Riflessioni a Napoli e in Campania al tempo dei roghi.

Strade di Fuoco

di Serena Kaiser

28 / 9 / 2013

Questo documento contiene riflessioni politiche e dichiarazioni d’amore.

Un giorno ho pensato che sarebbe stato carino dare ad ogni cosa che scrivevo il titolo di un film, e quando mia madre è tornata a casa con alcune foto scattate a Marianella, il quartiere qui accanto a Chiaiano, mi sono messa a cercare titoli di film che contenessero la parola “fuoco”.

“Strade di Fuoco” è un film che parla di motociclisti, quindi il riferimento alle fiamme è puramente metaforico, ma mi sembrava un titolo adatto a quello che ho in mente di scrivere, a patto di eliminare la natura metaforica delle parole in questione.

Infatti, qui si tratta di fuoco vero, quello che ogni sera rende irrespirabile l’aria della zona a Nord di Napoli. Ormai i notiziari locali e nazionali sono pieni di notizie a riguardo: si parla di “Terra dei fuochi” riferendosi alla periferia e alla provincia a Nord di Napoli e a Sud di Caserta. Se ne parla adesso, e se n’è parlato ogni volta che un’opera inutile e nociva dovesse essere giustificata e promossa, sponsorizzata.

Così come sono state create ad arte tutte le “emergenze rifiuti” susseguitesi nei decenni, anche l’emergenza roghi ha tutto l’aspetto di una situazione fintamente ingestibile, contro cui si potrebbero dispiegare interventi di varia natura, che però vengono continuamente accantonati, e non per caso o per ingenuità istituzionale.

Se riusciamo da semplici cittadini, infatti, ad ottenere prove degli sversamenti ed un monitoraggio delle zone in cui viviamo, perché mai le istituzioni non sarebbero in grado di predisporre azioni di monitoraggio, prevenzione, sanzione, e quant’altro? Perché mai – se proprio vogliamo essere comprensivi – esse  non si appoggiano nemmeno ai cittadini, comitati ed associazioni che raccolgono per conto proprio dati e prove? Basta ormai fare un giro su internet per trovare foto, filmati e denunce di vario genere che, se presi seriamente in considerazione, potrebbero rappresentare un valido supporto per intervenire contro il fenomeno dei roghi e degli sversamenti abusivi.

Quanto ai mezzi di informazione, adesso sembrano stranamente interessati a quanto accade nel buio delle strade di provincia e di periferia. Sarà solo una inevitabile attenzione verso i dati inquietanti che emergono sulla diffusione dei tumori e delle malformazioni, oppure forse c’è dell’altro?

Io credo che entrambe le motivazioni funzionino da motore per accendere i riflettori sulla questione: da una parte, è diventato impossibile mascherare i dati epidemiologici, dati monchi e non raccolti con metodologie ufficiali che stabiliscano una connessione tra inquinamento e malattie (metodologie – come un registro tumori serio - che sarebbero più che doverose da parte della Sanità campana) , dati che non possono essere impugnati, ma pur sempre dati su cui la gente discute, ragiona, si organizza.

In qualche modo, quindi, se ne deve parlare anche in TV e sui giornali: se prima si poteva negare e occultare totalmente la questione, adesso si deve almeno dare l’impressione che chi conta non sia troppo distante da quello che la gente avverte e vive: se gli interramenti di rifiuti tossici erano e sono lontani dalla vista , i roghi si impongono con il loro fumo, con il fetore asfissiante che dall’asse mediano e dalle strade isolate si diffonde tutto intorno, e sarebbe quindi troppo spudorato ignorarli, quando facebook e i social network sono pieni di filmati amatoriali, di gruppi che discutono la questione confrontandosi e passandosi informazioni, indipendentemente dai TG.

