In questi giorni è uscito nelle sale cinematografiche il film "Diaz",
del regista Daniele Vicari, il racconto crudo e diretto di quella che
venne definita "la macelleria messicana", ovverosia la mattanza
operata nelle ultime ore del G8 di Genova del 2001 dalla Polizia di
Stato nei confronti di persone inermi, su cui calò la furia cieca,
bestiale e vendicativa degli uomini in divisa.
C’è un’altra immagine che, oggi, si associa idealmente a quelle tremende
e realistiche del film di Vicari. In questo caso si tratta di una
fortuita coincidenza, un’immagine rubata da un film maker che si trovava
a bordo di un aereo diretto a Tunisi: due cittadini tunisini
rimpatriati dalla polizia, relegati in fondo all’aereo, con la bocca
chiusa da nastro adesivo da pacchi e le mani legati da fascette di
plastica.
Questa fotografia, fatta di nascosto e pubblicata sulla pagina di un
famoso social network, ci racconta la prassi quotidiana e inumana a cui
vengono sottoposti uomini e donne respinti dall’Italia. Alle proteste
del viaggiatore per il trattamento riservato ai due tunisini, il
funzionario di polizia ha risposto candidamente che si trattava di una “normale operazione di polizia”. Tutto questo avveniva tra l’indifferenza generale degli altri viaggiatori.
L’assuefazione di fronte ad episodi simili è il sintomo
dell’imbarbarimento della nostra società, su cui si fonda la costante
impunità garantita a chi dovrebbe operare per il rispetto delle regole
di convivenza e dei basilari diritti umani. Il nostro è un paese che non
punisce gli autori di simili efferatezze, come le promozioni dei
funzionari di polizia responsabili della "macelleria messicana"
della Diaz insegnano. Il nostro è un paese che, per una precisa scelta
politica, non ha ancora recepito nel proprio ordinamento giuridico il
reato di tortura. Il nostro è un paese in cui forze politiche e governi
hanno costruito le loro fortune sulle politiche securitarie, sulla
costruzione di allarmi, paure, campagne emergenziali.
Non c’è da stupirsi allora se trattamenti inumani e degradanti vengono
definiti "normali". Come spiegava cinquant’anni fa Hannah Arendt, anche
quella che abbiamo oggi di fronte è la banalità del male, quella che si
insinua nelle menti e nelle coscienze, che si fa pratica quotidiana, che
non provoca repulsione o condanna, che alla fine crea i presupposti per
la perpetrazione continua di abusi nei confronti di chi si trova nei
gradini più bassi della scala sociale. Le immagini del film di Vicari, o
quelle rubate su quell’aereo diretto a Tunisi, sono la fotografia
oscena e veritiera di cosa è diventato oggi il nostro paese.
Dice Francesco Sperandeo sul suo profilo facebook:
"Guardate cosa è accaduto oggi sul volo Roma-Tunisi delle 9,20
ALITALIA. Due cittadini tunisini respinti dall’Italia e trattati in modo
disumano. Nastro marrone da pacchi attorno al viso per tappare la bocca
ai due e fascette in plastica per bloccare i polsi. Questa è la civiltà
e la democrazia europea. Ma la cosa più grave è stata che tutto è
accaduto nella totale indifferenza dei passeggeri e alla mia accesa
richiesta di trattare in modo umano i due mi è stato intimato in modo
arrogante di tornare al mio posto perché si trattava di una normale
operazione di polizia... Normale??? Sono riuscito comunque a rubate una
foto! Fate girare e denunciate!"