Tre anni dopo. Spopolamento e prospettive del cratere marchigiano

Un estratto della ricerca del T3 Research Group, a cura di Nico Bazzoli e Elisa Lello

31 / 10 / 2019

di T3 Research Group, a cura di Nico Bazzoli e Elisa Lello

Questo articolo è tratto da alcuni risultati preliminari del progetto Terre di ricerca – Un’indagine collaborativa sul cratere marchigiano portato avanti dal gruppo di ricerca T3 e dalla rete di attivisti e cittadini Terre in Moto Marche. Il contributo si pone in linea di continuità con la pubblicazione di alcune analisi sullo spopolamento delle Marche colpite dal sisma condotte lo scorso anno e intende fornire una fotografia aggiornata del fenomeno, collegandolo a ulteriori processi sociali ed economici che stanno interessando i territori dell’Appennino marchigiano.

Marche, 30.10.2019

Introduzione

Da qualche tempo la questione del calo demografico è tornata alla ribalta. Sempre più spesso si sente parlare dell’emigrazione e della natalità come problemi che hanno acquisito una dimensione strutturale, dei quali la politica e le istituzioni dovrebbero occuparsi con urgenza. Effettivamente, dopo quasi un secolo di crescita ininterrotta della popolazione, il nostro Paese è entrato in una parabola discendente, perdendo negli ultimi cinque anni più di 670.000 residenti. In un periodo tutto sommato modesto si è dissolta una quota di popolazione pari a quelle della Basilicata e della Valle d’Aosta sommate assieme. 

Si tratta di un fenomeno nuovo a livello nazionale e per questo suscita una certa attenzione mediatica sebbene non costituisca affatto una novità per la maggior parte dei territori italiani. Le aree interne e periferiche, infatti, sono sottoposte a processi di contrazione demografica da diversi decenni. Tuttavia, per lungo tempo non si è parlato della questione e solo recentemente il tema dei divari che separano queste aree da quelle più dinamiche e urbanizzate è balzato agli onori della cronaca. Un fatto quanto meno curioso, specie se consideriamo che i territori in contrazione – economica, demografica e sociale – occupano il 60% del belpaese, sono costituiti da oltre 4.000 comuni e ospitano 13 milioni di abitanti (il 22% del totale). Fatto sta che da alcuni anni si dibatte – forse non con la dovuta insistenza – delle polarizzazioni tra centro e periferia, delle disuguaglianze tra contesti in cui si concentrano ricchezza e opportunità e luoghi lasciati indietro dai processi di sviluppo e globalizzazione. Queste spaccature, spesso, si rilevano nelle divisioni tra urbano e rurale, tra Sud e Nord della penisola, così come tra aree montane e quanto si trova più a valle o lungo le fasce costiere. Come se oltre ai confini amministrativi vi fossero altre linee invisibili a suddividere l’Italia, capaci di tracciare i confini materiali e simbolici di vastissime zone in cui aleggia la percezione di non avere un roseo futuro. 

Ma cosa accade a queste aree marginali se vengono interessate da disastri? Quali processi si osservano, ad esempio, nei territori interni delle Marche colpiti dagli eventi sismici del 2016 e 2017? Queste e altre domande si collocano al centro del presente contributo con il quale si intendono illustrare le principali tendenze demografiche del cratere marchigiano, la loro relazione con il contesto della perenne emergenza post-sisma, fino a sviscerare una serie di dati relativi al mutamento delle condizioni economiche delle famiglie e alle opinioni della popolazione su temi quali la gestione della ricostruzione, le strategie di sviluppo in atto e le prospettive dei loro contesti di vita. Per farlo ci serviremo di diverse analisi effettuate su dati statistici e su dati rilevati tramite un questionario che ha coinvolto oltre mille abitanti ed ex-abitanti dei territori delle Marche colpiti dal sisma.

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