Certe volte si è convinti che un tema che in un
territorio assume aspetti drammatici non possa mai finire relegato ai margini
dell'agenda politica. Ed un senso di amarezza e rabbia monta quando invece scopri
che il teatrino della politica, delle passeggiate telecomandate o dello strillo
a buon mercato, riesce ad ignorare le questioni vere come quella del biocidio
in Campania.
Renzi, Grillo e tutti gli altri partiti politici che sono venuti a fare
campagna elettorale per le elezioni europee in Campania, si sono ben guardati
dall'affrontare di petto la vicenda del biocidio e della terra dei fuochi.
Qualche battuta comoda, qualche slogan buttato qua e là, ma nulla di più. Il
dramma dell'inquinamento in Campania è esploso come questione nazionale poco
meno di 5 mesi fa, ed oggi viene relegato a questione marginale. Non ne parla
il presidente del consiglio che pure era arrivato in passerella a Napoli appena
eletto segretario dei democratici; ne parla in maniera disarticolata e senza
proposte concrete Beppe Grillo, nonostante la presenza nelle sue liste di
alcuni (per la verità pochi) attivisti di quel movimento; se ne guarda bene la
destra che sul tema ha armi spuntate ed è già stata inchiodata alle sue
responsabilità derivanti dalla gestione berlusconiana dell'emergenza rifiuti e
da un sostanziale immobilismo dei 4 anni di governo della giunta Caldoro in
Regione Campania.
Chissà forse la terra dei fuochi si è spenta? Forse tutto è stato risolto?
Il nuovo governo Renzi si era presentato nelle terre del biocidio campano, con
l'ennesima passerella di un Ministro nella chiesa di padre Maurizio
Patriciello. Da quel giorno il Ministro Galletti da queste parti non si è più
visto ne tantomeno il suo dicastero ha preso provvedimenti rilevanti sulla
questione.
I movimenti invece non sono rimasti a guardare.
Il fiume in piena delle mobilitazioni dello scorso autunno non è servito solo a
scuotere l'opinione pubblica nazionale rispetto al dramma della terra dei
fuochi, ma è servito soprattutto a quel tessuto di comitati, associazioni, reti
sociali che si impegnano da tempo sul proprio territorio, a comprendere che non
si è soli. Lo hanno detto i movimenti più volte: il problema dei veleni nel
nostro paese non è una questione circoscritta alla Campania ma è un dramma che
riguarda tutti i territori.
E cosi' in questi mesi abbiamo assistito a due fenomeni paralleli. Da un lato
in Campania il governo ci veniva a dire che solo il 2% dei terreni è inquinato
ed abbiamo assistito all'invio dell'esercito che ha svolto un monitoraggio che
poteva essere fatto forse in maniera anche più efficiente dalle forze di
prevenzione territoriali. In questo modo si è mortificata la straordinaria
mobilitazione popolare dell'autunno scorso, non solo non mettendo in campo
soluzioni efficaci ma ignorando le proposte dei comitati contro il biocidio.
Parallelamente nelle altre regioni del paese Stop Biocidio nasceva dappertutto!
Le lotte nel Lazio contro le discariche e contro l'acqua all'arsenico; quelle
in Abruzzo contro il disastro creato dalla Montedison di Bussi che ha
avvelenato la Val Pescara e contro le trivellazioni petrolifere; quella a
Taranto contro le discariche dei veleni e contro i fumi dell'Ilva; ed ancora la
lotta contro le grandi navi a Venezia e la battaglia contro il Pcb e le
nocività a Brescia. Il fiume in piena è arrivato in tutta Italia. In Campania i
comitati si sono assunti il compito di provare a mettere in rete queste
esperienze e costruire finalmente un network di realtà territoriali che si
battono contro il biocidio, un modo per intrecciare queste lotte ed imporre al
centro dell'agenda politica del governo nazionale i temi della lotta ai veleni,
delle bonifiche, della partecipazione dei comitati al risanamento dei territori.
Una rete nazionale che colleghi le battaglie dei singoli comitati contro il
biocidio.
Sullo sfondo la grande questione: chi decide sui territori?
Nel nostro paese probabilmente il ruolo dei comitati civici va ben oltre quello
delle singole vertenze o battaglie sociali che li caratterizzano. Oggi intorno
a questa forma di autorganizzazione dal basso, così lontano dal teatrino della
politica e così concreta rispetto alle degenerazioni astrattive di una certa
comunicazione strillata, rappresentano le nuove istituzioni democratiche sui
territori. I soli nodi capaci di raccogliere una domanda di partecipazione
politica ed unire alla concretezza delle vertenze territoriali la prospettiva
di un modello di sviluppo alternativo.
La giornata del 16 maggio, giornata di mobilitazione nazionale su tutti i
territori contro la devastazione ambientale ed in difesa del territorio, nasce
da queste istituzioni del comune.
I territori hanno provato a parlarsi attraverso il linguaggio delle lotte
sociali, attraverso la pratica delle denuncia e della individuazione precisa
dei responsabili dei disastri ambientali italiani.
In Campania 25 comuni si sono mobilitati tra gazebo, presidi ed azioni
culminate con l'occupazione del consiglio comunale di Napoli, a Pescara gli
attivisti sono andati alla sede centrale della Asl per accendere i riflettori
sull'avvelenamento dell'Abruzzo indicando in Medoil, Montedison e Terna i
responsabili della devastazione del territorio; a Roma Stop Biocidio ha fatto
visita all'ARPA Lazio ricordando che da oltre un decennio a Viterbo ed a Roma
Nord si beve acqua all'arsenico; infine in Puglia a Grottaglie gli attivisti
hanno messo in luce i disastri delle discariche della provincia di Taranto.
Tutto questo era stato anticipato dalla bella manifestazione di Brescia del 10
maggio scorso. Un percorso nuovo che finalmente mette in rete i territori e prova
a far convergere le esperienze delle comunità resistenti in lotta contro il
biocidio.
Mentre qualcuno vi verrà a raccontare di "stare sereni" e
qualcun'altro vi verrà a dire che "vincono loro", i comitati Stop Biocidio
ci raccontano di quella parte di paese irriducibile al teatrino della
politica dove il protagonismo popolare, senza delega e senza click, indica la
strada della trasformazione.
La giornata di mobilitazione contro la devastazione ambientale ha messo in connessione i territori attraverso il linguaggio delle lotte
Stop Biocidio nasce dappertutto
di Antonio Musella
16 / 5 / 2014