Da una parte, dunque, c’è questo. Dall’altra, però, continua a persistere l’atteggiamento strategico di far parlare di un problema ambientale, per poi presentare un suo aggravamento come se ne fosse la soluzione: è stato così per tutte le emergenze rifiuti, che oltre ad essere create apposta erano anche “iper-raccontate”, al fine di rendere desiderabile la costruzione delle tante discariche, presentate come risolutive. E a Chiaiano ce lo ricordiamo benissimo, perché addirittura chi si opponeva alla costruzione della discarica veniva dipinto come responsabile dell’emergenza rifiuti, e si raccontava al resto della città che i cumuli di spazzatura non venivano rimossi perché i cittadini di Chiaiano non permettevano di costruire l’invaso. Nessuno che si chiedesse come una discarica da costruire con mesi di lavori potesse rappresentare l’uscita da un’emergenza che già esisteva nell’immediato, e che quindi non poteva in alcun modo riguardare un invaso ancora non allestito.

Adesso, differenti temi ma medesima strategia: c’è un mostro ben più spaventoso da vendere come panacea, ed è l’inceneritore progettato per Giugliano. Quindi, via libera all’informazione sui roghi, ancor più pericolosi dell’immondizia accumulata per strada e quindi forieri di giuste preoccupazioni, che però potrebbero far perdere di vista che l’inceneritore di “eco-balle” non è affatto la soluzione, semmai la prosecuzione dello stesso progetto criminale che comprende anche i roghi.

Mia madre, la stessa che ha scattato le foto a cui accennavo prima, guardando il TGR mi ha detto: “Ma se adesso fanno queste fotografie aeree con macchinari che permettono l’individuazione dei rifiuti tossici interrati, allora vuol dire che prima non volevano intervenire?”. Ha poi proseguito dicendo: “Quando sequestrano i beni della camorra, che è responsabile della devastazione ambientale campana, non potrebbero utilizzarne i proventi per finanziare delle bonifiche?”.

Ecco, io credo che il nocciolo della questione stia tutto in queste due domande, e non saprei davvero cosa aggiungervi per arricchirle, dato che secondo me centrano perfettamente due temi fondamentali per la risoluzione del problema: uno è la volontà politica di monitorare e fare uno screening per dare inizio ad un’indagine conoscitiva; l’altro è la volontà politica di destinare delle risorse, provenienti dallo stesso impero del male che ha distrutto la nostra regione, per intervenire in maniera quanto più risolutiva possibile. Ovviamente, questo non riguarda solo la terra in senso stretto, ma anche gli individui: è per questo che sarebbe auspicabile l’istituzione di un registro tumori fatto in maniera seria e non di facciata, per andare a stabilire le connessioni esistenti tra la presenza di rifiuti e l’insorgenza di malattie tumorali, al fine di utilizzare tali dati in tutela della salute pubblica. I fondi non ci sono? Usiamo, appunto, i grandi sequestri e le grandi confische per fare cassa utile a tali scopi.

Questo è l’unico modo in cui riesco ad immaginare un’anticamorra che non sia soltanto giustizialismo e santificazione dei magistrati; questo è l’unico modo in cui riesco a pensare che ci sia una forma di riappropriazione da parte della gente, attualmente espropriata anche del diritto alla salute.

Senza riappropriazione, l’anticamorra è solo spicciolo legalitarismo e grandi operazioni di facciata, con tanto di interviste, finte rivelazioni e best-sellers a firma dei pentiti. Di questo la gente non ha bisogno. Soprattutto, non è il rispetto delle leggi quello che ci importa, tanto più che per legge possono diventare legali le azioni più ingiuste e dannose: nel pieno rispetto della legge, sono state costruiti discariche, inceneritori, cementifici, impianti nocivi per il territorio e la salute, sono stati condannati uomini e donne che hanno la sola colpa di aver difeso la propria terra. In particolare, la legislazione d’urgenza ha prodotto moltissimi decreti, poi convertiti in legge, che con la scusa delle emergenze sono andati in deroga a diritti fondamentali. Non occorre che mi dilunghi su ciò che è accaduto in Campania e a L’Aquila tra il 2008 e il 2010 per trovare prove di ciò che dico, nel passato più vicino a noi.

Un altro tormentone molto in voga sono l’Unione Europea e le sue minacce di sanzione: ogni volta che uno scempio ambientale di proporzioni spaventose, come il suddetto inceneritore, si paventa all’orizzonte, spunta l’argomento UE e quell’altra forma di legalitarismo  che ci ammorba tutti, quello “sovranazionale”.  Improvvisamente, diventa disdicevole essere soggetti alle critiche del continente e alle sanzioni economiche da esse derivanti. E questo avviene solo a comando, quando serve che la tensione riguardo all’argomento aumenti esponenzialmente. Non ci si preoccupava quando un gruppo di europarlamentari venne a constatare di persona lo stato vergognoso in cui versano le discariche campane. Quando, con le mani tra i rifiuti, una di loro dimostrò che nella discarica di Terzigno entravano rifiuti non consoni ad essere destinati alle discariche di quel tipo.

