LUCI IN SALA. La città riapre il Teatro Valle
Da 669 giorni e 669 notti il Teatro Valle è chiuso. Per il restauro non
esiste ancora un progetto. I fondi non sono mai arrivati, i lavori non
sono cominciati, la manutenzione non è stata fatta. Qui dove si sono
sperimentate forme di partecipazione viva, da due anni il buio in sala
non annuncia nessuna apertura di sipario.
Di parole in questi anni ne sono state dette molte. Sulla gestione del
Valle e degli spazi pubblici in genere. Sul sistema teatro in Italia.
Sulla vita culturale della città. Sulla precarietà dei lavoratori dello
spettacolo e della cultura. Niente di nuovo, da dire.
Da fare
invece, quello sì. C'è da affollare, da popolare uno spazio vuoto. C'è
da animare dare corpo e respirare. Il Teatro Valle è un oggetto luminoso
del desiderio. Oggi è di nuovo aperto: luci in sala! La città rientra.
Per trasformare un vuoto in un pieno. Per riaccendere l’immaginazione.
Nel tempo denso di un giorno.
A Roma le politiche culturali e la
progettualità artistica non sono mai state così disastrose. La volontà
dell’amministrazione, e della sua successiva gestione commissariata, è
stata quella di chiudere spazi piuttosto che aprirne di nuovi. Spazi
fisici, ma anche spazi per sperimentare, partecipare, autogestire. O
anche solamente per respirare.
Roma è stata la cavia del governo
Renzi: la retorica del bando e la consuetudine delle nomine dall’alto
sono strumenti di istituzioni che funzionano come soggetto privato,
riproducendo modelli di gestione distanti e fallimentari, se non
corrotti. Anche in questa campagna elettorale la cultura non è stato un
tema di discussione, a dimostrare che non si profilano alternative
rispetto alle politiche vigenti.
C’è bisogno di fantasia, per
generare nuovi strumenti che sostengano l’esigenza e la capacità dei
cittadini di organizzarsi, di prendersi cura dei propri spazi di vita.
Nonostante questo deserto, la città ha prodotto e produce esperienze di
sperimentazione e inclusione che è necessario moltiplicare.
Dalle
piazze francesi gli intermittenti e i movimenti europei ci chiamano a
riprendere parola non solo sulle politiche culturali, ma sull’intera
possibilità di vivere e praticare la città.
Oggi è la giornata dei corpi fuori norma e dei desideri. Oggi non ci accontentiamo.