Savona - "Tanto lui mi ha già uccisa", ancora una donna ammazzata da un uomo violento.

La storia di Deborah Ballesio, raggiunta da cinque proiettili sparati dall'ex marito durante karaoke in spiaggia.

17 / 7 / 2019

«Non sono pentito di quello che ho fatto. Mi spiace solo per gli innocenti coinvolti», queste sono le parole di Domenico “Mimmo’” Massari pochi istanti dopo essersi consegnato alle autorità di polizia. Con lucidità e fermezza l’uomo - che si era dato latitante per due giorni dopo aver ammazzato Deborah Balenio, sua ex compagna - ha continuato il suo assurdo show. 

Sì, perchè Domenico Massari prima di consegnarsi alle autorità del carcere di Imperia ha sparato tre colpi di pistola in aria. Un gesto totalmente in linea con tutta la messa in atto dell’omicidio.

Torniamo a parlare di femminicidio nel Belpaese, con cifre di donne uccise in esponenziale aumento, torniamo a parlare dell’ennesimo uomo che non per follia, non per amore, non per tempesta emotiva, ammazza una donna. L'ennesimo uomo che non accetta di essere lasciato.

"L’esecuzione" non è avvenuta all'interno delle mura domestiche, ma eseguita in pubblico, quasi in stile mafioso, plateale, come se Massari dovesse dimostrare a qualcuno chissà cosa, o per sottolineare ancora una volta il concetto machista per cui una persona diventa di proprietà altrui. 

Un gesto in una maniera così spettacolare che ricalca perfettamente il concetto di società etero-patriarcale, dove un uomo si sente comunque superiore ad una donna, dove a determinati gesti si trova sempre una scusante, dove la violenza è da tempo un problema culturale.

L'ennesimo femminicidio si è svolto sabato 14 luglio, quando Massari, 53 anni ha raggiunto la ex moglie Debora Ballesio, ai bagni Aquario, a Savona, dove la 38enne, si stava esibendo in una serata di karaoke, da lei organizzata. La donna è stata raggiunta da cinque proiettili che hanno colpito di striscio una bambina e altre due donne presenti e hanno scatenato un fuggi fuggi generale.

La morte di Deborah Ballesio è lo specchio di un Paese che parla in maniera buonista di “difendere le donne”, lo stesso Paese che non dà sufficienti strumenti alle parte lese di tessere reti e di avere mezzi per uscire da situazioni di violenza. Un paese che non vuole riconoscere che la violenza di genere è una questione sociale non relegabile alla dimensione del privato ma che va affrontata a maglia larga su più fronti, dalla formazione alla legislatura. 

Il fascicolo di Deborah racconta di diciannove denunce. Diciannove volte in qui la donna ha cercato aiuto e  giustizia. Si è rivolta a quello Stato che non riesce totalmente ad aiutare chi ha bisogno. 

Domenico Massari è lo stesso che nel 2015 appiccò un incendio al locale “Follia” di Altare – gestito da entrambi - ed è lo stesso che incendiò anche la casa di Deborah a Plodio.

L’ennesimo femminicidio che, come la stragrande maggioranza dei casi, ha l’assassino in casa, quell’ex marito da cui Deborah voleva liberarsi: lei sapeva che sarebbe andata a finire così, l’aveva anche scritto in un manoscritto dato a un amico. E lo sapeva così bene che qualche mese fa, aveva presentato una serie di iniziative inerenti la “difesa personale” delle donne, che intendeva promuovere nel comune di Carrù.

Mentre Massari si consegnava in carcere un altro uomo ha compiuto un folle gesto. A San Gennaro Vesuviano, alle porte di Napoli, un 35enne ha lanciato la figlia di circa un anno e mezzo dal balcone del secondo piano e subito dopo si è buttato giù. La bambina è morta sul colpo, lui si trova ricoverato in gravissime condizioni all'ospedale di Napoli. Secondo le prime ricostruzioni l'uomo si trovava in casa con la moglie, da cui pare si stava separando.

Due omicidi che sembrano diversi, ma che racchiudono la stessa problematica: la violenza domestica.

