Più di 150 persone per le strade del centro cittadino alla "passeggiata della dignità" contro l'indecenza della sanatoria-truffa e le espulsioni.

Trieste - dignità in piazza contro la sanatoria truffa

La sanatoria è diventata una gigantesca trappola per migliaia di migranti che hanno disobbedito ai provvedimenti di espulsione. Oggi è stato il primo giorno della decenza e della dignità nelle strade della città, e tale sarà ogni venerdi fino a che rimmarrà questa vergogna.

9 / 4 / 2010

Oggi a Trieste più di 150 persone hanno dato vita ad un corteo dal basso per raccontare ad alta voce a tutta la città la vergogna della sanatoria-truffa.

Partendo da una delle piazze protagoniste del primo marzo, hanno attraversato il centro cittadino toccando il palazzo del Comune, la Questura, il teatro elegante della città e chiudendo con un assembramento davanti al palazzo del Governo.

È stata una risposta spontanea all'urgenza dettata dalle espulsioni a tradimento in corso, dalla copertura della circolare di polizia a copertura della torsione barbara che la Questura di Trieste ha imposto sulla legge dela sanatoria.

Un'urgenza di dignità, di cittadinanza, l'impellenza di non rifugiarsi semplicemente in petizioni on-line ma piuttosto di rivendicare con forza il desiderio di vita e di giustizia.

C'è una storia da raccontare, da gridare forte nelle piazze e agli angoli di ogni strada. Una storia di straordinaria indecenza che racconta di esseri umani che vengono deportati dopo essersi sostanzialmente autodenunciati, fidandosi di coloro che nella lettera delle leggi sembravano voler “regolarizzare” i migra nti "irregolari", restituendo loro un po' di quella piena cittadinanza che le burocrazie e le geografie del potere hanno loro negato.

Fidandosi in fondo di quegli stessi che hanno architettato una  legge sulle migrazioni che è fatta apposta per creare una classe di nuovi schiavi nascosti e   invisibili, una Rosarno in ogni città hanno pensato di fare un po' di cassa “regolarizzandone” una parte, ovvero i collaboratori domestici o coloro che assis tono anziani e malati (selvaggiamente dimenticati dal welfare e affidati ad un esercito sommerso di non-cittadini - mentre tanti che vengono stritolati nell'industria e nell'agricoltura, invece, devono restare schiavi).

Così, dopo che 154 milioni di euro sono entrati nelle casse, è scattata una trappola vergognosa: chi era stato scoperto “clandestino” e raggiunto da un provv edimento di espulsione e non se n'è andato non può essere regolarizzato ma deve essere preso, impacchettato, imprigionato in un CIE e rispedito nel paese di   origine. Perché è un criminale alla pari di trafficanti di droga, magnaccia, contrabbandieri di armi e simili.

Come se l'essere “clandestini” non fosse ovvio per chi chiede un permesso di soggiorno, come se non fosse ovvio scappare da un provvedimento di espulsione e spostarsi di quartiere, città, regione e continuare a sopravvivere vendendo la propria vita in un mercato fiorente che non aspetta altro.

Espulso, espulsa, anche se non ha commesso nessun reato (a parte quello abberrante di non avere un permesso di soggiorno), anche se ha un lavoro, una casa, una famiglia.
Anche se è nostro amico, fratello, sorella, vicina, anche se tante volte l'abbiamo incrociato per strada, guardato negli occhi, riconosciuto come uno di noi. Uno di quelli che il 1 marzo ha detto basta, basta, gli alieni siete voi, gli stranieri a ogni terra, a ogni umanità siete voi che vi inventate queste leggi. Siete voi i mostri che vivono fra noi, come sono gli amministratori del comune di Bologna che hanno deciso di non iscrivere agli asili nido i bambini irreg  olari.
Non noi. Noi siamo e restiamo esseri umani. Abbiamo il senso della giustizia, della fratellanza. Della decenza.

Magari ci viene anche dal fatto che sempre più anche noi stiamo scivolando al limite della cittadinanza invisibile, senza diritti, senza reddito, senza casa,   trattati come schiavi nella selva della precarietà. Capiamo al volo.

Comunque sia, nessuno deve aver paura di camminare per strada o di attendere a casa propria la polizia che viene perché si è autodenunciato pensando invece di tornare ad essere un cittadino.

Allora l'abbiamo urlato forte costruendo un nostro giorno della memoria, da ora fino a quando questa vergogna rimarrà. Un giorno per ricordare tutte queste i  ndecenze, ma ancora di più  per ricordarci del futuro possibile per tutte e per tutti.

Venerdi 9 aprile è stato il nostro primo giorno della memoria e tale sarà ogni venerdi.
 Perché non si può stare zitti, fermi e buoni di fronte ad essere umani che spariscono dalla sera alla mattina, come è già successo.

Contro questa “desàpariciòn” ci faremo vedere tutte e tutti, sempre, in città fino a ritrovarci tutte e tutti in Piazza Unità, dando finalmente un senso vivo   a questo toponimo.
Andremo camminando per le strade della città, domandando, cantando, raccontando la nostra normalità, rendondola ben visibile e sempre presente perché non sembri che la loro mostruosità sia normale per tutti. Venerdì dopo venerdì diventeremo centinaia, migliaia, camminando, cantando, raccontando, vivendo tutti insieme la nostra dignità caleidoscopica.