Come sempre poi, le critiche vengono interpretate a proprio piacimento: l’Unione Europea ci sanziona o minaccia di sanzionarci perché sono state accumulate le famose “eco-balle”? Le istituzioni governative e locali, di tutta risposta, cercano soluzioni scellerate, come appunto quella di incenerirle. Ma vi pare plausibile che una cosa che già solo con la sua semplice esistenza minaccia la salute di un’intera regione possa mai diventare benefica se la bruciamo?

Questo discorso è valido per qualsiasi tipo di rifiuto, figuriamoci con quelle balle che di “eco” non hanno proprio nulla, dato che è noto che contengono addirittura rifiuti speciali industriali e di varia provenienza. In assoluto, non esiste nessun tipo di filtro che possa rendere innocuo un inceneritore, logicamente: perché il fumo resta fumo anche col filtro, la diossina resta diossina anche col filtro, le nano-particelle ridono allegramente dei filtri, le ceneri diventano rifiuti tossici e vanno messe in discariche speciali (ragion per cui l’inceneritore non elimina, ma aumenta la presenza di discariche, oltretutto speciali)…. Scusate, ma veramente pensano che nessuno sappia che bruciare significa questo, qualunque filtro si applichi? E veramente pensano che la gente si senta protetta dal fenomeno dei roghi perché qualcuno sta progettando di appiccare dei roghi legali, con tutte le carte in regola?

Al di là del fatto che, se anche l’UE dicesse che la soluzione al problema dei rifiuti è l’inceneritore, noi potremmo rispondere all’UE di informarsi meglio, il punto è che non è nemmeno vero che l’UE suggerisce la costruzione di inceneritori!!! In tutti i paesi europei più avanzati, la tecnologia degli inceneritori è considerata superata, e gli impianti di incenerimento che funzionano sono quelli che sono stati costruiti decenni fa. Non mi risulta che ci sia la folla attorno a progetti che prevedano la costruzione di nuovi inceneritori nelle tanto avanzate economie nord-europee, presentate come esempi del famoso “inceneritore al centro della città”. Che Vienna ce l’abbia, non significa che dobbiamo avercelo tutti, non significa che dobbiamo ignorare che oltre all’inceneritore hanno tanti tumori concentrati nella zona circostante, non significa che noi dobbiamo costruircene uno nel 2013, quando probabilmente gli austriaci staranno capendo che devono spegnere il loro, o comunque non investirebbero per farne uno in questo momento, quando è possibile investire in tecnologie meno costose e meno devastanti per l’ambiente e la salute.

Ma allora perché tanto accanimento su tecnologie così vetuste e costose, oltre che inquinanti? Semplice, per accaparrarsi incentivi statali tutti “Made in Italy” e far affidare gli appalti ai soliti imprenditori, che proprio per quegli incentivi sono motivati a continuare ad insistere su discariche ed inceneritori: se gli ormai famosi CIP 6, che tutti paghiamo sulla bolletta dell’Enel, non andassero a discariche ed inceneritori ma solo a trattamenti meccanici manuali ed altre tecnologie virtuose, tali imprenditori investirebbero in esse. Ironia della sorte, i CIP 6 vengono spiegati sulla bolletta come contributo per incentivare le “energie rinnovabili e assimilabili”… ecco, avete capito bene: la fregatura sta nella parola “assimilabili”, perché un piccolo asterisco rimanda ad una nota che chiarisce che discariche ed inceneritori fanno parte degli “assimilabili” alle energie rinnovabili. Si, è proprio così. Ed avviene solo in Italia, ma di sicuro in questo caso i nostri governanti non sono interessati a sapere che non esiste nessun paese oltre al nostro che finanzi con soldi pubblici la combustione di rifiuti, di carbone e di altre schifezze.

