Roma - Per una stagione di referendum sociali: report dall'Assemblea

Si è tenuta ieri 13 marzo, al Cinema Palazzo, l'Assemblea nazionale per una stagione di referendum sociali che intende dare il via ad una campagna referendaria dal basso

14 / 3 / 2016

Con l'appuntamento di Roma si promuove una campagna volta ad indire, nel 2017, un referendum che andrebbe a toccare quattro punti esemplificativi dell'attacco alla democrazia che la società civile sta subendo nel nostro Paese.

Uno dei punti fondamentali riguarderà alcune modifiche alla cosiddetta “Buona Scuola” di Renzi, in particolare per quanto riguarda l'aziendizzazione, la gerarchizzazione, la competizione tra i docenti e i meccanismi privatistici di finanziarizzazione delle scuole. Questi quesiti vogliono difendere la scuola pubblica garantendo la necessaria collegialità tra docenti piuttosto che la competizione individuale e il servilismo legato all'imposizione della figura del “preside manager” che, data la possibilità di formare il collegio scolastico secondo sua discrezionalità, rischia di aumentare la ricattabilità dei docenti trasformandoli di fatto in “precari di ruolo”. Anche l'alternanza scuola/lavoro entra a far parte dei quesiti soprattutto per la volontà di limitare la subordinazione delle scuole pubbliche ad un modello di formazione di tipo aziendale del tutto in linea con il modello del lavoro precarizzato, non retribuito o sottopagato sancito dal Jobs Act.

Un altro punto centrale è proposto dalla Campagna contro la Devastazione e Saccheggio dei territori nel quale viene richiesta l'abrogazione di parte dell'articolo 4 della legge n.9 del 1991 riguardante il settore idrocarburi che limita il divieto di trivellazione sia in terraferma che in mare anche oltre le 12 miglia solo ad alcune aree regionali. La modificazione di questo articolo sancirebbe il divieto di costruire nuovi impianti di trivellazione su tutto il territorio nazionale. Questa ”opzione zero” per quanto riguarda le trivellazioni è l'unica in grado di costituire una reale alternativa all'attuale modello di sviluppo centrato sull'estrattivismo e sul perpetrare politiche economiche di sfruttamento delle risorse fossili. Il quesito sulle trivelle completa quello che è oggetto del referendum proposto dalle Regioni che si terrà il 17 aprile che costituisce un primo importante passaggio che si spera riesca a ridare fiducia a quanti ancora patiscono la vittoria rubata dei referendum sull'acqua.

Il terzo punto, che per ora non si propone come quesito referendario ma si inserisce a pieno all'interno della campagna per contenuti e intenti, è una petizione popolare proposta dal Forum dei Movimenti per l'Acqua relativa alla legge di Stabilità che favorisce la privatizzazione di servizi pubblici slegando, per i Comuni che hanno venduto quote delle loro società partecipate, i proventi di queste vendite dalla legge di Stabilità stessa, permettendo di fatto di spenderli in qualsiasi ambito. Inoltre è necessario contrastare i decreti attuativi proposti dalla ministro Madia che vorrebbero sottrarre il servizio idrico dalla gestione da parte di soggetti di diritto pubblico.

L'ultimo punto riguarderà invece gli impianti di termovalorizzazione, andando a contrastare l'art. 35 dello Sblocca Italia in cui si definiscono gli inceneritori come impianti di interesse strategico su piano nazionale andando in questo modo ad imporre dall'alto alle Regioni la costruzione di altri 14 impianti andando così ad ipotecare per altri 20 anni la possibilità da parte dei consigli regionali di investire su strategie di smaltimento alternative incentivando, ad esempio, un modello di economia circolare che vada verso i rifiuti zero.

I referendum nascono in seguito ad un'analisi comune che ha riconosciuto nell'azione del governo Renzi un attacco di impostazione neoliberista nei confronti di alcuni temi – scuola pubblica, mercificazione e privatizzazione dei beni comuni, ambiente e diritto alla salute – che può essere letto all'interno di una generale crisi della democrazia e che vede nella riforma costituzionale che si sta costruendo in Parlamento il suo strumento di attuazione e di resa effettiva e permanente del modello imposto. Mantenendo il doppio filone di un'azione specifica da un lato e della proposizione di un modello generale alternativo dall'altro questa campagna referendaria mira a generare una nuova riattivazione sociale che riesca a mobilitare soggetti diversi a livello sia nazionale che territoriale.

Gli elementi che più interventi hanno sottolineato essere fondamentali per il successo della campagna referendaria e, perché no, del suo positivo esito, sono diversi:

  1. la molteplicità e diversificazione dei soggetti presenti e promotori della campagna, che decidono di cooperare attivamente alla buona riuscita della stessa; tale molteplicità e diversità se da una parte conferisce complessità alla campagna e alla sua costruzione dall'altra contribuisce a dare forza alle diverse anime e ad una auspicabile continuità di lavoro; il referendum si identifica come un percorso che nasce dalla confederazione di lotte, resistenze e autonomie territoriali e che, forte di ciò, sarà in grado di opporsi al massacro della democrazia in corso oggi.

  2. La cura del processo referendario, delle procedure e delle lotte necessarie a costruirlo: proprio attraverso la costruzione di un terreno comune si potrà dare ai referendum sociali la spinta necessaria a vincere dando vita a processi democratici, estensivi e popolari; sotto questi aspetti acquisisce ancora più valore la dimensione territoriale delle lotte e la ricomposizione poi in una mobilitazione generale di percorsi larghi e composti da spinte diverse.

  3. I quesiti referendari, pur ponendosi per loro natura come abrogativi, contengono una forte valenza in positivo presentandosi come proposta di un'alternativa al modello che si sta imponendo, puntando sulla loro che li rende immediatamente e realmente trasversali: il referendum deve essere uno strumento in grado di amplificare e dar voce alle lotte sociali, di creare mobilitazione e conflitto territoriale sia nel percorso di avvicinamento e di sensibilizzazione sia poi nell'attenzione necessaria, nel caso di un'auspicata vittoria, a garantirne l'applicazione e il rispetto.

L'assemblea di oggi nella sua ricchezza, che ha dato vita ad un dibattito sotto alcuni aspetti complesso e non scontato, crediamo possa dar vita ad una campagna sociale all'interno della quale mobilitazioni territoriali in corso da anni possono generalizzarsi. Va segnalato come la mobilitazione svoltasi a Venezia l'8 marzo scorso in occasione del vertice bilaterale Italia – Francia è stata da molti riconosciuta come una prima finestra di dialogo tra diverse lotte. Una campagna e un referendum che, ci auguriamo e confidiamo, saprà assumere dalle mobilitazioni gli aspetti positivi, non ultima la capacità di costruire un terreno di lotta comune e di creare conflittualità a partire dalle proprie specificità territoriali. D'altra parte quello che di certo abbiamo imparato da anni di lotte è che “l'unica che davvero si perde è quella che si abbandona”.

Referendum sociali

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