Roma, epilogo in tre atti per uno sgombero ideologico

Al terzo assalto si compie la cacciata dei rifugiati eritrei dal centro della Capitale. Sabato corteo #stopsgomberi

24 / 8 / 2017

Ore 6, sveglia: piazza Indipendenza si sgombera, arrivano idranti e manganelli. Quelli che ieri non c’erano, quelli che la settimana scorsa c’erano, ma non sono intervenuti. La polizia spazza via tutti dai giardinetti, disperde il piccolo accampamento improvvisato negli ultimi giorni, carica anche coi furgoni persone inermi in mezzo alla strada che cercano di raccogliere il poco che hanno con loro. La caccia all'uomo prosegue nelle strade circostanti, dopo mezz'ora non resta che una distesa di rifiuti. Al terzo assalto, dopo lo svuotamento del palazzo all’angolo con via Curtatone avvenuto il 19 agosto e l’intervento senza esiti di ieri, gli eritrei non sono più lì.

Fino a cinque giorni fa c’erano ottocento persone dentro al palazzone destinato ad ospitare gli uffici dell'Istituto di ricerca per la protezione ambientale. Un palazzone vuoto però da anni e divenuto dimora di un centinaio di famiglie provenienti dall’Eritrea, che hanno dato vita all'occupazione nel 2013. Tutti coi documenti in regola, tutti “accolti” o “protetti” dallo stato italiano: ma solo sulla carta. La dura materialità ci racconta ben altro, niente casa o lavoro, nessun percorso di inserimento nel tessuto sociale. Solo ieri, in una trattativa improvvisata sulle aiuole di piazza Indipendenza si paventano “alcuni inserimenti” nei progetti SPRAR, servizio di.protezione richiedenti asilo e rifugiati, per alcuni dei 200 ancora a Roma. Degli altri non si sa più nulla, dove siano, che fine abbiano fatto. Erano stati caricati il 19 agosto su autobus e portati a Tor Cervara, al centro di identificazione stranieri, e da lì “smistati” in vari centri sparsi sul territorio nazionale, di più non si sa. Erano lì da almeno quattro anni, mai nessuno si è posto il problema di attuare un programma di protezione vero, sono stati ignorati fino ad essere trasformati in un problema di legalità ed ordine pubblico.
Il mix malefico tra l’incapacità a cinque stelle di gestire le contraddizioni sociali e la città e la deriva autoritaria del PD e di Minniti hanno forse appena iniziato a produrre danni sociali pazzeschi. Certamente l'ideologia della legalità gestita col pugno di ferro è l'ostacolo insormontabile per affrontare le contraddizioni sociali che oggi più duramente si manifestano.

Lo sgombero degli eritrei dal centro avviene immediatamente dopo quello delle case nella periferica Cinecittà, che ha generato duecento sfollati ora accampati sotto il portico della chiesa dei SS. Apostoli. Anche questa un’operazione di polizia e nulla più: niente soluzioni alternative, niente servizi sociali. Solo polizia, solo sigilli per restituire al degrado gli spazi che l’autoorganizzazione sociale conquista colmando le lacune di un welfare che non c’è. Anche la vicenda di piazza indipendenza, è bene ribadirlo, è un problema di welfare, di inclusione sociale, non di accoglienza. M5S e PD stanno attuando, uno col silenzio l’altro con la repressione, una lotta senza quartiere ai poveri, non alla povertà.

La vera lotta alla povertà si fa dal basso, e il corteo convocato per sabato 26 potrà essere un primo momento di convergenza delle molte istanze che palpitano sottotraccia nella Capitale.