Come molto spesso accade, le mistificazioni funzionano a partire dalle parole: perché mai ci avrebbero insegnato che l’inceneritore si deve chiamare “termovalorizzatore”? Non c’è nemmeno bisogno di spiegare che, con le parole giuste, anche le leggi della fisica possono essere stravolte, che si può presentare la combustione, la cenere, il fumo e tutto il resto mascherandoli da calore che “valorizza”. E certo, perché poi produce corrente. Ma sarebbe simpatico informarsi su quanta ne consuma, e anche su quanta acqua gli occorre.

Una lunga storia che va dal 1992 ad oggi racconta quanto l’Italia non sia realmente interessata a compiacere l’Unione Europea. Infatti, il ’92 è l’anno in cui i CIP6 furono istituiti. Senza entrare troppo nei dettagli, si può ricordare che essi furono il frutto di un compromesso fra il governo Andreotti e le lobbies dell’energia, che riuscirono così ad evitare i costi di smaltimento dei pericolosi rifiuti prodotti nelle industrie, e addirittura a guadagnarci, prendendo gli incentivi ed accedendo alla possibilità di vendere l’energia ricavata ad un prezzo maggiorato, per evitare che il mercato favorisse troppo qualcuno e ne producesse il monopolio.

 L’assimilazione di tali rifiuti industriali alle fonti rinnovabili non è l’unica scandalosa realtà istituita dai CIP6, dato che essi riguardavano, appunto, anche la produzione di energia derivante dalla combustione dei rifiuti urbani, ovvero gli inceneritori.

A tal proposito, l’Italia non si è mai preoccupata di rispettare quello che le direttive europee stabilivano, e che fu addirittura recepito con delle norme nostre, cioè che l’energia derivante da rifiuto potesse riguardare solo la combustione della frazione organica e non del resto dei rifiuti. Gli inceneritori, dunque, secondo queste norme, non sarebbero stati e non sarebbero soggetti alla possibilità di ricevere tali incentivi, dato che non bruciano solo frazione organica e, anzi, hanno bisogno di una costante introduzione di plastica, ad esempio, per raggiungere determinate temperature necessarie al funzionamento ottimale dell’impianto.

Un taglio agli incentivi per gli inceneritori fu introdotto con la finanziaria del governo Prodi del 2008, che conteneva norme atte a limitare il conferimento degli incentivi solo a quegli impianti che bruciassero un’elevata quantità di rifiuto organico e una piccola quantità di rifiuti di diversa natura. Non che ci faccia piacere la combustione dell’organico (che per noi deve essere invece destinato al compostaggio), ma si trattava almeno di un passo avanti. Passo avanti vanificato dall’attuale Decreto del fare, il quale riporta la situazione indietro stabilendo, in un emendamento, che nelle zone considerate in emergenza, gli incentivi CIP6 possano essere estesi anche agli impianti che bruciano quantità piccole di organico e quantità elevate di altri materiali. Ecco spiegato perché l’inceneritore di Giugliano, destinato alla combustione di materiali che sono tutto tranne che organici (perché anche l’organico che c’era è ormai diventato FOS-Frazione Organica Stabilizzata), risulta ancora un affare d’oro per gli imprenditori.

Visto che le cose stanno così, per quale ragione non dovremmo opporci alla costruzione di tutti gli inceneritori, e di quello in particolare? Perché non dovremmo chiedere che gli investimenti vengano fatti in bonifiche e nel potenziamento delle strutture sanitarie, invece che in ulteriore devastazione?

Mi sono accorta che ho cominciato a scrivere al plurale, usando un “noi” che è ricco di una grande verità: le lotte contro il piano rifiuti in Campania hanno creato comunità, luoghi di incontro, relazioni… che a loro piaccia o no (e a loro non piace di sicuro!), hanno innescato delle scintille che hanno infiammato movimenti, collettivi, presidi, assemblee che praticano la democrazia dal basso. Quelle scintille siamo tutti noi, capaci di incendiare di passione le strade che attraversiamo: grazie a noi, a pensarci bene, le “strade di fuoco” non sono quelle dei roghi, ma quelle infiammate da un altro fuoco, quello dell’energia di chi ha deciso di non delegare ad altri il proprio futuro.