Sul caso Regeni c’è ancora poca luce

Un contributo del collettivo Li.S.C. di Venezia.

4 / 5 / 2021

Il 25 Gennaio, a cinque anni dalla scomparsa di Giulio Regeni, si è tenuta, sul canale Facebook di Storia di Ca’ Foscari, una maratona di voci per ricordare il ricercatore e porre l’attenzione sul fatto che Patrick Zaki, studente egiziano, sia ancora in carcere dopo un anno. Sulla sponda di questa iniziativa nata dal basso tramite l’impegno di ricercatori e ricercatrici, studentesse, studenti, docenti, ci siamo unitə all’appello di verità e giustizia per Giulio e libertà per Patrick.

Il 29 gennaio abbiamo infatti lanciato un appello, chiedendo una presa di posizione alla nostra Università: l'affissione del banner di Amnesty International che chiede verità e giustizia per Giulio e libertà per Patrick. Tale gesto non sarebbe soltanto simbolico ma anche un'imprescindibile forma di solidarietà attiva, da praticare con azioni concrete. Come studenti e studentesse, liberi e libere, riteniamo che l’affissione del banner sia infatti il primo, minimo, passo per una presa di posizione nell’ambito dei diritti umani e della salvaguardia del diritto allo studio, ovunque nel mondo.
Siamo altresì convinti che tale questione non si possa esaurire con una semplice affissione perché ne risulterebbe, agli occhi dei più attenti, un retorico “lavaggio di mani”, pratica diventata comune tra molte istituzioni nel nostro Paese.

Abbiamo chiesto, inoltre, il ripudio di ogni regime e autoritarismo, da attuarsi tramite una dichiarazione di distanza esplicita da tali sistemi, così come da chi li finanzia; le richieste di giustizia e libertà per Giulio e Patrick non possono correre parallele a partnership accademiche e conferenze con multinazionali come Eni o Leonardo, che intrattengono rapporti economici e commerciali con l’Egitto. Gli interessi strategici di Eni sono tra i motivi per cui i governi italiani ancora faticano a intraprendere provvedimenti efficaci verso la governance egiziana, mentre Leonardo è tra le principali fornitrici di armi dell'esercito egiziano, eppure sono in partnership con Ca’ Foscari da anni.

La non risposta dell’Università ci conferma infatti quello che da anni sosteniamo: le priorità di Ca' Foscari sono gli stessi interessi economici che spingono la volontà politica istituzionale a intrattenere relazioni con multinazionali che finanziano e forniscono armi a stati oppressori che si macchiano ogni giorno di violenti crimini. Da Eni alla Leonardo, da Benetton alla Turkish Airlines.

È notizia recente che un canale anonimo su YouTube abbia diffuso The Story of Regeni, una sorta di documentario che getterebbe ombre sul caso di Giulio, tentando chiaramente di depistare le indagini.

L’uscita del video non è affatto casuale: il documentario infamante è stato infatti diffuso alla vigilia del processo di Roma a carico degli agenti egiziani della National Security. La data del processo è emblematica e storica: per la prima volta in un’aula di truibunale italiana, e quindi europea, si discuteranno i metodi di controllo e oppressione dell’Egitto di Al-Sisi, parlando quindi della lunga lista di sparizioni, torture, omicidi e arresti, fra cui il caso Regeni e il più recente caso Zaki.

Dietro il video non c’è che la mano della miserabile dittatura di Al-Sisi, che tenta di mascherare violenze e menzogne infamando un ragazzo ucciso dallo Stato egiziano, dove Regeni viene infatti raffigurato come un sostenitore dei Fratelli Musulmani. Il documentario è semplicemente il tentativo di un dittatore di manipolare la verità e di infangare la memoria di Giulio, gettando ombre sulla Procura che giudicherà gli agenti egiziani per l’omicidio.

Il documentario, prodotto in arabo e sottotitolato in italiano, vede anche la partecipazione di alcuni italiani, tra cui l'ex consigliere militare del governo D'Alema, ovvero il generale Dino Tricarico e due ex ministri, Maurizio Gasparri ed Elisabetta Trenta. È proprio Gasparri che chiede nel video un'indagine parlamentare per la Procura di Roma, tentando chiaramente di infamare il luogo dove si svolgerà il processo.

Non stupisce certo la partecipazione di generali e politici, anche alla luce degli ultimi accordi sugli armamenti fra Italia ed Egitto, utilizzati per barattare la verità con un accordo economico. La credibilità del governo vacilla sempre più, poiché se da un lato chiede verità e giustizia per Giulio, dall’altra chiude gli occhi, e stringe accordi con un Paese che viola sistematicamente i diritti umani.

Crediamo che l’Università debba schierarsi, prendere parola e posizione, soprattutto nel momento in cui le istituzioni, quelle politiche in primo luogo ma non solo, sembrano confermare come le leggi di mercato valgano più della dignità umana, della libertà di ricerca e di divulgazione.

Come abbiamo scritto nell’appello per affiggere il banner nella sede centrale dell’università, lo scopo fondante dell’Ateneo dovrebbe essere aver cura dei saperi, costituire il luogo che mentre ne permette la formazione e ne assuma anche la tutela. Se lo Stato sceglie di intrattenere rapporti di mercato con l’Egitto, crediamo che l’Università dovrebbe con ancora più forza e maggior determinazione assumersi la responsabilità di prendere parola come istituzione, perché gli interessi economici non valgono più della libertà e del rispetto per la vita.

Crediamo in un'Università capace di essere baluardo di cultura e indipendenza, pronta a fare luce anche lì dove molti vorrebbero solo buio.

Oggi più che mai, siamo qui a ribadire: verità e giustizia per Giulio, libertà per Patrick!