Dopo la manifestazione del 18 maggio scorso a Roma "Su la testa! Non abbiamo governi amici", le popolazioni dell'area del cratere investita dal sisma del 2016 sono tornate a mobilitarsi. Sabato 1 giugno tre presidi sono stati organizzati a Muccia, in provincia di Macerata, Norcia e Accumoli (Rieti), tre luoghi a rappresentare simbolicamente i diversi territori delle regioni Marche, Lazio, Umbria e Abruzzo, colpiti dalle scosse.
Una giornata di iniziativa autorganizzata che segue la protesta delle 'lenzuola bianche' - che ha anticipato quella virale anti-Salvini - striscioni autoprodotti che sono comparsi nei borghi abbandonati, fuori dai villaggi sae, sulle strade ancora parzialmente interrotte delle aree interne dell'Appennino, diventati espressione della rabbia e delle rivendicazioni di quanti a distanza di quasi tre anni vivono ancora in una condizione di post-emergenza e ricostruzione ferma.
Dalle ore 9.00 i manifestanti si sono iniziati a radunare nei tre luoghi di ritrovo, dove hanno iniziato a realizzare cartelli, preparare teli per poi allestire i veicoli degli attivisti. Questa l'idea alla base dell'azione di protesta #raccordiamoci: formare una carovana di mezzi che muovendo dai tre punti di ritrovo raggiungessero la capitale con l'obiettivo di paralizzare il traffico sulle direttrici di arrivo a Roma e sul grande raccordo anulare.
"Unica grande opera: ricostruire il centro Italia terremotato" questo lo slogan che campeggiava su moto, auto, furgoni che in tarda mattinata si sono iniziati a muovere in colonna, con lenta andatura verso l'area di servizio subito successiva alla barriera di Roma Nord. Ad attendere i manifestanti all'arrivo un ingente schieramento di forze dell'ordine che hanno imposto la deviazione del flusso dei veicoli, riprendendone le targhe, in un corridoio presidiato ad entrambi i lati da due blindati. L'intenzione dei responsabili dell'ordine pubblico era quella di scortare la carovana prescrivendo che quest'ultima percorresse unicamente la prima carreggiata.
Dopo alcuni minuti di attesa, la polizia ha lasciato che la colonna di autovetture proseguisse il suo itinerario: quasi un centinaio i mezzi che si sono ritrovati sull'autostrada A1, un numero consistente, che unito alla determinazione degli attivisti, ha inevitabilmente prodotto l'invasione anche della seconda carreggiata fino a provocare una lunga coda all'entrata del gra, in corrispondenza del restringimento di corsia.
Una volta dentro il raccordo la carovana si è riversata sulle prime due corsie, causando progressivamente la paralisi del traffico sulla circonvallazione settentrionale in direzione Fiumicino, come riportavano i bollettini del servizio mobilità di Isoradio e gli annunci sui tabelloni luminosi della società autostradale - traffico urbano nelle stesse ora poi ulteriormente congestionato dalla critical mass sulla tangenziale est.
Pressochè unanime la risposta solidale degli automobilisti che si ritrovavano in mezzo al serpentone dei 'terremotati alla guida': saluti, segni di vittoria e clacson suonati all'unisono che rimbombavano sotto le gallerie.
Pit stop all'area di servizio Ardeatina, sul tratto meridionale, dove i manifestanti si sono riuniti organizzando una conferenza stampa, dove hanno denunciato l'atteggiamento intimidatorio da parte delle forze dell'ordine: "mi hanno urlato dal finestrino che mi avrebbero denunciata e avrebbero mandato il verbale a casa. Ma quale casa, che vivo in una sae mal ridotta?"
Per tutto il tragitto, volanti con a bordo agenti della Digos hanno tagliato la strada, affiancato i mezzi che si trovavano sulle corsie più esterne minacciando, con insulti e grida, ripercussioni per quanti non obbedivano agli ordini di improvvisati vigili urbani esagitati.
Terminato l'incontro con i giornalisti che avevano seguito il percorso del serpentone, i manifestanti sono ripartiti terminando per intero il circuito del raccordo anulare per poi fare rientro verso casa.
Le popolazioni colpite dal sisma che circondano la capitale. Un'importante giornata di mobilitazione quella di sabato 1 giugno, che unita al corteo sotto Montecitorio, ha dato plastica rappresentazione al "cratere che resiste": nonostante l'immobilismo di tre governi, la ricostruzione al palo, la frammentazione delle comunità, l'emergenza infinita, c'è chi ancora non si arrende alla strategia dell'abbandono ed è disposto a lottare con forme inedite e toni radicali di protesta.
Una determinazione che trova riscontro in negativo nell'approccio duramente repressivo e nelle gravi provocazioni da parte dei corpi di polizia del governo lega-5stelle, nuovamente pesanti tentativi di contenere la libertà di movimento e censurare il legittimo diritto a manifestare. Tentativi rimasti tali una volta scontratisi con la ferma indisponibilità di quanti con dignità sono costretti a battersi per il proprio futuro.