le Fiamme Gialle hanno fatto visita anche i gruppi del PDL e del PD ma è dalla Lega Nord che si sono soffermati molto più a lungo, sequestrando documentazione in maniera più accurata e precisa

Veneto: BARUFFE LEGHISTE DI PALAZZO

Cosa si nasconde sotto il tappeto

1 / 2 / 2013

A rimettere sulla graticola mediatica le Lega Nord per l’uso improprio di denaro pubblico da parte di suoi rappresentanti nelle istituzioni regionali, dopo la deflagrazione degli scandali lombardi e nazionali, è stato in queste settimane proprio un “fedelissimo della prima ora”, Santino Bozza, il focloristico e alquanto rozzo consigliere regionale di Monselice (bassa padovana). E’ suo, infatti, l’esposto che ha fatto scattare la perquisizione della Guardia di Finanza negli uffici del gruppo consiliare della Lega Nord. Già che c’erano le Fiamme Gialle hanno fatto visita anche i gruppi del PDL e del PD ma è dalla Lega Nord che si sono soffermati molto più a lungo, sequestrando documentazione in maniera più accurata e precisa. Segno che erano in possesso di una “dritta” puntuale su che cosa cercare. Appunto grazie all’esposto del bossiano Bozza.

Secondo quanto riportato dalle cronache locali i bersagli principali dell’esposto sono state le spese dell’assessore regionale Maurizio Conte, esponente di punta dei “Barbari sognanti” maroniani padovani e dell’attuale Sindaco di Verona Flavio Tosi, grande stratega leghista e uomo forte del nuovo corso maroniano nel Veneto. Il “buon Santino” confessa che è stata la sua onestà, attributo che contraddistingue i veri leghisti, a spingerlo a questo passo, convinto che la chiarezza su queste cose non possa che far bene alla Lega Nord. In verità, proprio da una sua dichiarazione, si coglie che le motivazioni sono un po’ meno “nobili”.

Nel replicare a Luca Zaia che, nei giorni successivi alla perquisizione, invitava i leghisti contendenti ad una tregua per concentrarsi unitariamente nella campagna elettorale, il sanguigno leghista popolano bassaiolo rispondeva dalle pagine del “Il Mattino di Padova” del 31/01/2013 con questi argomenti: “Gli inviti a lavare a casa i panni sporchi, non li avevo letti in occasione del caso Bossi. Perché adesso le cose dovrebbero essere diverse?” e più oltre, a proposito delle elezioni “La legge elettorale non permette le preferenze ma almeno ci si poteva basare sull’esito del congresso regionale, […] la verità è che queste liste rappresentano solo una parte del nostro partito, e questo non si può accettare”.

Eccolo il punto: nonostante il 43% raccolto dai bossiani al congresso, Bozza accusa Tosi, Conte e i “barbari sognanti” di aver premiato nelle liste, salvo Massimo Bitonci capolista al Senato, quasi esclusivamente i propri sostenitori escludendo drasticamente la vecchia guardia. Detta “terra, terra” la messa in un angolo del buon Bozza e di qualche sua fidata amica non deve proprio essergli andata giù.

Se, però, spurghiamo le notizie su questo episodio dalle miserie personali, dal folclore e tentiamo di guardare un po’ più a fondo la vicenda mettendo da parte la questione della cattiva gestione del denaro pubblico da parte di rappresentanti istituzionali nell’ennesimo consiglio regionale, emerge prepotente la lotta di potere che sta attraversando la Lega Nord e, più in generale, il centro destra veneto.

