Treviso - La rabbia nei nostri corpi

2 / 11 / 2016

Pubblichiamo qui di seguito il comunicato di Casa dei Beni Comuni e del Cs Django rispetto alla notizia della condanna, arrivata stamattina, per aver manifestato contro i movimenti pro-life fuori dall'ospedale di Treviso.

Questa mattina presso il Tribunale di Treviso si è tenuto il processo contro una decina di attiviste e attivisti che i primi giorni di marzo 2014 avevano contestato la preghiera dei movimenti antiabortisti fuori dall’ospedale civile di Treviso.

L’ospedale di Treviso è uno dei pochi presidi ospedalieri che da sempre pratica le interruzioni di gravidanza grazie alla presenza di pochi medici non obiettori, uno dei pochi ospedali in Italia che tutti i lunedì mattina garantisce l’attuazione della legge 194. Proprio per questo motivo, da anni, i movimenti antiabortisti si radunano all’ingresso della struttura e inscenano delle preghiere “per le povere anime dei bambini mai nati per volontà di donne deprecabili”. Si tratta di una violenza inaudita e gratuita cui si espongono tutte quelle donne che hanno già vissuto un intervento difficile sia dal punto di vista psicologico che da quello umano. Quel giorno, dopo aver appreso della discussione in regione Veneto di una norma che consentiva l’accesso dei movimenti pro-life nei consultori pubblici e negli ospedali abbiamo deciso di organizzare un presidio. Uno striscione, un megafono e alcuni mazzetti di prezzemolo, nulla di più per manifestare contro la falsa morale di questi personaggi. Perché sono proprio loro a produrre violenza contro le donne, sono loro che impongono la cultura della famiglia tradizionale, invece di privilegiare quella basata sull’amore.

Oggi, giorno in cui si ricorda la memoria di Tina Anselmi, donna cattolica che da ministro della salute ha posto la sua firma alla legge 194; oggi dove l’indignazione è ancora alta nei confronti di quei medici obiettori che decidono di non intervenire sul corpo di una donna in gravidanza a tutela della vita che portava in grembo provocandone la morte (ospedale di Catania ottobre 2016); oggi in un’Europa e in un mondo dove le donne si stanno organizzando, scendendo in piazza e manifestando per difendere il proprio corpo e loro possibilità di decidere come in Polonia e in tutta l’America latina; oggi, a distanza di due anni, noi a Treviso siamo stati condannati per aver disturbato “una preghiera”.

Ovviamente non ci arrendiamo, anzi aumenta la rabbia nei nostri corpi, aumenta la rabbia per non voler subire delle condanne ingiuste perché, che sia chiaro, i veri disturbatori in tutta questa vicenda sono quelli che pretendono di decidere per noi, delle nostre vite e sulla nostra salute e per questo ci diamo appuntamento tutte e tutti a Roma il 26 e il 27 Novembre perché #cèchidiceno!