Roma - Corteo studentesco - Take the street, take the future!

3 / 11 / 2011

Siamo studenti e studentesse delle scuole e delle facoltà. Come tali affrontiamo tutti i giorni la difficoltà di vivere questi luoghi, sempre più sviliti da una gestione puramente economica della cultura, calata dall’alto in decenni di politiche di definanziamento e, oggi, di privatizzazione di saperi, ricerca e formazione. In un contesto che osteggia e deprime il carattere libero e diffusivo del sapere, noi cerchiamo e pratichiamo altro. Un ‘ alterità che parla di scuole e Università non limitate ad essere dei luoghi formali, dove si entra per svolgere il proprio compito, ascoltare una lezione e poi tornare a casa come se nulla fosse successo . Un‘alterità che parli invece di scuole e facoltà che vivono come spazi di aggregazione, nei quali creare momenti di vera condivisione e confronto, nei quali avviare percorsi formativi che esprimano anche la nostra cultura e il nostro desiderio di conoscenza e che facciano si che la conoscenza e la sua libera condivisione siano gli strumenti liberi e indipendenti, ragionati e costruiti mediante un processo comune, con cui difendersi e rilanciare il nostro presente e il nostro futuro.

Il movimento dello scorso anno lo ha detto chiaramente. Abbiamo scritto, detto e urlato che parlare di giovani al momento significa parlare di precarietà,di una generazione senza futuro, senza prospettive, cui vorrebbero negare, e a molti hanno già negato, persino l’illusione di averne.

Abbiamo detto che a tutto ciò non ci stiamo, che il nostro movimento continua e che il “que se vayan todos” che abbiamo ripetuto più volte è sempre più reale. In questa lotta non siamo soli, e la mobilitazione transnazionale del 15 ottobre dimostra bene che non ci sono confini, che l’indignazione di questa generazione non ha limiti nazionali, né geografici, siamo tutti uniti e tutti in connessione con parole d’ordine comuni, perché comune è il sentimento di privazione e comune è soprattutto il desiderio e la consapevolezza di poter cambiare le cose partendo dal basso, uniti e diversi!

Il costo della crisi di questo sistema non siamo disposti a pagarlo, il debito contratto a seguito di meccanismi spregiudicati di finanziarizzazione dell’economia abbiamo detto forte che non ci appartiene. IT IS NOT OUR DEBT era il grido che riempiva le piazze già all’inizio di questo autunno riecheggiando lo slogan della piazza americana, dell’esperienza di “occupywallstreet”, delle piazze arabe così me di quelle spagnolo o greche.

Siamo il 99% della popolazione mondiale, significa che non possiamo e non dobbiamo pagare il conto presentatoci da quell’1% , dalle grandi banche e dalle corporations, dalle lobby politiche e dagli enti sovranazionali non eletti da nessuno!

Non siamo disposti ad accettare il piano di austerity che i governi di tutto il mondo elaborano e mettono in pratica e denunciamo la crisi di sovranità che si apre nel momento in cui è una lettera scritta a quattro mani dai dirigenti di Banca d’Italia e BCE a dettare le regole, a pianificare l’azione politica di un intero Paese. Dov’è , di fronte a questo, la sovranità? Dove la democrazia ?

Continuare a costruire momenti, come il G20, dove i ‘grandi’ della terra si confrontano a porte chiuse sul nostro destino non è più pensabile! Non è più possibile evitare di fare i conti con l’indignazione globale che abbiamo più volte dimostrato quanto sia rappresentativa, e quanto invece non sia disposta a farsi rappresentare da politici che si improvvisano economisti o economisti che si improvvisano politici.

Ignorare tutto questo e tentare di schiacciare il movimento sulla facile dicotomia “buoni”-“cattivi” , violenti- non violenti, per chiuderlo all’angolo e poter poi portare avanti una stretta repressiva che chiude gli spazi di democrazia e di espressione è un’operazione che non possiamo consentire.

