, nostrum, che lo accompagna. Come ha scritto Franco Cassano nostrum, non nel senso di un popolo imperiale, che si espande risucchiando l’altro al suo interno, ma un noi mediterraneo. In una terra dove l’altro una volta sbarcava con l’aria del padrone, oggi arriva nascosto nel ventre delle navi, clandestino in fuga da vecchi padroni e probabilmente già in mano ad altri. In una terra dove sono arrivati in tanti non c’è un noi monolitico ed integro da preservare dall’insidia dell’altro. Basterebbe guardare indietro di qualche generazione per scoprire contaminazioni, arrivi e partenze”.
Connessione, contaminazione e produzione di nuovi meticciati, a sud dell’Europa. E’ questa la sfida lanciata dalla rete Commons, D.A.D.A. e dal Laboratorio Insurgencia, il 30 giugno, a Napoli. Un appello a cui hanno aderito varie realtà meridionali - che provano ogni giorno nei loro territori a costruire l’alternativa politica, economica, culturale, ad un modello di sviluppo che è guasto - come OkkupyArcheotower a Taranto, Zona 22 a San Vito Chietino, il laboratorio Mille Piani a Caserta.
Storie comuni, di sudalternità, invece, quelle di tante città del Meridione, governate da vecchi e nuovi gattopardi, tra affarismo, collusioni con la malavita, e speculazioni edilizie. Con un tessuto economico-produttivo, fatto di nuovi baroni, e nuovi latifondisti, a cui si aggiunge il ruolo dei grand’commis di Stato. Vi si trovano in questi luoghi, infatti, le ultime piazzeforti ereditate dai tempi dell'Iri e dalle speranze tradite di un'industrializzazione affidata per un secolo alle grandi imprese calate dal Nord: Ilva, Finmeccanica, Fiat, Eni. Questo è ciò che resta alle regioni meridionali. Drammi ambientali come quello che vivono quotidianamente i cittadini di Taranto, costretti a respirare il 93% della diossina prodotta sull’intero territorio nazionale. Malaffare, corruzione ed illegalità, come quelle presenti in una buona parte del mondo politico ed imprenditoriale delle città di Bari, Napoli, Catania, Palermo. Racconti di una umanità perduta come sono le storie di quei migranti sfruttati, umiliati, che lavorano d’estate nelle campagne del “Tavoliere”, in quel triangolo senza legge che copre quasi tutta la provincia di Foggia. Da Cerignola a Candela e su, più a Nord, fin oltre San Severo. A Rosarno, ad Avola, a Castelvolturno, nelle cui campagne, a volte si muore, lavorando, anche per quindici ore di fila, per meno di 20 euro al giorno. E’ questo infatti, il prezzo della manodopera per la raccolta della frutta nell’Italia meridionale.

Di fronte a tutto questo, e alla polarità imposta dal governo Monti che spreme i ceti popolari e garantisce i poteri forti; il Meridione oggi dovrebbe spingersi oltre, immaginando i legami tra una nuova Europa e un nuovo Mediterraneo. Immergendosi molto più dentro quel Mediterraneo, che torna ad essere molto più di un mare, ma uno sguardo sul passato e una prospettiva di futuro. Perché per dirla con Hobbes, “poiché gli uomini sono uguali nessuno accetterà naturalmente di sottomettersi ad un altro. E quindi il conflitto potrà nascere in ogni momento, finchè gli individui non avranno trovato il modo di istituire un potere comune”. Per questo si è scelto di ripartire da Napoli, risalendo verso quell’ Europa dove il welfare è sempre più un lusso, e la speculazione invece, sempre più bios, per ricostruire, invece, quella dei diritti e della democrazia.

* Occupy Archeo Tower, Taranto
** Spazio Sociale Zona 22 , San Vito Chietino (Pe)
*** D.A.D.A, Napoli