Scontro Magistratura/Politica: siamo dinanzi ad un corto circuito istituzionale?

Giovedì 7 febbraio 2019, Matteo Salvini presenterà alla Giunta delle Immunità la sua difesa in forma di dossier.

6 / 2 / 2019

Il nostro ordinamento giuridico prende ispirazione dal principio (temperato) di Montesquieu enunciato ne L’esprit des lois. I tre poteri dello Stato sono attribuiti infatti a tre organi diversi ed autonomi tra loro e, attraverso un meccanismo di pesi e contrappesi istituzionali, nessun potere può, in teoria, dominare sull’altro.

Nella prassi, una prima interferenza istituzionale è ormai incontrollata: si tratta dell’abuso dell’espediente decreto-legge in cui, fuori da ogni canone di “urgenza” o “necessità”, il Governo interviene nel processo legislativo ed il Parlamento, umiliato dall’esecutivo, è solo e sostanzialmente acquiescente.

Ma il pericolo che si erge all’orizzonte assumendo tratti distorsivi e inquietanti è il corto circuito tra magistratura e politica. In una crisi di legalità e di legittimità la sovraesposizione della magistratura comporta un pesante condizionamento della prassi politica, ed è così che la magistratura, aldilà del suo ruolo istituzionale, diventa perno intorno al quale ruota il gioco politico.

Richiedere oggi il ritorno degli assetti pensati attraverso i principi della tradizione liberale di Beccaria o di Montesquieu è pressoché inutile: il panorama in cui si opera è tutt’altro che quello d’allora. Un magistrato concepito quale bocca della legge, presupponeva infatti un piano normativo semplice, chiaro e coerente, mentre è già da un pezzo che le leggi assumono posizioni pletoriche, contraddittorie e oscillanti. La mancanza di equilibrio riguarda quindi tutto il sistema, come è ovvio, ed in questo quadro, la magistratura è sovraccarica e sbilanciata, orientata verso il pangiudizialismo penale[1], non più politico ma corporativo.

Già Luigi Ferrajoli, a seguito dell’era Tangentopoli, intervenne sul punto, specificando che, nel momento in cui la magistratura assuma tratti di protagonismo godendo di una correlata popolarità, non dovrebbe ergersi a difensore di istituti odiosi e poteri impropri ma rivendicare essa stessa la riabilitazione delle garanzie attraverso una generale bonifica del nostro sistema processuale, partendo ad esempio dall’eliminazione di tutti i relitti dell’emergenza. Sarebbe più che mai necessaria, ad oggi, porre inizio ad un periodo di generale riforma, orientata dai principi di uguaglianza sociale e libertà per tutti, propugnando richieste di amnistie, indulti, fino alla realizzazione di un vero e proprio diritto penale minimo.

Pochi giorni fa uno scossone notevole all’apparato istituzionale è stato provocato dalla decisione del Tribunale dei Ministri di Catania che, confutando la richiesta d’archiviazione da parte della Procura della Repubblica di Catania guidata da Carmelo Zuccaro, ha richiesto l’autorizzazione a procedere in giudizio nei confronti del ministro dell’Interno, Matteo Salvini, per il reato di sequestro di persona aggravato, art. 605[2] del codice penale, manifestatosi dal 20 al 25 agosto 2018 (Caso Diciotti).

Il tribunale dei Ministri è stato istituito nel 1989 in attuazione dell’art. 96[3] della Costituzione e si occupa dei cosiddetti reati ministeriali. Il collegio giudicante è composto da tre membri effettivi e tre supplenti, estratti a sorte tra tutti i magistrati dei tribunali del distretto che abbiano da almeno cinque anni la qualifica. I precedenti casi in cui tale istituzione è intervenuta si sono sempre risolti con richiesta di archiviazione. I tre giudici estratti a sorte in questo caso sono Nicola La Mantia, Paolo Corda e Sandra Levanti, tutti e tre – a caso - iscritti a Magistratura Democratica, la tendenza di sinistra all’interno delle associazioni dei magistrati.

La richiesta del Tribunale dei Ministri è pervenuta in senato il 23 gennaio 2019,  e a seguito della stessa, si è insediata la Giunta[4], denominata “delle elezioni e delle immunità parlamentari” composta da 23 membri. A presiedere l'organo vi è Maurizio Gasparri (Forza Italia), mentre i due vicepresidenti sono Grazia D'Angelo (Movimento 5 Stelle) e Giuseppe Cucca (Partito Democratico), Luigi Augussori (Lega) e Pietro Grasso(Gruppo Misto) invece hanno funzione di segretari. Gli altri 18 membri sono equamente divisi in proporzione in base alla presenza dei partiti in Senato.