Vanno in questo senso le disposizioni del sindaco di Roma, Gianni Alemanno , sul divieto dei cortei nel territorio del I municipio, così come gli appelli a nuove leggi speciali o alla reintroduzione della tristemente nota Legge Reale.

Riteniamo doveroso, dunque, dichiarare illegittimi questi provvedimenti e ribadire ancora una volta il nostro diritto di manifestare, di esprimerci, di ribellarci.

Lo faremo tornando in piazza, il 3/11, sfilando per le vie di questa città, che vogliamo vivere senza divieti, che vogliamo attraversare liberamente con i nostri contenuti, le nostre pratiche , il nostro radicale desiderio di cambiamento.

Se alla libera espressione si pone un divieto, se le strade vengono chiuse e le piazze negate ciò dimostra solamente che – forse - la nostra è una voce un po’ scomoda. E forse lo è, e non ci dispiace anche perchè è anche sopratutto una voce. Determinata a non vedersi scippato l’ennesimo diritto, in un momento dove più che mai è necessario prendere parola, partecipare dal basso, essere e rimanere tanti, diversi, capaci di far vivere un movimento effettivamente trasversale.

E tutto ciò non si ferma con un divieto.

Roma è libera. Le strade, le piazze, i luoghi di aggregazione di questa città sono nostri, e sono nostri perché li viviamo e li animiamo tutti i giorni.

Gli spazi dove manifestare, dove confrontarsi, dove esprimere il dissenso , e sviluppare dal basso le nostre pratiche costituenti ed autorganizzate, sono indispensabili e non possono essere vincolati ad autorizzazioni o decreti speciali.

Ad Alemanno diciamo che vietare non serve, manifestiamo ugualmente. A Maroni diciamo che i suoi provvedimenti non servono, un movimento plurimo, partecipato e radicato nei tessuti sociali, non viene messo in crisi così.

Non ci fate paura, siamo solo un po’ più incazzati.

Non ci stiamo a vederci chiusi all’angolo delle strumentalizzazioni post 15 ottobre.

In piazza porteremo la forza e la vivacità dei book block, libri come scudi, conoscenza contro repressione, una pratica radicale perché partecipata , perché non è solo un’immagine, un simbolo, ma uno strumento con cui abbiamo spesso difeso i nostri corpi dalle cariche indiscriminate della polizia, con cui abbiamo provato a infrangere il leit-motiv delle zone rosse (e non scandalizzatevi se alcuni di noi sceglieranno di portare con sè un casco, non è questione di essere o meno cattivi “blackblock” ma semplicemente di tutelare la propria testa da lacrimogeni, o persino pietre, lanciate dalla polizia ad altezza uomo).

Ci muoveremo nei nostri territori, nelle periferie e nel centro, saremo imprevedibili, e porteremo in piazza proprio quelle pratiche che ci sono sempre appartenute: bloccare la circolazione, occupare simbolicamente luoghi e spazi significativi, segnalare le banche in quanto simboli di questo sistema economico e responsabili della crisi in atto, assediare i palazzi del potere.

E il movimento non finisce neppure qui!

Dopo aver ribadito il fatto che in questa città e in questo paese il diritto di manifestare sia irrevocabile, proprio perché vogliamo riappropriarci del futuro che ci hanno tolto, e che questo diritto non è sottoponibile a tregue e divieti, ci ritroveremo più volte in piazza in questi mesi, a cominciare dalla mobilitazione transnazionale dell'11/11 e dalla giornata mondiale dello studente del 17/11.

Scuole firmatarie: Morgagni, Virgilio, Mamiani, Lucrezio Caro, Lombardo Radice, Anco Marzio, Tasso, Colonna, Righi, Visconti, Newton, Aristotele, Cannizzaro, Rossellini, Kennedy, Margherita di Savoia, Caravillani, Manara, Cavour, Talete, Tacito.

Università: Anomalia Sapienza, Assemblea di medicina e AteneinRivolta Roma.

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