Alemanno e il fallimento dell'ipotesi di governo romana

Roma - Cronache dal basso impero

Giunta azzerata, inchieste giudiziarie ed idee impraticabiili sono l'unico bilancio di un'ipotesi fallita.

Utente: emiliano
17 / 1 / 2011

da Carta.org

“Contro Roma” è il titolo di un libro del 1971 con interventi di Alberto Moravia e di un’altra dozzina di intellettuali, un j’accuse contro una capitale provinciale, corrotta, decadente e inadeguata. A quarant’anni di distanza le cronache ci consegnano uno scenario per nulla diverso. Il veltronismo, riassumibile nella sintetica formula usata da Giuliano Santoro “più cemento in cambio di più cultura”, non è sopravvissuto al suo demiurgo.

 La retorica e gli slogan sulla partecipazione e l’inclusione non sono bastati a celare l'anima dirigista dal piglio autoritario, consegnando la città alle destre e lasciando dietro di se, spenti i riflettori sui grandi eventi, favori e regali al capitalismo straccione de' noantri, quello che si arricchisce sul mattone e l'immondizia.

Con l’elezione di Alemanno sembrava conclusa la lunga marcia nelle istituzioni della destra romana, iniziata con la candidatura a sindaco nel 1994 di Gianfranco Fini.

Una destra che pur non rinunciando alle proprie “radici” si candida a rappresentare l’interesse generale, rinnovando la propria immagine a contatto col berlusconismo, e le proprie parole d’ordine dentro la globalizzazione, superando l’audience del proprio elettorato storico e i suoi settori sociali di riferimento.

 Una volta conquistata l'aula Giulio Cesare, però, qualcosa non ha funzionato oltre le campagne propagandistiche sulla "sicurezza". L’azione di governo si è mostrata impalpabile, più attenta agli equilibri interni di potere che ad altro, segnata da un degrado culturale e da un gap di competenze a tratti imbarazzante, capace soltanto di adeguarsi ai tagli lineari di Tremonti. A partire dall'azzardo dei tagli alla cultura, ai servizi sociali e ai trasferimenti municipali contenuti in un bilancio approvato con due anni di ritardo. Il recente azzeramento della giunta e il suo rinnovo non hanno portato a sostanziali inversioni di tendenza.

 Ma soprattutto, il topolino delle nomine, partorito giusto in tempo per l'udienza papale, non è riuscito a far dimenticare lo scandalo delle assunzioni clientelari nelle aziende municipalizzate. In questo scenario, risulta allarmante il dazio pagato nei confronti delle gerarchie vaticane sui temi da sempre cari ad Oltretevere: famiglia, scuola, diritti civili.

La nomina del presidente delle Acli all'assessorato alla scuola rappresenta una radicale discontinuità culturale e politica con la collocazione storica di un pezzo importante dell'associazionismo cattolico democratico. Mentre Alemanno prova a salvare se stesso e la sua legislatura, la città sembra affondare in una palude da basso impero, tra cattiva amministrazione, peggioramento dei servizi, crisi economica, svilimento sociale e culturale.

Una ad una vengono meno le promesse neo-circensi (e speculative) sbandierate ai quattro venti come occasione di rilancio dell'economia metropolitana, a partire dalla pagliacciata del gran premio di Formula Uno dell'Eur. La lenta implosione di una destra ancora alla ricerca di un suo specifico blocco di potere non è stata certamente prodotta dal protagonismo dell''opposizione in Campidoglio. Un centrosinistra sbiadito e senza un progetto alternativo degno di questo nome. Di fronte alla crisi e all’immobilismo della destra anche i movimenti, i comitati, le associazioni, le esperienze municipali di frontiera devono interrogarsi sul “che fare”, riprendendo l’iniziativa senza aspettare l’azione salvifica di qualche alchimia politica "amica" calata dall'alto. Provando magari a rispondere dal basso ai tagli di Alemanno, sperimentando nuove pratiche di welfare, di difesa dei beni comuni, di ridisegno urbanistico, accettando la sfida di un vero e radicale federalismo municipale che dia risorse, dispositivi fiscali e strumenti di (auto)governo dei territori.

La domanda è questa: se in un territorio vengono chiusi servizi essenziali come si battaglia politica a partire dalla "pratica dell'obiettivo", coinvolgendo dal basso utenti e lavoratori in una battaglia per migliorare il servizio stesso? Se l'emergenza abitativa, al tempo della rendita e dell'esaurimento del consumo di suolo, si presenta non più come condizione marginale ma come uno degli effetti più diffusi della crisi, come si costruisce una risposta all'altezza di una composizione sociale complessa (senza casa, sfrattati, giovani e precari)? Come si conquistano nuove forme di welfare diretto e indiretto dentro la necessità di un nuovo patto sociale post fordista? Come costruiamo velocemente un nuovo modello energetico e di gestione dei rifiuti che non ci faccia finire come a Napoli?


Questi sono alcuni degli interrogativi che la crisi del sistema di governo della destra di questa città ci pone con una urgenza inderogabile. A partire da questa sfida, i movimenti possono mettere in tensione la politica (tutta) e sperimentare forme inedite di democrazia oltre la crisi della rappresentanza.

Quando parliamo di "nuova democrazia", più che al Campidoglio dovremmo pensare ad una dimensione nuova e costituente dello spazio pubblico nella nostra città, provando ad andare ben oltre le chiacchiere vuote sulla “partecipazione”. Per disegnare una nuova cartografia metropolitana dei bisogni, dei desideri e delle libertà. Rimbocchiamoci le maniche...