La presentazione di memoria di Matteo Salvini giungerà giovedì 7 febbraio alle 8.30, successivamente la Giunta sarà chiamata a relazionare entro 30 giorni in Senato e potrà, a maggioranza assoluta dei suoi componenti, negare l'autorizzazione a procedere ove reputi, con valutazione insindacabile, che l'inquisito abbia agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell'esercizio della funzione di Governo.

Il capo di imputazione[5] è inserito all’interno di una richiesta, pubblica sul sito del Senato della Repubblica, composta di 52 pagine, in cui si evidenziano le violazioni molteplici delle Convenzioni Internazionali[6], del diritto interno[7] e anche di prospettive giurisprudenziali recenti[8].

Tra le pagine del dossier si leggono note interessanti che fanno a botte con i posizionamenti politici, in primis, la specificazione che il contenzioso con Malta non assume alcun rilievo per giustificare la condotta incriminata.

Ma lo scontro magistratura-politica raggiunge un exploit quando a pag. 34 della richiesta si parla di “Assenza di cause di giustificazione e finalità politiche perseguite dal Ministro dell’Interno”. Si specifica infatti come dietro l’attendismo di Salvini, non vi fossero ragioni tecniche ostative allo sbarco, bensì la volontà di portare all’attenzione dell’UE il Caso Diciotti per chiedere ai partner europei una comune assunzione di responsabilità del problema della gestione dei flussi migratori, sollecitando una redistribuzione dei migranti sbarcati in Italia. Matteo Salvini, si legge nella documentazione “ha ritenuto di dare seguito ad un proprio convincimento politico, che aveva costituito uno dei cardini della sua campagna elettorale quale leader del partito della Lega”. Una valutazione che spinge i magistrati oltre i canonici riferimenti legislativi.

I Giudici si sono anche interrogati sulla possibilità dell’esistenza ex art. 52 del c.p. di una causa di giustificazione per l’esercizio di un diritto o dell’adempimento di un dovere. Il ministro dell’interno è infatti in base alla legge, responsabile della tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica ed è autorità nazionale di pubblica sicurezza. Si evidenzia però nelle carte come l’approdo di 177 stranieri non regolari non potesse costituire un problema di ordine pubblico: nessuno dei soggetti ascoltati dal Tribunale aveva infatti riferito di informazioni sulla possibile presenza, tra i soggetti soccorsi, di persone pericolose per la sicurezza e l’ordine pubblico nazionale. Con questo passaggio, la magistratura prende posizione implicitamente contro l’interconnessione nel binomio immigrazione-sicurezza, baluardo del Governo giallo-verde.

La decisione del Ministro dunque, secondo i Giudici, non è stata adottata per problemi di ordine pubblico in senso stretto, bensì per la volontà meramente politica, estranea dalla normativa. Le scelte politiche o i mutevoli indirizzi impartiti a livello ministeriale (da Salvini stesso ad esempio) non possono infatti ridurre in alcun modo la portata degli obblighi degli stati che derivano dalle Convenzioni internazionali che limitano la potestà legislativa dello Stato[9].

Come chiosa, dopo aver escluso l’ipotetica giustificazione dell’operato per via di ragioni politiche, il Tribunale ha valutato se il carattere politico della decisione presa potesse qualificare quest’ultima come atto politico in senso stretto. Quest’ultima valutazione assume un’importanza inequivocabile, infatti qualora si fosse stati in presenza di un atto politico in senso stretto, ciò avrebbe comportato la conseguenza dell’insindacabilità del suo operato da parte del giudice penale, ovvero sia l’incompetenza del Tribunale dei Ministri, e di ogni apparato giudiziario. Ma così non è stato, l’azione è stata infatti qualificata come “atto amministrativo adottato sulla scorta di valutazioni politiche”, espediente che avalla la legittimità d’intervento dei giudici.

Il Ministro Salvini, dopo la notifica dell’atto pervenutogli, durante una diretta sul social network facebook e dinanzi gli apparati mediatici, ha snocciolato la questione intarsiandola di illazioni contro la Magistratura, ergendosi a difensore della Patria e dei confini, contro “invasori” e “clandestini”. Il 26 gennaio 2019, in occasione dell’inaugurazione dell’Anno Giudiziario 2019 a Catania, il segretario dell’Associazione nazionale magistrati di Catania, Antongiulio Maggiore, di certo non le ha mandate a dire[10]: dopo aver difeso la decisione del Tribunale dei ministri, ha sottolineato come le parole denigratorie pronunciate da Salvini, proprio perché provenienti da un ministro, siano idonee ad instaurare nei cittadini un sentimento di sfiducia nell’amministrazione della giustizia, delegittimando le operazioni della magistratura in generale. Una presa di posizione cristallina e pubblica, che rimanda tutto al mittente.

La posta in gioco è altissima ed i riflettori sono puntati a giovedì, quando il Ministro Salvini, personalmente o munito di dossier, presenterà la sua difesa in Giunta, prima di essere processato o meno, ma la decisione, stavolta, è in mano della politica tout court.


