La ribellione di Rosarno mette a nudo
tutta la falsità delle politiche in tema di immigrazione e
costringe a guardare quello che già si poteva immaginare perché se
ne conoscevamo tutti gli elementi, ma che oggi più che mai non è
possibile nascondere.
Rosarno mostra infatti come, a dispetto
delle dichiarazioni del ministro Maroni, ,sia la stessa legge
sull’immigrazione a produrre sfruttamento, manodopera a bassissimo
costo, demolizione di ogni tipo di diritto. Lotta al clandestino e
via libera allo sfruttamento regalando così abbondante cibo alla
criminalità organizzata.
Rosarno ci mette inevitabilmente
davanti alla violenza strutturale di un mercato del lavoro selvaggio,
di un sistema economico mafioso fatto di una filiera agroalimentare
che premia chi specula e sfrutta. Se il prezzo delle arance è di 22
centesimi al chilo la manodopera a pochi euro l’ora è
indispensabile.
Ecco come la legge in tema di
immigrazione sostiene il mercato del lavoro ed oggi più che mai con
l’entrata in vigore del reato di clandestinità la produzione di
schiavi per legge non fa che aumentare.
L’irregolarità e di conseguenza il
lavoro nero non sono quindi effetti collaterali ma bensì
strutturali.
Rosarno non è un fenomeno isolato e
unico ma purtroppo ben rappresenta una faccia del paese in cui
viviamo e oggi di fronte alla crisi dilagante si svela in tutta la
sua crudeltà dove la risposta razzista fomentata da politiche di
odio fa da contorno oltre che aprire ampi spazi di gestione del
territorio alla criminalità organizzata.
Ben conosciamo lo sfruttamento della
manodopera migrante nei cantieri edili dell’Emilia rossa dove per
reggere gli appalti si risparmia sul materiale e sull’uomo, non
solo sulla sicurezza ma anche sulla sua paga. Quanti stanno ancora
aspettando di essere pagati per la prestazione lavorativa svolta?
Quanti sono stati ricattati perché senza permesso di soggiorno?
Quanti hanno subito delle minacce? Quanti appunto sono gli schiavi di
una legge ingiusta?
Ormai sono troppi, non casi isolati, e
facili da espellere quando non servono più, quando alzano la voce,
quando devono ricevere lo stipendio.
E chi pagherà il misero compenso ai
braccianti della Piana di Gioia Tauro dopo la pulizia etnica?
Abbiamo sostenuto e sosteniamo la lotta
di chi con coraggio ha deciso di uscire allo scoperto perché
sfruttato e sottopagato nei cantieri edili di Reggio Emilia e ci
sentiamo vicini ai migranti di Rosarno che nonostante tutto ci hanno
dimostrato come la ribellione sia possibile. Chiediamo che non
vengano deportati, rinchiusi nei CIE ma che sia riconosciuta loro la
protezione sociale perché vittime di sfruttamento.
Crediamo sia compito di tutte e tutti,
migranti e non, difendere i diritti negati ai migranti perché
significa lottare per i diritti di domani.
La ricattabilità nei
posti di lavoro a partire da chi un permesso di soggiorno non ce l’ha
ed è costretto ad alimentare le tasche dell’economia sommersa
lavorando sottopagato e sfruttato a chi deve rinnovare il permesso
di soggiorno ed accetta condizioni di lavoro svantaggiate, alle
diverse tipologie di contratto che pongono forme di stratificazione e
differenziazione all’interno del mondo lavoro non fanno altro che
regolamentare il mercato del lavoro riducendo in questo modo la sfera
complessiva dei diritti di tutti. È una battaglia di dignità umana,
di civiltà di riconoscimento di diritti per tutti perché non sarà
di certo la guerra fra poveri, alimentata dalle politiche di governo,
la fuoriuscita dalla crisi ma piuttosto una risposta collettiva che
parta innanzitutto dalla difesa della dignità.
È importante dare dei
segnali chiari e mobilitarsi anche a Reggio Emilia come in tante
città italiane per questo invitiamo tutti a partecipare al presidio
che si svolgerà sabato 16 gennaio alle ore 15 in piazza Prampolini
Associazione Città Migrante
Laboratorio aq16