Venezia - No Pfas occupano le banchine del palazzo della Regione

L'iniziativa, fatta dalle Climate Defens Units, Greepeace e Mamme e Cittadini Attivi No Pfas, per pretendere la bonifica immediata delle aree contaminate e la chiusura della Miteni. La Regione Veneto si schiera dalla parte di chi inquina. Vergognose dichiarazioni di un consigliere leghista.

6 / 12 / 2017

Le Climate Defense Units, Greenpeace Italia ed un gruppo di “Mamme e cittadini attivi No Pfas hanno occupato questa mattina le banchine di Palazzo Ferrofini a Venezia, sede del Consiglio Regionale del Veneto. Alle 11 è iniziata una seduta del Consiglio e gli attivisti e le attiviste hanno ottenuto di poter intervenire. Le due richieste sono: la bonifica immediata dell’area contaminata dai Pfas e la “chiusura coordinata” della Miteni, la fabbrica maggiormente responsabile di questo disastro umano e ambientale in Veneto. Questa forma di chiusura prevede il sequestro della fabbrica e il ricollocamento e la garanzia di reddito per la forza lavoro attualmente impiegata.

Il testo del comunicato  congiunto

Situazioni gravi e complesse richiedono interventi rapidi ma, purtroppo, le tempistiche adottate dalle istituzioni coinvolte non coincidono con l’urgenza della situazione. La bonifica del sito della MITENI, l’azienda chimica che secondo le autorità locali è la principale fonte della contaminazione da PFAS è, infatti, lungi dall’essere avviata. Ad oggi siamo ancora in fase di caratterizzazione del sito. Se, come ribadito da numerosi credibili interlocutori siamo solo al 10% della caratterizzazione del sito, si dovesse procedere con le tempistiche attuali, ci vorranno ancora 36 anni per la sola caratterizzazione. Per migliaia di cittadini che subiscono quotidianamente le conseguenze dell’inquinamento sulla loro salute.

Tale lentezza è inaccettabile.

Con la deliberazione della Giunta Regionale n. 360 del 22 marzo 2017, relativa alla modifica del Piano di Tutela delle Acque, la Regione Veneto si è dotata di un importante provvedimento normativo che dà la possibilità di intervenire rapidamente sui «siti potenzialmente contaminati o contaminati, che abbiano generato o siano ancora in grado di generare, ovvero generino con continuità accertate situazioni di criticità relative alle acque utilizzate per l’approvvigionamento idropotabile». Ad oggi, tuttavia, a tale provvedimento non è seguita alcuna azione concreta nei confronti della MITENI, nonostante il decreto preveda di agire «nel più breve tempo possibile».

La Miteni sta ancora producendo.

 Ci sono dati analitici da parte della Regione Veneto, e del suo organo tecnico ARPAV, che evidenziano la non applicabilità di tale provvedimento nei confronti della MITENI? Perché la stessa azienda fa ricorso a Roma e bypassa il TAR e Venezia per quanto riguarda l’ingiunzione sui carotaggi? Chi avrà il coraggio e l’autorità di rilasciare nei prossimi giorni l’Autorizzazione Integrata Ambientale - AIA - a un’azienda che si prefigura essere la rovina ambientale del Veneto? Che ruolo ha e ha avuto fino al 2013 su questa autorizzazione e sui relativi controlli l’ARPAV, di fronte a una fabbrica sotto Direttiva Seveso? Perché la Regione non è chiara su queste questioni mentre la popolazione soffre?

Perché non si bonifica subito?!

La popolazione chiede a gran voce la “chiusura coordinata” della Miteni per eliminare l’errore storico di aver costruito una fabbrica del genere sopra una falda così importante per la vita di centinaia di migliaia di persone e per le conseguenze già evidenti dell’inquinamento che essa ha prodotto in 40 anni di storia. Una vergogna sociale ed etica per tutto il Veneto, agli occhi del mondo. Lo chiede per procedere alla bonifica, SUBITO, invocando un provvedimento cautelativo nei confronti della proprietà dell’azienda che dovrà pagare i costi della bonifica e i danni e invita la Regione a un tavolo coordinato che pensi al ricollocamento delle dipendenze nel tessuto lavorativo sano della zona e all’avvio di un progetto di nuova Miteni, dedito solo alla bonifica e alla ricerca ambientale. Che possa diventare esemplare in fatto di recupero dei disastri ambientali commessi dall’uomo. Un primo passo epocale. Un esempio per il futuro di queste terre e di altre terre gravemente inquinate in giro per il mondo. Un passo esemplare di cui il mondo del lavoro nel suo insieme, i sindacati stessi, deve prendere atto per metterlo al punto numero uno delle rispettive agende. Subito senza più perdere vergognosamente tempo nel mentre, ogni giorno che passa, sempre più cittadini del Veneto si trovano ad avere il sangue, loro, dei nostri figli, inequivocabilmente contaminato

Greenpeace,  Climate Defense Units, Mamme E Cittadini Attivi No Pfas

Dopo aver ottenuto la possibilità di intervenire il Consiglio, in seguito all'incontro con il presidente della Commissione Pfas, la delegazione ha deciso di abbandonare l'aula. «Prendiamo atto che la Regione non vuole ascoltare le ragioni della cittadinanza. Abbiamo aspettato più di un’ora, ma hanno fatto di tutto per non farci intervenire». Così dice Alberto Peruffo, del comitato No Pfas di Montecchio.

«L’Italia si indigna per i quattro skinhead di Como e non dice nulla per l’interruzione di un consiglio regionale».
Queste sono stare le vergognose dichiarazioni di Villanova, consigliere della Lega Nord, durante il Consiglio Regionale di oggi, rispetto all’iniziativa fatta da attivisti e cittadini No Pfas in Regione.
Oltre a mostrare complicità con chi inquina e devasta i territori la Lega continua a distinguersi per intolleranza e becera ignoranza

Pasquale, del Comitato No Pfas di Minerbe (VR), spiega le ragioni e le richieste della lotta contro l’inquinamento da Pfas in tutto il Veneto.

Per Marcellina, delle mamme No Pfas, è importante che la lotta si estenda anche ai comuni che ufficialmente sono esterni alla “zona rossa”

Per Marco, di Greenpeace Italia, è fondamentale che la questione dell’inquinamento da Pfas emerga in tutta la sua portata, anche su un piano nazionale

Enrico, delle Climate Defense Units, lancia gli “Stati Generali del movimento No Pfas” che si terranno venerdì 15 dicembre a Brendola, uno dei comuni più colpiti dall’avvelenamento