La giornata inizia carica di un senso di attesa che si fa palpabile
di momento in momento. Il grande cambiamento nell’aria fa allungare il
passo spingendo ai limiti della corsa, la chiusura della frontiera
annunciata per mezzanotte potrebbe avvenire anche prima, e comunque la
reazione delle autorità ungheresi potrebbe essere differente rispetto ai
giorni scorsi.
Il varco nella recinzione è come ieri, il presidio di polizia minimo, lo
sbarramento vero sono decine di telecamere fisse sui due pali piantati
accanto ai binari, dove la rete ancora non c’è.
Poco oltre, il
campo che ieri aveva preso una forma organizzata è svuotato, gli igloo
dei migranti sono scomparsi e restano solo le grandi tende delle
organizzazioni come Medici Senza Frontiere, Caritas, UNHCR. Un senso di
smarrimento aleggia sulle poche centinaia di persone che vengono
caricate senza controlli o selezioni di provenienza sugli autobus che li
portano via. La colonna dei mezzi è interminabile, partono con cadenza
ravvicinata, la destinazione non è affatto chiara. Notizie contrastanti
si incrociano, pare che la destinazione sia la stazione e da lì il treno
per Heygenshalom, ultima stazione prima del confine con l’Austria.
Nulla è certo, però.
Resta l’evidenza del campo svuotato, questo come l’altro a ridosso
dell’autostrada, quello delle recinzioni e delle impronte digitali.
Intanto il primo campo allestito è in via di smontaggio.
Qui l’atmosfera è ancora più surreale, ai bordi della strada furgoncini
senza targa con il radiatore sfondato e le gomme tagliate. Chiaro segno
del traffico di esseri umani che questa assurda situazione sta facendo
fiorire.
Torniamo al varco sui binari nel primo pomeriggio, due manipoli di polizia si sono attestati appena al di fuori della recinzione ai lati dei binari, mentre l’esercito si appresta a completare la chiusura. La barriera di metallo ancora non è completa, il passaggio è chiuso dalla polizia. Chi sta arrivando non segue più i binari ma si stacca poco prima deviando a sinistra per costeggiare la barriera nella direzione dei due valichi stradali.
Non restano che
giornalisti alla frontiera, una selva di telecamere fisse sui cinque
metri ancora da sigillare. Puntano dalla parte sbagliata, però: il coup de theatre
studiato a tavolino fa arrivare un treno da Röszke. Preceduto da
ferrovieri con la bandierina, irrompe sulla scena un vagone merci
"agghindato" da una rete metallica e matasse di filo spinato pronto a
sigillare il varco. Gli occhi del mondo puntavano dalla parte sbagliata,
ora debbono fare largo ad un ammasso di ferraglia degno delle grandi
sceneggiature hollywoodiane.
Il momento topico in cui la retorica si fa materialità arriva nella
maniera più mobile ed assurda possibile, il treno da mezzo di trasporto
si fa ostacolo.
Il flusso intanto ha preso la direzione del valico stradale, poche centinaia di metri a ovest. A passo sempre più svelto centinaia riescono a passare prima della fatidica mezzanotte. Lo scenario anche qui è surreale: il transito avviene attraverso il cancello pedonale, plotoni di polizia militare schierati dietro una bassa rete metallica e in fondo gli autobus che caricano tutti verso una destinazione sconosciuta. Le notizie si accavallano in modo contraddittorio ed incerto, la direzione sembra essere il confine austriaco.
Aspettiamo mezzanotte, drappelli di decine di persone si muovono nel buio rincorrendo lo scorrere del tempo. Passa il fatidico minuto, i tre poliziotti ungheresi in tenuta antisommossa fanno letteralmente i portieri. Dalla parte serba cinque o sei volontari gestiscono la fila che si forma con le ondate di gente che arriva.
Dieci minuti dopo la mezzanotte il cancello viene chiuso, il più corpulento dei tre poliziotti vi si appoggia con la schiena, "stop". Non si passa più. In mezz’ora si crea un accumulo di duecento persone, famiglie spezzate ed altre disperatamente unite nel passare anche questa notte all’addiaccio.
Appena le troupe televisive smontano i riflettori
compaiono grandi transenne a ridosso del cancello carraio, viene
allestito un canale dove può passare una sola persona. Forse domani
passeranno in cento, voci che si susseguono sempre più contraddittorie
sono spente dalla notte e dalla stanchezza.
Alle due e mezza non resta che una frontiera chiusa e centinaia di persone allo sbando.
Staffetta #overthefortress - Röszke, 15 settembre 2015