Lo scontro nella Lega Nord veneta, oggi polarizzato tra bossiani e maroniani, è di antica data e molto più profondo e complesso. Già il caso del passaggio dell’ex assessore regionale alla sanità Sandro Sandri al gruppo misto in Regione segnalava la presenza di una serie di manovre in corso che avevano in Flavio Tosi il deus ex machina. La sanità veneta, da tempo in capo a quest’ultimo, veniva affidata al geometra Coletto, attuale assessore regionale, lasciando Sandri con le pive nel sacco: da qui i mal di pancia dello stesso che lo portavano a rimettere la tessera al partito e passare al gruppo misto. Ma non si trattava probabilmente solo di gradimento per questo piuttosto che per quest’altro amico leghista veronese, bensì di quell’insieme di vicende aggrovigliate attorno alla controversa candidatura di Tosi a sindaco di Verona, che fecero emergere la sostanza della “baruffa” con l’ancora comandante leghista in capo Bossi nelle operazioni di maquillage messe in campo da Tosi e dai suoi fedelissimi per andare oltre alla vecchia Lega bossiana. Una operazione che aveva al centro Tosi, il suo costante sdoganamento mediatico dal vecchio clichè razzista e xenofobo, per candidarsi a politico a tutto tondo, centrista conservatore ma dialogante, quasi europeista ma profondamente legato agli interessi della propria gente veneta. Poi tutto precipitò con lo scandalo che coinvolse tutta la dynasty bossiana e l’arrivo dei “barbari sognanti”. Per rimanere sotto traccia, non certo per scomparire visto che, nel frattempo, Tosi vinse le elezioni comunali a Verona.

La vicenda delle perquisizioni nel Gruppo consiliare della Lega Nord fa emergere ancor più lo scontro in atto. Da un lato il nuovo corso guidato da Maroni che scommette sulla vittoria alle regionali lombarde per chiudere la partita con i bossiani rilanciando il tema della macroregione del Nord a guida leghista, estremizzando ulteriormente i temi del secessionismo e dell’alterità dal resto dell’Italia, per tentare di riannodare interessi e clientele con il tessuto produttivo del Nord e, soprattutto, garantirsi una quota di voti che consenta alla Lega di reggere lo scontro nei prossimi anni. Dall’altro ci sono i cosiddetti bossiani, già sconfitti nei fatti, che tentano le ultime carte per ribaltare la situazione arrivando all’uso degli esposti ma anche a quello di una sorta di “desistenza elettorale” per risorgere da una sconfitta che potrebbe fargli comodo.

Ma non sono le sole questioni in campo queste. La vicenda da cui siamo partiti evidenzia anche lo scontro in Veneto nella Lega. Tosi non lo nasconde di puntare alla regione e più volte ha alluso ad un nuovo corso, ad una metamorfosi della Lega veneta sull’esempio della CDU tedesca. E cerca alleati in questo percorso mentre deve liberarsi della zavorra. Un progetto che non so quanto sia maturato nel partito padano fuori dai fedeli “gazebi” veronesi ma che dovrà fare i conti con il ritorno in campo del “comandante azzurro” Giancarlo Galan e del tessuto di relazioni e interessi che nelle tre legislature regionali si è costruito attorno, alimentandolo e favorendolo a più riprese. Il PDL infatti vuole cogliere nelle prossime elezioni l’occasione per ristabilire i rapporti di forza con la Lega e, soprattutto, tra Galan e Zaia. Non lo ha certo nascosto a Padova alla presentazione delle liste per Camera e Senato.

Intanto la regione patisce, come il resto del Paese, un impoverimento economico preoccupante, condizioni di vita e di lavoro sempre peggiori, un aumento della disoccupazione e, soprattutto, della precarietà, la riduzione dei servizi pubblici mentre l’assemblea legislativa regionale, dove molti dei protagonisti delle baruffe leghiste e degli scontri tra partiti per la leaderscip regionale siedono, vivacchia senza onori e con qualche macchia in più. Al punto che molti cominciano a pensare che se le province sono state ritenute enti inutili, che utilità ha un’ente regionale così amministrato se non per chi, come i consiglieri, si cuccavano sino a ieri 2.100 euro pubblici esentasse per non specificati rimborsi spese di cui non dovevano rendere alcun conto e continuano ad avere parte del compenso previsto, anch’esso, esentasse?

unknown