Venezia. Profughi libici in corteo per la dignità e la libertà

Oltre 200 migranti hanno manifestato davanti alla Prefettura: "il 28 febbraio scadono le convenzioni. Dove andremo? E come sono stati spesi i soldi pubblici destinati all'accoglienza?".

24 / 1 / 2013

Freedom. Libertà. Possiamo lanciare decine di appelli e buttare giù pagine su pagine di analisi ma la vera motivazione che spinto alla mobilitazione i profughi dalla Libia, che questo pomeriggio a Venezia hanno dato vita ad un colorato corteo, è rinchiusa tutta in questa parola: freedom. 

“Perché manifestate? E cosa chiedete all’Italia?” chiedeva dietro alla telecamera, in un cattivo inglese, l’operatore della Rai. E loro - che l’inglese lo parlano quasi tutti correttamente, così come altre due o tre lingue - rispondevano con una sola parola: libertà. Quella libertà che fa rima con dignità e che, come ha efficacemente spiegato l’amico Aladi, profugo proveniente dalla Nigeria, “non può esistere senza una casa, senza un lavoro... senza una prospettiva di futuro”.  Ed invece eccoli qua. a due anni dall’ennesima “emergenza” con la quale si continua ad affrontare in Italia come in Europa il problema della migrazione, come se il problema non fosse politico ma solo di ordine pubblico. Eccoli tutti qua senza casa, senza soldi, senza futuro. O meglio, con un futuro che assomiglia ad uno di quei buchi neri dello spazio profondo che inghiotte tutto e tutti, considerato che tra poco più di un mese, il 28 febbraio, scadranno le convenzioni con gli enti cui la prefettura ha dato l’incarico di provvedere la loro assistenza. L’accordo stipulato tra la Caritas e la Prefettura di Venezia, che non ha neppure preso in considerazione la proposta della Rete Tuttiidirittiumani e di altre associazioni cittadine che si erano offerte di occuparsi dell’accoglienza a titolo gratuito, ha fissato il contributo statale in 46 euro al giorno a profugo. Una cifra che al mese fa all’incirca lo stipendio medio di un professore. Mille trecento e rotti euro netti al mese che in tanti, qui, se li sognano di notte. Dove sono finiti quei soldi? hanno chiesto i migranti. Possibile che la Caritas non debba neppure produrre una rendicontazione su come è stato speso questo denaro pubblico? Anche se la convenzione - chissà come mai - non lo prevede, fare chiarezza sulle spese dovrebbe essere ugualmente un obbligo per una mera questione di trasparenza.

“Siamo persone e non siamo valigie - spiega un migrante -. Ci hanno tenuto parcheggiati per troppo tempo. Tra noi ci sono anche donne con bambini. Questa che ci è stata data non è accoglienza. Non possiamo andare avanti a permessi di soggiorno che scadono ogni due o tre mesi. E dove andremo dopo il 28 senza un soldo in tasca, senza prospettive e senza documenti? Vogliamo sapere quale sarà il nostro futuro. Ne abbiamo il diritto”. 

Tra le donne fuggite dalla guerra in Libia c’è una battagliera Blessing. Potremmo definirla una doppia profuga, considerato che era giunta a Tripoli per fuggire alla guerra che insanguinava il suo Paese d’origine. Blessing ha due bambini. Il secondo ha pochi mesi ed è nato in Italia eppure, per i motivi che sappiamo tutti, non può considerarsi italiano. Il bambino più grande ha sette anni e non può andare a scuola. “Mi hanno detto che non posso iscriverlo a scuola - spiega - e che devo attendere che la mia posizione venga definita. Ma che colpa ne ha mio figlio? E cosa aspettano a dirci cosa faranno di noi? Questa che loro chiamano accoglienza ha ottenuto solo di tenerci segregato dal resto della società. Non abbiamo neppure avuto la possibilità di cercarci un lavoro e di intessere relazioni sociali. Questa non è giustizia. Io voglio un futuro per me e per i miei bambini. Voglio dignità”.

Quella stessa dignità che reclamavano tutti gli striscioni che i circa 250 profughi dalla Libia - migranti di guerra provenienti da tanti Paesi come il Mali, la Nigeria, il Sudan - hanno portato per le calli di Venezia sino alla prefettura dove sono stati accolti da uno schieramento di poliziotti e di celerini francamente eccessivo per una manifestazione che certamente non si poteva definire a rischio di violenza. La tensione è comunque calata quando il prefetto ha accettato di ricevere una delegazione dei profughi. 

“Abbiamo assistito all’ennesima gestione emergenziale e ad un meccanismo forzato che ha prima costretto che ha prima costretto tutti i migranti provenienti dalla Libia a chiedere asilo politico per poi ricevere nella stragrande maggioranza dei casi un diniego - si legge nel documento diffuso dalla Rete Tuttidirittiumani -. Infine è stato loro concesso con colpevole ritardo (cioè solo adesso) un permesso umanitario in concomitanza con la scadenza del programma di accoglienza. Alla base di questo c’è stata una gestione che ha assunto in molti casi la forma di un vero e proprio business costruito sulle spalle dei migranti (così come dimostrato da diverse inchieste) con un'enorme discrepanza tra le grosse cifre investite - 46 euro al giorno a persona - e la bassissima qualità e disorganizzazione del sistema di accoglienza”.

Più o meno quello che, in un linguaggio meno forbito ma più diretto, ha scritto un profugo sul suo cartello: “Dove sono finiti questi soldi?”

Manifestazione profughi libici

Venezia-Manifestazione migranti dalla Libia