La provincia di Treviso, riferisce la Padania, sta istituendo un
albo delle badanti. Per accedervi bisognerà frequentare un corso in
cui, tra l'altro, è previsto l'insegnamento del dialetto. "Un modo -
assicura il presidente Leonardo Muraro - per far sì che la badante
tenga conto dello stile di vita dell'anziano, dei suoi usi e dei suoi
costumi".
La Marca trevigiana, sempre una punta più avanti
dell'Italia, alza ancora un po' l'asticella e impone all'immigrato un
impegno suppletivo: imparare, immaginiamo in cento ore, il veneto in
modo da "inserirsi nel contesto", sentirsi del contesto: i danè, lo
spriz...
La regola,
tenacemente federalista, semplifica o complica, questi sono punti di
vista, la linea d'azione che il governo - anch'esso federalista - aveva
già delineato. Corsi intensivi di italiano e classi separate per i
figli di immigrati, pugno di ferro per coloro che volessero ottenere la
cittadinanza senza conoscere la lingua nazionale, i principi generali,
i colori della bandiera.
Alle romene, alle moldave, alle africane il nord
est chiede qualcosa in più: non basta l'italiano, serve il dialetto e
il massimo della condivisione locale: a queste donne e uomini è
domandato di riconoscere il genius loci, acquisire in modo piuttosto
intensivo l'idea cardine di vita che indirizza la famiglia-tipo e le
regole elementari di una civile convivenza. La forchetta, e bisognerà
pure saperlo, lassù si chiama "el piron", la pentola "a tecia", la
sedia "a carega".. L'idea di fondo, con la costituzione dell'albo,
sembra essre la realizzazione di un nucleo territoriale di
extracomunitarie su base regionale, piuttosto definito e chiuso,
impermeabile e sorvegliato.
Il presidente della
Provincia di Treviso ritiene giusto infatti rendere "obbligatoria per
gli stranieri la conoscenza del dialetto". "Mi sembra, aggiunge Muraro,
una posizione del tutto logica e condivisibile".
Non si conosce se altre istituzioni locali
abbiano in animo di seguire l'esempio. E non è da escludere che albi e
corsi di integrazione territoriale vengano proposti e ideati anche
altrove. Moldavo-calabresi e moldavo-piemontesi, a ciascuna la sua
nonna a cui tenere compagnia, a ciascuna la sua forchetta e la sua
sedia, chiamandola come il luogo richiede più che come la lingua
italiana esige.
La Marca, provincia
ricca e laboriosa, area di capannoni e di lavoro, oggi seriamente in
difficoltà per la crisi internazionale, prova a fare un altro passo per
distinguersi dal resto del Paese. E la sua decisione segue di poche ore
la delibera, questa volta del consiglio provinciale di Vicenza, di
bloccare l'immissione in organico di dirigenti meridionali essendo
troppo sperequata, a discapito del Nord, il rapporto: troppi presidi
calabresi e troppo pochi quelli veneti. Sperequazione che trova motivo
nella magnanimità con cui il Sud abilita e gratifica.
E in effetti la prova del nove di un Meridione
piuttosto comprensivo la diede proprio il ministro della Pubblica
istruzione che, quando dovette scegliere la sede appropriata per
l'esame di abilitazione alla professione di avvocato decise di
abbandonare Brescia, la sua città, e chiedere ospitalità ai calabresi
di Catanzaro. Più rilassati, più disponibili, e, per l'appunto, più
ragionevoli.
Fonte: La Repubblica.it 30.07.09
Treviso, ecco l'albo delle badanti: "corsi di dialetto e usi locali".
31 / 7 / 2009