[1] Si legga sul punto S. Moccia – La Perenne Emergenza – Edizioni Scientifiche Italiane

[2] È stabilito che “chiunque priva taluno della libertà personale è punito con la reclusione da sei mesi a otto anni. La pena è della reclusione da uno a dieci anni, se il fatto è commesso […] da un pubblico ufficiale, con abuso dei poteri inerenti alle sue funzioni. Se il fatto di cui al primo comma è commesso in danno di un minore, si applica la pena della reclusione da tre a dodici anni. Se il fatto è commesso in presenza di taluna delle circostanze di cui al secondo comma, ovvero in danno di minore di anni quattordici o se il minore sequestrato è condotto o trattenuto all’estero, si applica la pena della reclusione da tre a quindici anni”.

[3] “Il Presidente del Consiglio dei Ministri ed i Ministri, anche se cessati dalla carica, sono sottoposti, per i reati commessi nell'esercizio delle loro funzioni, alla giurisdizione ordinaria, previa autorizzazione del Senato della Repubblica o della Camera dei deputati, secondo le norme stabilite con legge costituzionale".

[4] Regolata dall’art. 9 della legge costituzionale 1/1989, articolo 19 del regolamento del Senato;

[5] “Il Senatore Matteo Salvini, nella sua qualità di Ministro, violando le Convenzioni internazionali in materia di soccorso in mare e le correlate norme di attuazione nazionali (Convenzione SAR, Risoluzione MSC167-78, Direttiva SOP009/15), non consentendo senza giustificato motivo al competente Dipartimento per le Libertà Civili per l'Immigrazione - costituente articolazione del Ministero dell'Interno- di esitare tempestivamente la richiesta di POS (place of safety) presentata formalmente da IMRCC (Italian Maritime Rescue Coordination Center) alle ore 22:30 del 17 agosto 2018, bloccava la procedura di sbarco dei migranti, così determinando consapevolmente l'illegittima privazione della libertà personale di questi ultimi, costretti a rimanere in condizioni psico-fisiche critiche a bordo della nave ''U.Diciotti'' ormeggiata nel porto di Catania dalle ore 23:49 del 20 agosto e fino alla tarda serata del 25 agosto, momento in cui veniva autorizzato lo sbarco. Fatto aggravato dall'essere stato commesso da un pubblico ufficiale e con abuso dei poteri inerenti alle funzioni esercitate, nonché per essere stato commesso anche in danno di soggetti minori di età".

[6] In primis la SAR, che sta per Convenzione internazionale sulla ricerca ed il salvataggio marittimo, sottoscritta ad Amburgo e datata 1979 che si associa alla Convenzione per la salvaguardia della vita umana in mare (SOLAS) del 1974. “Ciascun Governo contraente si impegna ad assicurare che tutte le necessarie disposizioni siano prese per la sorveglianza e per il soccorso delle persone in pericolo in mare in prossimità delle loro coste”, e ancora, il comandante “deve procedere quanto più velocemente possibile in soccorso di persone in pericolo[6]”. Una volta soccorsi, i naufraghi devono essere fatti sbarcareprontamente in un luogo sicuro per ricevere un equo trattamento una volta a terra, come specificato nelle Linee guida sul trattamento delle persone soccorse in mare e in una successiva Circolare esplicativa dell’Organizzazione Marittima Internazionale del 2009.

[7] L’articolo 2 del Testo Unico sull’immigrazione recita infatti: “Allo straniero comunque presente alla frontiera o nel territorio dello Stato sono riconosciuti i diritti fondamentali della persona umana previsti dalle norme di diritto interno, dalle convenzioni internazionali in vigore e dai principi di diritto internazionale generalmente riconosciuti.

[8] In una recente sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 2016 Khaifa contro Italia, alcuni cittadini tunisini, giunti irregolarmente in Italia, venivano condotti presso il CSPA di Lampedusa con divieto di allontanamento; a causa di disordini ed incendi venivano successivamente portati a bordo di una nave ove venivano trattenuti per diversi giorni. La sentenza affermava che il trattenimento di tali persone non aveva alcuna base giuridica nell’ordinamento italiano che potesse giustificare la privazione, pur temporanea, della libertà personale.

[9] Art. 10, 11 e 117 della Costituzione Italiana;

[10] “I magistrati, nell’esercizio delle loro funzioni non devono compiacere nessuno e non devono suscitare, con le proprie decisioni, i favori del popolo; sono tenuti solo ad applicare la legge, così come vuole la Carta costituzionale, perché è solo nel pieno rispetto della legge che si garantisce la convivenza civile. La magistratura catanese - ha concluso Maggiore - non si farà intimidire da nessuno e continuerà ad esercitare le proprie funzioni con rigore, professionalità e competenza”.