Ancora una volta i giornali hanno enfatizzato e spettacolarizzato quanto è successo. Il problema non è la “prevenzione verso la vittima”, ma l’ignoranza con cui si affrontano e si parla o si scrive di questi avvenimenti, per cui serve una specifica preparazione. I giornalisti dovrebbero formarsi su questi argomenti dal personale dei centri antiviolenza, che hanno le competenze più adatte a spiegare perché un certo linguaggio può colpire o ammazzare le persone un’altra volta. Il problema della narrazione colpisce anche l'uomo, dovrebbe partire da quest'ultimo la necessità di non essere raccontati come una massa di repressi killer potenziali che per “una goccia che fa traboccare il vaso” ammazzano senza pietà.

Il senso comune attribuisce all’uomo maltrattante un profilo specifico, che il più delle volte viene fatto coincidere con quello di un “malato”. Non essere in grado di riconoscere la normalizzazione della violenza e di quanto sia presente in ogni sua forma nella nostra quotidianità, vuol dire non essere sufficientemente in grado di poter fornire il proprio contributo alla costruzione di una società priva di qualsiasi forma di abuso di potere e controllo ai danni dell’altro, in questo caso donne e bambini. Alla normalizzazione della violenza si accosta spesso una romanticizzazione. Si ha quando la violenza viene rappresentata in forme tali da rafforzare la cosiddetta “ideologia dell’amore romantico”. Per definizione eterosessuale, questa ideologia è strumentale alla costruzione di rapporti di potere ben codificati e alla definizione dei generi come speculari. Le donne appaiono figure che, per amore, devono essere dedite a una forma di altruismo che sfiora quasi il sacrificale. Esemplare è la retorica, spesso utilizzata in maniera goliardica, del «dietro a ogni grande uomo vi è una grande donna». Molta cultura mediale va in questa direzione, giustificando come espressione di una relazione intensa, cifra della passione di lui ma anche della devozione di lei, che quindi scadrebbe nella vittimizzazione volontaria come forma di sublimazione, di devozione all’altro.

Soltanto a partire dal linguaggio si può davvero cambiare qualcosa, ed è proprio quello che fanno ogni giorno i centri antiviolenza nel nostro Paese. L’uso di un linguaggio comune permette di condividere più facilmente una prospettiva comune nelle azioni di contrasto alla violenza, di adottare linee operative condivise e di definire procedure condivise tra differenti organismi.

Le leggi ci sono - reati di stalking, violenza sessuale, maltrattamenti - ma è la sottovalutazione della pericolosità della violenza maschile, della gravità delle condotte e dell’entità dei danni provocati, da cui derivano sentenze che applicano pene irrisorie e riconoscono attenuanti negate dai fatti. 

Le leggi di contrasto alla violenza di genere ci sono, quindi, ma vengono applicate male. I centri antiviolenza lavorano sodo per sostenere le donne e fanno un grande lavoro culturale ed educativo soprattutto nei confronti delle nuove generazioni per creare un linguaggio e un modo di pensare che sia slegato da quella concezione maschilista a cui siamo abituati, centri antiviolenza che ricordiamo il nostro Governo non ha la minima intenzione di rafforzare, cercando invece escamotage per finanziare ancora di più associazioni prolife che con il loro operato minacciano ancor più le libertà personali, specialmente delle donne.

Nei primi sei mesi del 2019 sono state uccise 39 donne, nel 2018 in Italia hanno perso la vita 86 donne, il 2017 ha visto 113 vittime, nel 2016 ne sono state uccise 115, 120 nel 2015, ben 138 nel 2013. L’Italia pare non essere un paese per donne: i dati raccolti nell’ultimo rapporto del Censis, realizzato con il contributo del Dipartimento per le Pari Opportunità, confermano che la media è ancora oggi di un femminicidio ogni 60 ore. Una ferita che sembra non chiudersi.

Bisognerebbe iniziare a lavorare in maniera seria nei confronti dei maltrattanti. L'uomo, come scritto in precedenza, non può essere descritto come un potenziale killer, deve essere aiutato se ne ha bisogno. I primi a cui bisogna far cambiare la mentalità è proprio a quegli individui che credono di “possedere” una donna. La cultura che vede il maschio come un “protettore”, nel senso di padre padrone, che vuole gestire e far sentire il suo potere sulla propria compagna deve essere combattuto e superato. 

Donne uccise per mano maschile. Da mariti, fidanzati, spasimanti, sconosciuti, in sostanza da uomini violenti. A ciascuna di loro dobbiamo continuare a dare voce affinchè non accada mai più.