Venezia - Morosità colpevole

19 / 9 / 2014

Quando nel maggio scorso è stato varato il Decreto Lupi, il fondo per la “morosità incolpevole” è passato dai 20 ai 35 milioni di euro annui. Somma da capogiro, per un comune mortale, peccato che gli sfratti per morosità incolpevole (metà dei quali eseguiti ricorrendo all'uso della forza pubblica) siano stati più di 65mila nel solo 2013, ma la cifra è in continuo aumento. 

Dividere 35 milioni per 65 mila significa che ogni famiglia richiedente riceva all'incirca 45 euro al mese (il pensiero va immediatamente a quei famosi 80 euro in più nella busta paga). Non c'è bisogno di molti commenti, specie in una città come Venezia in cui un posto letto da studente fuori sede vale una media di 400 euro al mese ed il mercato degli affitti è entrato nella top ten dei più cari d'Europa. 

La verità poi è che la gran parte delle famiglie morose non riceve alcun contributo e che queste misure servono solo ad alimentare l'emergenza: non aprono a progetti ad ampio respiro di riqualificazione e riuso del patrimonio abitativo pubblico in abbandono o alla ristrutturazione delle case vuote e chiuse, ma stanziano fittizi contributi all'affitto, ottenendo solo il risultato di alimentare il mercato privato che, si capisce, porta ad un vortice di indigenza, precarietà e indebitamento per molti.

Lupi è stato molto più efficace, invece, nello spingere ulteriormente nell'illegalità e nella clandestinità decine di migliaia di persone che in tutta Italia hanno deciso di occupare un alloggio sfitto. Parliamo del famigerato “articolo 5” del piano casa che vieta agli occupanti l'allacciamento alle utenze di luce, acqua e gas, negando anche il diritto alla residenza e spingendo sull'acceleratore di sfratti e sgomberi forzati. 

Una duplice condizione che ha colpito anche la nostra città, Venezia.

Questa mattina infatti gli attivisti dell'Assemblea Sociale per la Casa hanno effettuato due presidi anti-sfratto contemporaneamente, in diverse zone della città.

Un presidio ha difeso 4 case popolari Ater (la nostrana azienda per l'edilizia residenziale pubblica) occupate da diversi anni, nel quartiere di Santa Marta. Case che erano chiuse ed abbandonate, come molte dell'Ater, non assegnabili per condizione e metratura, ed in cui gli inquilini hanno effettuato lavori di recupero, allacciato utenze ed iniziato una nuova vita.

L'altro presidio invece riguardava una donna che alloggia in un appartamento in affitto privato.

Un caso emblematico: ex-artigiana, per la precisione mascheraia, che con l'ondata di prodotti provenienti da multinazionali estere ha visto pian piano spegnersi i propri introiti fino a dover chiudere attanagliata dai debiti.

Dici crisi, debiti, insolvenza, rispondo Equitalia.

È così che una donna di neanche 60 anni con dei figli malati si vede tolto tutto. Non si riesce più a pagare la bolletta del gas e viene chiuso, non si riesce più a pagare l'affitto: sfratto per morosità.

Primo, secondo e siamo oggi al terzo accesso.

I percorsi provati sono i più conosciuti, dalla richiesta di contributo, a quella di alloggio, fino al contributo per deposito cauzionale verso privati, tutte fatte al Comune. Niente.

Continua la necessità di ricevere prestiti e continua la spirale dei debiti.

Oggi grazie alla presenza dell'ASC si è riusciti ad ottenere un rinvio di altri due mesi e “l'impegno” nel trovare una soluzione.

Ma quale è la soluzione che può prospettarsi ora in una città senza amministrazione, senza interlocutori politici, dove la Troika si è fatta persona nella figura del Commissario Governativo, nonché prefetto di Gorizia, Vittorio Zappalorto?

Non ha esitato infatti il Commissario ad applicare pesanti tagli a stipendi, welfare e servizi. Questo significa uno stop al contributo affitto ad esempio, oltre al taglio per i servizi sportivi ed educativi in città, e al taglio di più di 4 milioni sugli stipendi di quasi 3mila dipendenti comunali, con la previsione rispetto al 2014 di una riduzione dei trasferimenti statali del 52,7% (quasi 20 milioni di euro).

Nel quadro cittadino non si può non parlare dei centinaia di migliaia di euro stanziati ogni anno grazie alla Legge Speciale per la salvaguardia di Venezia e della sua laguna, salvaguardia che è “garantita” da un concessionario unico, il Consorzio Venezia Nuova.

Negli ultimi mesi si è parlato molto del CVN su testate locali, nazionali e internazionali per lo “scandalo MOSE”, l'affare di tangenti fra lobby affaristiche e politiche, vero sistema corruttivo, che parte da Venezia e arriva a Roma passando per le cosiddette coop rosse. I milioni di euro che dovevano servire per interventi sul fragile territorio lagunare hanno foraggiato i sistemi di corruzione sottesi alla realizzazione della Grande Opera Mose (grande, inutile e dannosa), milioni che vengono stanziati dallo stesso Ministero che si occupa della Casa, quello delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Siamo quindi in una città in cui vivere e lavorare diventa sempre più difficile, dove chi cerca soluzioni alternative trova chiusure e polizia, ma viviamo anche una città in cui le case ci sono, a migliaia, ma che vengono tenute chiuse o svendute. E ci sono pure i soldi, che vengono però dragati dalle tasche dei cittadini verso quelle delle lobby corruttive delle grandi opere e del turismo di massa. Va invertita la rotta, va chiuso il conto con chi ha saccheggiato le risorse della città restituendo dignità ai suoi cittadini.

Intanto oggi in strada non ci è finito nessuno, l'ASC si è rimessa in cammino ed i picchetti anti-sfratto continueranno finché ufficiali giudiziari ed emissari di equitalia non avranno più porte a cui bussare.