Secondo seminario di Effimera: la crisi ecologica e l’accumulazione. Un taccuino scritto in sala

28 / 2 / 2020

Un resoconto dalla sala del secondo del ciclo di seminari di Effimera su l’Enigma del Valore, dal titolo Valore, biosfera, conflitto: La crisi ecologica e l’accumulazione, tenutosi a Milano lo scorso 1 febbraio.

Per una serie di imprevisti il mio soggiorno italiano si è profondamente modificato e la cosa non mi è dispiaciuta affatto. Non conoscevo Milano, ci ho passato quattro giorni pieni, intensi, a casa di amici che mi hanno ospitato e guidato per la città. Conoscendo il mio interesse per il tema dell’ecologia politica è giunta quasi inevitabile la proposta di andare alla Casa delle donne e seguire i lavori del secondo seminario di Effimera; il concetto di valore poi, nonostante gli studi (o forse a causa di essi), è sempre rimasto un vero enigma irrisolto. Con penna e taccuino Moleskine ho preso posto, contando di fermarmi solo in mattinata; invece sono rimasta per l’intera durata dei lavori, incuriosita, senza annoiarmi. Io penso in urdu, ma per vicende personali anche l’italiano è ormai una lingua madre; alcuni anni fa, in Pakistan, in una sala molto simile partecipai ad una assemblea (semiclandestina) di Aurtein Hum, e forse anche per questo mi sentivo a mio agio. 

Emanuele Leonardi  ha aperto con una riflessione interessante, quella di legare il filone “operaista” italiano all’animato dibattito in corso oggi sul tema dello sviluppo, dell’ecologia, del clima. Il metodo di esame e di ricerca che ha contrassegnato, in modo davvero significativo, gli anni delle grandi contestazioni operaie e studentesche può trovare un necessario aggiornamento, senza negare oggettive carenze “storiche” nella comprensione puntuale del viaggio iniziato in quegli anni di lotta globale. Oggi, sostiene Leonardi, è ormai impossibile separare il conflitto sul reddito e sul comune da quello che investe l’esistenza, l’ambiente e il processo di estrazione del valore. Il filone “operaista” deve fare i conti con le nuove elaborazioni delle diverse componenti che caratterizzano il settore dell’ecologia politica.

Miriam Tola ha ricostruito l’esperienza femminista originaria, quella che sta a cavallo fra gli anni sessanta e settanta, soffermandosi sulle elaborazioni di Federici e Dalla Costa (meritava un doveroso cenno anche Selma James cui quel filone deve davvero molto, almeno alle origini). Certamente Federici ha poi allargato il tema, affrontando proprio nel suo insieme generale, la questione della riproduzione sociale. E qui si entra nel vivo del dibattito che investe il prossimo futuro, che si cala nel gran mare dell’Antropocene senza tralasciare alcun dilemma connesso. Con grande passione questa relazione ha posto la centralità della liberazione dentro un processo “decoloniale”, facendo proprie nel movimento di lotta tutte le specificità femminili. Ancora una volta si sottolinea il nesso indissolubile fra conflitto di liberazione dei corpi e conflitto per la liberazione dell’ambiente in cui i corpi si muovono e vivono.

Maurizio Lazzarato ha scosso l’uditorio (in una sala piena oltre il previsto) mettendo al centro della discussione l’urgenza e la necessità della rivoluzione. Venuta meno qualsiasi residua opzione riformista la scelta attuale del liberismo neocapitalista è quella violenta del fascismo, del razzismo, della discriminazione. Non si tratta naturalmente di fascismo in senso storico e tradizionale, ma di un uso consapevole, lucido, violento dell’apparato repressivo. La guerra, la corsa all’armamento e il rifiuto di ogni mediazione segnano, secondo Lazzarato, il tempo in cui ci troviamo ad esistere: il fascismo storico era continuazione della guerra globale, il nuovo fascismo si caratterizza per le modalità della guerra in seno alle popolazioni, e si tratta ormai di cyber-fascismo. Lo stesso sviluppo della scienza, della tecnica e perfino dell’informazione finisce con l’avere, come finalità principale la distruzione allo stesso modo della produzione; il conflitto ecologico non ha autonomia propria, è parte di questa guerra asimmetrica e globale. E questo perché il capitale fonda proprio sulla distruzione del pianeta il metodo di accumulazione. E’ una lettura certamente diversa da quella marxiana del general intellect.

