Teatro Valle, domani scatta la tagliola

30 / 7 / 2014

 A sor­presa, ieri pome­rig­gio, il pre­si­dente del tea­tro di Roma Marino Sini­baldi ha preso la parola nell’assemblea con­vo­cata al tea­tro Valle con­tro la «tagliola» del 31 luglio. Per l’assessorato alla cul­tura di Roma Capi­tale e il tea­tro di Roma, domani gli occu­panti dovranno con­se­gnare le chiavi del tea­tro alla Soprin­ten­denza la quale pro­ce­derà ai lavori di restauro di cui, al momento, si igno­rano entità, tem­pi­stica ed economie.

Nella pro­po­sta di media­zione avan­zata dal tea­tro di Roma, e riba­dita ieri da Sini­baldi, al ter­mine di que­sti lavori la Soprin­ten­denza pas­serà la gestione pub­blica del Valle al tea­tro di Roma. Quest’ultimo dovrebbe col­la­bo­rare con la fon­da­zione «Tea­tro Valle Bene Comune» alla spe­ri­men­ta­zione di «forme nuove di pro­get­ta­zione, con­du­zione arti­stica e orga­niz­za­zione». Nel pac­chetto sarebbe com­preso il rico­no­sci­mento della fon­da­zione per «con­di­vi­dere tali attività».

Dal corag­gioso inter­vento di Sini­baldi nell’arena del Valle ieri è emerso che la «tagliola» cor­ri­sponde al ter­mine del man­dato con­ces­so­gli dal Comune per tro­vare una media­zione. «Dal 1 ago­sto non so cosa può acca­dere – ha detto – Mi hanno detto che entro que­sto ter­mine si deve tro­vare un accordo». «E poi, cosa acca­drà al tea­tro? Ci man­date man­ga­nelli e camio­nette?». La domanda è stata dura, ma spon­ta­nea, e ha inter­pre­tato l’angoscia pro­vo­cata dall’esca­la­tion di vio­lenza vista nella Capi­tale negli ultimi mesi con­tro i movi­menti della casa, l’Angelo Mai o il Vol­turno. Nel caso del Valle, diven­tato un sim­bolo inter­na­zio­nale, tale pos­si­bi­lità met­te­rebbe in dub­bio l’autorevolezza del tea­tro di Roma, get­tando un’ombra cupa e minac­ciosa sul Cam­pi­do­glio e sulla giunta di centro-sinistra.

Il peren­to­rio invito a lasciare il tea­tro («Non è un ulti­ma­tum» ha riba­dito ieri l’assessore alla cul­tura Gio­vanna Mari­nelli) è stato giu­di­cato «irra­gio­ne­vole e irri­ce­vi­bile» dagli occu­panti. Per loro il Cam­pi­do­glio sta usando il rico­no­sci­mento poli­tico dell’occupazione, cosa effet­ti­va­mente mai avve­nuta in tre anni, per ope­rare uno «sgom­bero dolce».

Annun­cia la sti­pula di una con­ven­zione con un sog­getto — la fon­da­zione — al quale il pre­fetto di Roma ha negato la per­so­na­lità giu­ri­dica. Uno spa­zio ancora occu­pato non può essere infatti la sede legale di una fon­da­zione. In più, l’accordo imma­gi­nato dal tea­tro di Roma ver­rebbe fir­mato con un sog­getto non ancora tito­lato a farlo e dun­que non avrebbe vali­dità.
«In que­ste con­di­zioni – affer­mano gli atti­vi­sti — il restauro e l’inagibilità saranno solo scuse per can­cel­lare la nostra espe­rienza». Ai loro occhi, que­ste ragioni ren­dono la media­zione del tea­tro di Roma «oscura e con­fusa». Si chiede infatti di con­se­gnare il tea­tro sulla parola, rin­viando a un «dopo» che potrebbe anche non arri­vare mai, la firma di una convenzione.

