Una Bologna dalle risposte degne

Del perché Labás ed Atlantide fanno paura

16 / 10 / 2015

La città di Bologna è stata attraversata sabato scorso da un potente corteo in risposta allo sgombero di Atlantide; inoltre gli avvenimenti di ieri, ovvero lo sgombero di un'occupazione a scopo abitativo in via Solferino, con famiglie e bambini in mezzo alla strada, mettono davanti alla necessità di fare dei ragionamenti a livello più ampio.

Appare evidente che qualcosa sta succedendo a Bologna: l'impressione é quella di avere a che fare con una classe politica cristallizzata, ferma, che mal si contrappone alla liquidità, per dirla con un'espressione baumaniana, di realtà che come l'acqua sanno penetrare negli anfratti della città e si sono costruiti con il tempo credibilità e capacità di parlare a una popolazione sempre più nutrita di militanti, simpatizzanti, sostenitori, semplici cittadini che trovano risposte ai loro bisogni nella concretezza e nell'azione sul quotidiano che questi spazi, seppur nelle loro differenze, sanno offrire.

È quello che le atlantidee descrivono come “l'effetto farfalla”: un battito di ciglia di una manciata di froce a Porta Santo Stefano ha prodotto una crisi nella politica cittadina e un’ondata di solidarietà debordante, e ancora, nel comunicato di solidarietà verso lo sgombero di stamattina. A quelle famiglie, che spesso vengono strumentalmente contrapposte alle soggettività queer e alle realtà non convenzionali come la nostra, esprimiamo la nostra totale vicinanza e solidarietà.

Queste due frasi riassumono perfettamente la sensazione che ha invaso chiunque abbia partecipato al corteo lanciato da Atlantide sabato scorso: il clima che si respirava non era solo di resistenza, di rabbia, di profondo dispiacere per un'esperienza che molto ha ancora da dare; ma di condivisione e arricchimento reciproco nelle differenze: di un territorio, un quartiere, una lotta per cui molti sono stati i comunicati di solidarietà, uno letto su tutti dal camion del corteo: “non sono mai stato ad Atlantide ma oggi io, come molti altri, mi sento derubato”.

Questi ladri vanno fermati. Innanzitutto perché sono quelli che si riempiono la bocca e le tasche nel descrivere il fermento culturale della città e l'apertura ai “diversi”, con cui viene ricercato il dialogo a senso unico: si tratta, ma alle regole della campagna elettorale, dei piani di riqualificazione, delle colate di cemento.

Vanno fermati perché sgomberando e murando Atlantide, presentandosi con i manganelli dalle famiglie di via Solferino, danno un chiaro segnale: a chi non si omologa va chiusa la bocca. Froci sì, se consumatori e da esposizione. Lotta alla povertà sì, ma rispettando la legalità come prima cosa. Senza neanche chiedersi se questa corrisponda o meno con la giustizia.

A questi ladri di futuro, di idee, solidarietà e creatività altrui, queste realtà fanno paura. Perché parlano linguaggi nuovi e ampiamente comprensibili e condivisibili; si parte appunto dal linguaggio utilizzato: fresco, concreto, in grado di aprire mondi. Due manifestanti ricordavano i modi scherzosi pensati per definire i cordoni e il servizio d'ordine: il “servizio alla tranquillità” e la “passamaneria”. In questi piccoli dettagli ho ritrovato tutta la forza di chi usa le parole per disegnare un futuro tutto da inventare e contrappone la “fuxia primavera” alla neolingua del POC, “Piano operativo comunale rigenerazione patrimoni pubblici”: in poche parole soldi, soldi, soldi e ancora soldi per chi amministra, gli amici, e gli amici degli amici. Alla falsità di chi vuole dialogare con Labás, colpendone però le esperienze più vive, più importanti, come se 30 persone senza casa fossero danni collaterali di una guerra che l'amministrazione ha deciso di combattere contro chi si autodetermina.

Difficilmente le esperienze di Atlantide e #Ioccupo si fermano qui. Innanzitutto, perché questi sgomberi hanno provocato ondate di indignazione. La dignità passa per i corpi che resistono, siano essi bambini sulle macchinette a pedali o corpi non convenzionali e non ascrivibili in qualsivoglia categoria. Perché esperienze come quelle di Atlantide sono necessarie per interrogarsi sui linguaggi e sulle forme di oppressione e di conformismo che attraversano la società e quindi, volenti o nolenti, anche gli spazi sociali.

In un´Italia dove la questione gender solleva comitati di genitori ignoranti e inferociti, c'è bisogno di 10, 100, mille “lobby gay”; mille “froce si diventa”, per riappropriarsi e vivere non solo gli spazi vuoti e lasciati al degrado, ma anche i corpi, le relazioni, le parole che usiamo nella quotidianità.

Perché ogni spazio che viene tolto al potere deve essere godimento, riappropriazione.