Dallo schermo, ma ugualmente vivace, Stefania Barca ha posto con grande lucidità il tema dell’economia politica dal punto di vista femminile e femminista, visto anche come punto di partenza per una rivoluzione ecologica, per un ecofemminismo. E ci ha guidato nella sua elaborazione, nel suo narrare l’Antropocene in forma antipadronale. I limiti biofisici sono un terreno di scontro quasi ontologico, centrale diventa la lettura del rapporto fra limiti e benessere in ogni sfaccettatura della ri/produzione. Si tratta di un processo complesso, non lineare, in contrasto con l’ideologia di una crescita illimitata del PIL; le lotte sociali nell’era del cambiamento climatico non possono che poggiare su una necessaria visione intesezionale, e questa si pone come una prospettiva di ricerca e di azione.

Dopo un pranzo spartano ma gustoso (occasione per scambiare impressioni e opinioni) la sessione pomeridiana è stata aperta da Massimo De Angelis, a partire dal concetto di metabolismo sociale ripreso dal primo libro del Capitale marxiano (capitolo terzo). Ci ha sollecitato a considerare non solo un sostantivo al singolare (il comune) ma un insieme più ampio e plurale, i commons, da tradurre (anche) in modelli sociali alternativi. Connettere i principi di scienza naturale con le esigenze della scienza politica si pone come una sinergica mediazione fra società e natura, come una forma anche pratica di azione sinergica e resiliente dentro l’ecologia politica. In sostanza il metodo proposto da massimo De Angelis vuole essere un contributo concreto alle lotte per la riappropriazione del comune  e dell’ambiente.

L’ultima relazione, di Alice dal Gobbo, è una critica aperta e radicale ai principi di una modernità eurocentrica, e neocoloniale. I soggetti e le soggettività sono al centro, o, meglio, debbono conquistare centralità, cancellare la separazione politica fra una mente che pensa e un corpo che riproduce. Il soggetto centrale, nel mondo neocoloniale, è pur sempre un uomo bianco, eterosessuale, provvisto di reddito adeguato. I movimenti delle donne, dei poveri, dei colorati, dei diversi sono oggettivamente in/un conflitto. E l’ecologia politica, compresa la lotta per il clima e per l’ambiente in cui si vive, non può esimersi dall’affrontare il lato oscuro della modernità, la colonia in senso ampio. Fanon (autore ben presente nella elaborazione di Dal Gobbo) già nella prima pagina della sua opera più nota scriveva: la decolonizzazione che si propone di mutare l’ordine universale è come si vede un programma di disordine assoluto. E dunque il tema della decolonizzazione diventa decisivo anche per i movimenti di emancipazione, di opposizione alla distruzione ambientale, di resistenza al processo di modificazione climatica. Le soggettività si possono ricomporre solo decolonizzando l’ecologia, questa è la forma attuale della biopolitica.

La ricchezza del seminario sta, secondo me, proprio nella diversità di esame, nella varietà della ricerca. E ne abbiamo avuto un riscontro ascoltando le domande e gli interventi che hanno occupato una buona mezz’ora, al termine delle relazioni.

La giornata si è conclusa con una tavola rotonda dedicata alle concrete esperienze di conflitto contro la valorizzazione capitalista; partecipavano ben otto movimenti, con una grande articolazione di valutazioni e di resoconti, così fornendo i tasselli di un mosaico compiuto. Salvo Torre, che sa muoversi con destrezza nei diversi segmenti, ha diviso i tempi. Rispettando la volontà di chi ha partecipato (la volontà di evitare la personalizzazione e di privilegiare la rappresentazione collettiva) indicherò solo le sigle: i centri sociali milanesi Macao e Pianoterra (Offtopic), Ecologia Politica di Milano e Torino, il Comitato No Grandi Navi di Venezia, il Fridays for Future di Milano, la rete Globalproject.info.

Infine, ma non per importanza, l’inviata di Non Una di Meno-Terracorpiterritorispaziurbani. Segnaliamo la partecipazione per ricordare a tutte (e poi anche a tutti) la ormai prossima scadenza dei giorni 8 e 9 marzo. Effimera sostiene ovviamente, come sempre, l’iniziativa. E’ una scadenza di lotta internazionale, importante. Fra mille difficoltà intuibili anche in Pakistan ci saranno varie iniziative, il movimento cresce!

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