Al tea­tro di Roma, e all’assessorato, è stato chie­sto di risol­vere que­sta ambi­guità. La richie­sta è di inver­tire l’ordine logico: prima rico­no­scere la fon­da­zione, poi sti­lare un accordo. La Soprin­ten­denza valu­terà gli inter­venti da fare insieme ad un comi­tato di garanti pro­po­sto dal Valle e com­po­sto da Paolo Ber­dini, Tomaso Mon­ta­nari, Sal­va­tore Set­tis, Paolo Mad­da­lena, Ugo Mat­tei e dall’ex mini­stro della cul­tura Mas­simo Bray.

Su que­ste basi il Valle chiede un tavolo pub­blico che dovrebbe garan­tire una «fase di tran­si­zione», per­met­tendo alla fon­da­zione di strut­tu­rare la sua «lega­lità costi­tuente» e di uscire dall’occupazione. All’assessore Mari­nelli gli atti­vi­sti hanno chie­sto una dichia­ra­zione uffi­ciale con­tro l’eventualità dello sgom­bero con la forza pubblica.

Senza que­sto impe­gno, la «tagliola» del 31 luglio con­ti­nuerà ad essere intesa come «un ulti­ma­tum senza dia­logo». Un dia­logo che il tea­tro di Roma ritiene tut­ta­via con­cluso: «Il mio lavoro di media­zione ter­mina domani – ha con­fer­mato Sini­baldi – Il Valle ha otte­nuto il rico­no­sci­mento poli­tico della fon­da­zione e la valo­riz­za­zione cul­tu­rale di quanto acca­duto in tre anni».

Non ter­mina invece l’accerchiamento del Valle da parte dell’Agis e dell’Anec a nome dell’Opr, un’organizzazione che com­prende anche i sin­da­cati Slc-Cgil e Fistel-Cisl. Ieri hanno que­re­lato gli occu­panti e il Cam­pi­do­glio per «il danno pro­vo­cato alla col­let­ti­vità» chie­den­done il «seque­stro» per motivi di sicu­rezza. Una forma di pres­sione sul sin­daco Marino e sulla magi­stra­tura per acce­le­rare lo sgom­bero, pro­prio quando l’invocato per­corso pub­blico rischia di finire in un vicolo cieco.

Così si vuole tor­nare alla «lega­lità» a Roma. Lo ha riba­dito il sin­daco Marino che ieri ha incas­sato il con­senso della segre­te­ria del Pd Lazio. L’unico dis­senso in que­sto par­tito è di Ste­fano Pedica che ha denun­ciato lo «sfratto» del Valle negli stessi giorni in cui il Cam­pi­do­glio ha cam­biato la desti­na­zione d’uso dello sto­rico cinema Metro­po­li­tan in un cen­tro com­mer­ciale.
In un qua­dro dove la poli­tica isti­tu­zio­nale è schie­rata a falange a favore della nor­ma­liz­za­zione dell’esperienza del Valle, il capo­gruppo di Sel in Cam­pi­do­glio Gian­luca Peciola ritiene che ci siano «le con­di­zioni per un esito posi­tivo che sal­va­guardi l’esperienza di pro­du­zione arti­stica e cul­tu­rale e rico­no­sca la spe­ri­men­ta­zione della fon­da­zione in un rap­porto inno­va­tivo con le istituzioni.

Pur restando «dispo­ni­bili» al con­fronto, gli occu­panti hanno orga­niz­zato un pre­si­dio per­ma­nente al quale par­te­ci­pe­ranno cen­ti­naia di arti­sti e cit­ta­dini pro­ve­nienti da tutto il paese, non solo da Roma. «Faremo una resi­stenza crea­tiva, paci­fica e non vio­lenta – hanno detto — teniamo vivo il tea­tro affin­ché diventi insop­por­ta­bile anche la sola minac­cia da salotto a suon di man­ga­nelli e sgom­beri. Da qui non ci muo­viamo». Per loro «il pro­blema sta a monte e non al Valle».