Terni - Ombrelli, manganelli e la città dell'acciaio che fu

Riflessioni sulla carica della polizia contro gli operai dell'Ast e il sindaco della città

7 / 6 / 2013

Epilogo più triste non poteva avere una delle storie industriali più importanti del nostro Paese. L'Ast (Acciai Speciali Terni) sta per affrontare l'ennesimo cambio di proprietà (questa volta dirigendosi verso una multinazionale con sede in Francia) e soprattutto si appresta a vivere una nuova ristrutturazione di organico, che in soldoni significa tanti posti di lavoro che verranno sacrificati. 

Forse è davvero uno degli atti finali di un idillio, quello tra Terni e l'acciaio, cominciato negli anni Ottanta del XIX secolo, sull'onda della prima vera Ricoluzione Industriale italiana. Una storia lunga e travagliata che per i ternani si e' già pesantemente incrinata a partire dal 1997, quando la gloriosa viale Brin diventa poco più di una succursale del colosso tedesco ThyssenKrupp.

Tante sono state le manifestazioni che negli ultimi anni hanno tentato di impedire lo smantellamento dell'azienda, a testimonianza di un orgoglio operaio romantico e talvolta ostinato. Il più delle volte le mobilitazioni hanno toccato solo di strtiscio la stanca cronaca locale.

Ma il 5 giugno è accaduto qualcosa di incredibile, che ha portato alla ribalta nazionale l'ennesima manifestazione organizzata dai sindacati di categoria. Questa volta infatti a rimetterci letteralmente la testa è stato il sindaco di Terni, Leopoldo Di Girolamo, manganellato dalla polizia mentre si trovava a placare gli agenti in tenuta antisommossa “innervositi” dall’improvvisa deviazione del corteo sui binari ferroviari.

Ovviamente la notizia corre veloce ed in breve fa il giro del web e di tutte le reti televisive..

La faccenda è quantomeno curiosa perché per una volta non sono solo i soliti manifestanti a prendere le botte ed assume un carattere addirittura grottesco nel momento in cui la polizia si giustifica dicendo che sia stato un'ombrellata partita dalle retrovie a colpire il Primo cittadino.

Di certo questo piccolo “fuori programma”non cambia, né distoglie l’attenzione dalla dinamica principale: ci troviamo nuovamente di fronte ad un corteo composto da operai, cassaintegrati e disoccupati che viene caricato mentre protesta del tutto pacificamente per la salvaguardia della propria fabbrica. Ormai sembra quasi prassi regolare derubricade il dissenso sociale a mera questione di ordine pubblico.

Di Girolamo parla di “inadeguata gestione dell’ordine pubblico”, parole velate dall’incarico istituzionale che ricopre, ma che comunque non cambiano la sostanza delle cose: ancora una volta sono i manganelli a rendere ancora più disgustoso il già tanto amaro calice della crisi.

Ancora più beffardo appare il fatto che questo episodio sia accaduto nel medesimo giorno in cui gli agenti responsabili della morte di Stefano Cucchi vengono assolti in tribunale. Non è nel nostro stile, ma si rischia di acquisire davvero un senso di impotenza nell'assistere ai dispositivi della violenza di Stato che riescono sempre a chiudere il cerchio. Picchiano, uccidono, si assolvono: un cerchio tremendamente perfetto!

Il caso Terni però, proprio grazie alle modalità scombussolate e paradossali che lo hanno fatto diventare un cult mediatico, lascia il tempo per una riflessione in più. Se è vero infatti che le manganellate in questo caso sono arrivate come la livella di Totò, è vero anche che lo sdegno istituzionale per il malcapitato e coraggioso Di Girolamo ci piacerebbe venga espresso anche per le tante, troppe teste anonime che vengono 'spaccate' nelle piazze italiane. Perchè sono le teste di chi ha deciso con chiarezza da che parte stare e che con generosità lotta ogni giorno per i diritti, per la libertà, per una vita degna.

Gli scontri alla stazione di Terni