Tina

There Is No Alternative to Pomigliano?

21 / 6 / 2010

Il motto del pensiero unico neo-liberista (e di ogni falsa coscienza totalitaria), secondo Noam Chomsky, è TINA: there is no alternative. E’ quanto ripetono ossessivamente, in merito all’accordo di Pomigliano, Tito Boeri e l’inviato speciale UE in Birmania Fassino (quanti turni fa a settimana?), Veltroni (ma non doveva andare ad affliggere l’Africa?) ed Enrico Letta, Colaninno e Chiamparino, Repubblica e il Sole-24 ore, il giuslavorista Ichino e l’inquisito Cosentino.

Defilata, invece, la volpe del Tavoliere, D’Alema. Un coro più ossessivo delle vuvuzela, cui di fatto si accodano Epifani e Bersani, con l’accortezza di un pronunciamento equanime fra le ragioni dei contendenti che maschera maluccio l’assenza di coraggio decisionale, magari di una decisione sbagliata. Certo, tutti sospirano, come per gli “inevitabili “sacrifici” della manovra tremontiana. I più svegli (Boeri) ammettono pure che del ricatto Fiat non si può andare fieri, perché mette a nudo il nostro sistema arcaico di relazioni industriali, l’arretratezza meridionale, l’assenza di regole della contrattazione e della rappresentanza, sindacale, le infiltrazioni della camorra, ecc.

Con più pertinenza Luciano Gallino osserva che la Fiat, come e più delle altre aziende automobilistiche, deve fare i conti con un eccesso pauroso (oltre il 40%) di capacità produttiva rispetto all’assorbimento del mercato – ciò che rende socialmente folle la spremitura selvaggia degli operai di Pomigliano per fabbricare un sicuro invenduto– e che tale logica tenderà a diffondersi in tutti i settori manifatturieri, poiché anche i lavoratori non hanno alternative, stando sotto crisi e con la prospettiva di una ripresina jobless.

Il modello Pomigliano non ha un gran futuro riguardo quell’azienda, destinata comunque a disturbi ambientali esterni e a un’endemica conflittualità interna, non salverà magari neppure il settore automobilistico le cui prospettive sono nere su scala mondiale e ancor più in Italia, ma è suscettibile di applicazioni diffusive almeno per due aspetti.

Il primo, strettamente tecnico, è l’adozione intensiva del Word Class Manifacturing (WCM), produzione di qualità mondiale, ovvero un neo-taylorismo computerizzato che elimina i tempi morti e gli sprechi a livello di un’offerta flessibilizzata secondo le richieste del mercato –«con la metrica del lavoro si addestrano le persone affinché operino il più possibile come robot» (Gallino).

Insomma, come allineare ai paesi emergenti le prestazioni lavorative e i salari dei paesi maturi, a spese dei secondi e mettendo in conto le resistenze crescenti dei primi –un nuovo punto di equilibrio dinamico globale, giocando insieme in modo ricattatorio su de-localizzazione e ri-localizzazione (Tychy e Pomigliano, Cina e Vietnam, Romania e Slovacchia). Sbandierare i livelli cinesi agli occhi dei “cafoni” meridionali, sventolare la Panda di Pomigliano agli occhi a mandorla dei sempre più incazzati operai della Honda e della Foxconn!

Il secondo, a largo spettro, è l’introduzione del divieto di sciopero in deroga ai diritti civili e costituzionali. In pratica, la possibilità di licenziare (o di provarci) scavalcando le restrizioni (e gli indennizzi) di legge. Nel caso italiano, pareggiare le aziende sopra a quelle sotto i 15 dipendenti, senza adottare un modello unico di garanzia –altro che flexsecurity! Il respingimento nell’inferno della disoccupazione e di Gomorra equivale alla minaccia del rinvio in campagna in Cina. Le restrizioni al welfare introdotto dalla Finanziaria corrispondono al dosaggio del welfare per “obbedienti” che la dirigenza cinese comincia ad adottare per allargare il mercato interno senza allentare il controllo disciplinare.

La mancanza di alternative è dunque indotta sistemicamente dall’alto sul piano sociale, mentre la TINA intellettuale –il neo-liberismo come orizzonte invalicabile– rivela più prosaicamente la stupidità del ceto degli economisti, dei politici e dei giornalisti. Mancanza di fantasia è un eufemismo, servilismo pagato a pié di lista forse un’esagerazione, dato che la “sinistra” è così stupida da farlo gratis, con poche eccezioni. Basterà a uscire dalla crisi? Mi pare che la morsa fra accrescimento del debito sovrano, inesigibilità dei crediti bancari, indeterminabilità dei derivati in possesso di istituzioni ed enti locali sia toccata solo marginalmente dall’incremento locale dell’estorsione di plusvalore relativo (quello assoluto, per semplificare, va alla concorrenza dei paesi emergenti).

Che fare a Pomigliano? Le fiaccolate anti-Fiom sono annegate nella pioggia e nel ridicolo. Il tormentone delle sinistre è invece risaputo. Mi si nota di più se vado alla festa o se non ci vado? Voto o non voto al referendum e come? Il problema è un altro. Quale che sia la partecipazione e il risultato – tutto ciò conta poco o nulla, non impegna per il futuro.

Il patto stretto sotto pressione –oddio, ancora Spinoza?– salta, una volta venuta meno la costrizione, appena mi sono sottratto al coltello del brigante. Marchionne lo sa benissimo. E a chi voglia aggiungere un profumo morale ai rapporti di forza, ricordiamo che quanti raccomandano moderazione, responsabilità, sacrifici a lavoratori per una turnazione infame (con pausa refezione a fine turno, dopo otto ore senza toccare cibo), quei saggi e pensosi deputati e senatori lavorano mediamente, scandalizzando la stampa conservatrice tedesca, 16 ore (dico sedici) a settimana, con stipendi e pensioni d’oro, una buvette da favola a prezzi irrisori: pasticcio caldo di maccheroni € 1,50, caffè in tazzina griffata 0,42... Fermiamoci qui.

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