Che i giornali facciano politica, prima che informare, è cosa nota.
Ora però si è passato il segno, si è andati oltre il minimo sindacale di
deontologia professionale e dignità. Per chi come noi è stato in Val di
Susa domenica, la rassegna stampa del lunedì mattina, ancora ammaccati
intossicati e stremati da due notti perlopiù insonni, provoca conati di
vomito. Di fronte a tante balle, raccontate sapendo di mentire, è forse
utile ricapitolare un po' di fatti – questa vecchia categoria volentieri
buttata alle ortiche dalle belle penne strapagate.
Cominciamo dallo sgombero di lunedì. I bulldozer sfondano le barricate della Libera Repubblica della Maddalena, gli agenti sparano centinaia di lacrimogeni contro i valsusini in presidio, costringendo persone di ogni età alla fuga per i sentieri di montagna, inseguiti dai gas e dai manganelli. La risposta della valle è immediata: il giorno dopo in ventimila scendono a Susa in fiaccolata, e in assemblea viene lanciato un appello ad una manifestazione nazionale per riprendersi il presidio.
All'appello rispondono in tanti. Domenica da tutta Italia siamo
accorsi a Chiomonte, per unirci ai comitati che da anni portano avanti
la loro battaglia di resistenza e di democrazia, per affermare che sui
beni comuni non c'è spazio per alcuna speculazione, per liberare
nuovamente la Maddalena. Ci muoviamo in corteo da più punti, per
stringere d'assedio il cantiere, per tagliare le reti, per riprenderci
ciò che lo Stato ha sequestrato e regalato a ditte mafiose, una valle
meravigliosa da immolare agli déi della loro “modernizzazione”, fatta di
devastazione ambientale, militarizzazione, appalti torbidi, profitti
per pochi e austerity per la gente.
Ma quando arriviamo al
cantiere, scendendo dalla montagna, capiamo che gli ordini degli “eroi”
in divisa sono precisi: non far avvicinare nessuno, far male. Veniamo
bombardati di lacrimogeni al CS, arma chimica vietata dalle convenzioni
internazionali, sparati da subito ad altezza d'uomo. Quei candelotti
usati come proiettile possono uccidere. Sembra una guerra, è una guerra,
e non l'abbiamo voluta noi. L'ha voluta chi difende gli affaristi e
manganella chi lotta per i propri diritti, l'ha voluta chi non si fa
scrupolo di sfregiare un territorio in spregio di chi ci vive e di chi
lo ama, usando la parola “democrazia” per intendere solo l'interesse di
pochi.
Ma in ogni guerra c'è diritto alla resistenza. Siamo
arrivati con le mani nude e pulite, le abbiamo usate per raccogliere
quello che la montagna ci offriva per difenderci. Per ore abbiamo
resistito al lancio criminale di miglialia di candelotti, che hanno
colpito e rotto teste, costole, mani, gambe. Per ore abbiamo resistito
alle cariche, ai proiettili di gomma, ai lacrimogeni che toglievano il
respiro e provocavano il vomito. Chi è finito nelle mani delle forze
dell'ordine, è stato torturato, umiliato e picchiato per ore. E se
questo i giornali non ve lo dicono, andate in rete, cercate i video,
ascoltate le voci di chi era li, ascoltate le voci dei valsusini che non
si arrendono, la voce di Fabiano che non si fa intimorire e racconta.
Se poi vi dovesse capitare di ascoltare la voce di Maroni che invoca
l'accusa di tentato omicidio per i manifestati, chiedetevi chi sono i
veri criminali ed assassini.
E quando si torna a casa,
sopravvissuti alle botte e ai gas, tocca trovarsi di fronte ad un'altra
cortina fumogena, quella del fuoco di fila delle dichiarazioni dei
politici, delle ricostruzioni giornalistiche ricalcate sui bollettini di
questura. Ci si guarda l'un l'altro esterrefatti, e si ripensa agli
abitanti della valle che resistevano con noi, a quanti portavano
soccorso, ai cinquantenni che aiutavano a trasportare i feriti, alle
anziane che offrivano da mangiare mentre – coi segni della battaglia sui
corpi – facevamo ritorno, ai tanti che ringraziavano, che ci
sorridevano e ci davano passaggi, che stringevano mani e ripetevano che
“a sarà dura”.
E si ripensa alla dignità di questa valle che resiste, che di fronte all'occupazione militare del territorio e dell'ordine del discorso non si fa piegare. Chi cerca la verità della valle, la cerchi lontano da laRepubblica e dal Corriere, lontano da questi pennivendoli del potere, che dovrebbero sapere che le loro parole, le loro bugie, possono far più male delle pietre, che nella loro eco si sente già il tintinnare di manette. Forse lo sanno, ed è quello che vogliono. Quello che vogliamo noi è tutto un altro mondo.
Giacomo Salerno - UniCommon Roma