Riflessioni post #14-17N.Per riformare realmente la Scuola Pubblica.

Schio - L'anno zero

Autodeterminazione e democrazia reale nel mondo della formazione e non solo

25 / 11 / 2014

Partendo dalla riforma Moratti nel 2003, attraversando la riforma Gelmini nel 2008, con la riforma Renzi-Giannini arriviamo oggi all’atto finale di una trilogia di manovre atte allo smantellamento della Scuola Pubblica italiana.

La cosiddetta “Buona Scuola” di Renzi stabilisce un modello di educazione fondato sulla classificazione di studenti e professori, con l’intento di creare una graduatoria nazionale degli istituti. Quei pochi finanziamenti pubblici che sono scampati finora ad anni di tagli saranno quindi distribuiti alle scuole in conformità a questa classifica, creando istituti di seria A ed istituti di serie B. Ciò stabilirà una disparità enorme nella qualità e nel modello di insegnamento e di apprendimento tra le varie scuole.

Questione ulteriormente accentuata grazie alla possibilità che viene data ai soggetti privati di finanziare le scuole pubbliche, permettendo così alle aziende di entrare a far parte dei consigli d’istituto, con la possibilità di definire quali attività didattiche svolgere, e le modalità del loro insegnamento.

Se aggiungiamo a tutto questo il ruolo sempre più autoritario che andrà a rivestire il preside, all’interno di un sistema decisionale verticistico, dato che tutti gli organi di partecipazione delle varie componenti scolastiche verranno sostanzialmente svuotati, abbiamo ben chiaro qual è il quadro.

Un sistema d’istruzione basato sulla competizione (sia tra insegnanti, che tra studenti), e non sulla cooperazione, come invece dovrebbe essere.

Un preside che opera e comanda nelle scuole come fosse un dirigente d’azienda, con i soggetti privati che saranno i suoi azionisti di riferimento, come se si trovassero all’interno di un consiglio di amministrazione di una qualsiasi impresa.

Studenti e docenti, completamente esautorati, che non avranno più alcuna influenza sulle scelte che li riguardano, a cominciare dalla pesante limitazione della libertà d’insegnamento.

Il modello che si prefigura è cioè quello di una scuola molto gerarchizzata, funzionale alla “formazione” di soggetti che siano già abituati e preparati a entrare nel mondo del mercato del lavoro di oggi, caratterizzato dalla precarietà e dalla sempre più radicale sottrazione di diritti, con redditi da fame, tirocini gratuiti, stage non pagati e un lavoro a tempo indeterminato impossibile ormai da conquistare.

L’intento di questa riforma, infatti, sembra proprio essere quello di “domare” i giovani, al fine di introdurli in un modello produttivo che li vedrà sempre più sfruttati e schiavizzati, e che s’imporrà ancor di più con l’approvazione del Jobs Act vol. II. Già dal percorso scolastico, infatti, attraverso stage gratuiti e un aumento di ore di pratica da fare sul posto di lavoro, che saranno come ore di attività didattica e di specializzazione, le aziende potranno esercitare e sperimentare la loro futura manodopera.

L’istruzione dunque non sarà più incentrata e mirata alla formazione di soggetti autonomi e capaci di formulare pensieri critici e costruttivi, ma sarà invece basata sul disciplinamento dei futuri lavoratori, creando dei soggetti passivi, abituati ad obbedire all’ordine del loro superiore, e a competere fra di loro per accaparrarsi quelle poche briciole che gli vengono lasciate.

Come succederà ad esempio anche agli insegnanti, che si contenderanno con ogni mezzo le simpatie del dirigente scolastico, poiché avrà un enorme potere su di loro, e che saranno costretti a gareggiare per guadagnarsi l’agognato scatto d’anzianità che può portare qualche soldo in più in busta paga, giacché con la “Buona Scuola” sarà riservata solo al 66% dei “meritevoli”.

A fronte di tutto ciò, la vera posta in gioco è quindi quella della democrazia, all’interno del mondo della scuola, ma non solo, siccome si sta cercando di formare i futuri cittadini (o sudditi?) sulla base di un modello di società altamente gerarchizzato.

Una reale democrazia, non quella basata su consultazioni virtuali organizzate ad arte per pilotare il risultato, che può offrire la possibilità di avere il futuro nelle proprie mani.

La vera domanda da porsi è dunque chi decide cosa? Secondo noi chi la scuola la vive, e quindi insegnanti, studenti, personale ATA, famiglie. Proprio per questo, nell’Alto Vicentino, attraverso le giornate del 14 e 17 Novembre, è nata la proposta di creare un’Osservatorio della Scuola Pubblica. L’idea è quella cioè di realizzare un percorso che deve nascere dal basso, tramite la partecipazione ed il confronto tra le varie componenti del mondo dell’istruzione, e che possa portare ad una “Vera Riforma della Buona Scuola”.

Se il governo vuole, infatti, renderci silenti e proni, perché non provare invece a prendere parola tutti assieme, producendo e promuovendo iniziative sia all’interno che all’esterno degli ambienti scolastici?

Perché non avviare una virtuosa cooperazione tra le varie anime del mondo della scuola, che tramite un processo di reale democrazia dal basso possa esprimere un vero giudizio sulla riforma Renzi-Giannini, così come sull’attuale mondo scolastico, e più in generale su altri temi, e che al contempo, partendo proprio dall’analisi dei problemi, possa iniziare a costruire veramente una Buona Scuola, ad esempio elaborando assieme dei nuovi saperi che nella scuola odierna, sempre più dequalificata, non troverebbero alcuno spazio?

Consapevoli che in questa sorta di “anno zero” per la scuola, ma non solo, bisogna ripartire con uno spirito propositivo e che nel deserto creato dal disinteresse e dalla disinformazione che ci circonda, la produzione e circolazione di nuovi e vecchi saperi, la discussione e l’approfondimento, siano il vero antidoto per debellare l’immobilità delle menti, crediamo sia venuto il momento per tutti noi di ricostruire, mattone dopo mattone, la scuola in questo paese.

Se l’intento, infatti, delle riforme che si stanno dando o che verranno attuate è quello di domare i cittadini, come spiega Diamond essere “domati” presuppone però la possibilità che chi subisce la domatura possa decidere di non rispettare le regole e i vincoli imposti dall’alto.

Dato che noi siamo profondamente convinti che l’istruzione sia un diritto e debba essere garantita a tutti, non ci lasceremo sottomettere attraverso un nuovo impoverimento e dequalificazione della formazione, ma proveremo a produrre noi una scuola di qualità.