Venezia - Verso il 21 settembre, riprendiamoci la Laguna

19 / 9 / 2014

Il 21 settembre torna in acqua il movimento contro le Grandi Navi.

 Sarà una manifestazione gioiosa, colorata e rumorosa: un corteo di barche che da Punta della Dogana in Bacino San Marco percorreràinteramente il Canale della Giudecca -solitamente solcato dalle centinaia di tonnellate di acciaio dei “grattacieli galleggianti”- per poiproseguire, lungo il Canale Contorta­Sant'Angelo, nel cuore della Laguna Sud, e terminare all'isola di Sant'Angelo delle Polveri.

 Una manifestazione che punta a ribadire tutti i diversi NO per cui i cittadini veneziani sono da oltre due anni sul piede di guerra: dall'inquinamento atmosferico, causato dalle polveri sottili pari all'emissione di 14.000 automobili, all’inquinamento elettromagnetico provocato dai radar costantemente accesi; dall'erosione dei fondali, che avviene al loro passaggio, ai danni strutturali all'Urbis, che sonodovuti allo spostamento di enormi masse d'acqua che danneggiano rive, case e palazzi; per non dimenticarsi dell'incremento di una già sconsiderata pressione turistica sul tessuto socio-economico cittadino.

 Sono tanti i NO che hanno animato le numerose battaglie attraverso le quali i cittadini hanno tentato, in tutti i modi, di bloccare il passaggio delle Grandi Navi, partendo dalle petizioni e raccolte firme, ai banchetti e assemblee, fino ai blocchi navali con barche e corpi.

 Questi due anni di battaglie hanno permesso di far emergere una problematicità specifica di Venezia sul piano nazionale ed europeo.

Si è riusciti, inoltre, a catturare l'attenzione dell'amministrazione locale e del governo centrale, con la capacità ma anche il merito di aprire finalmente in città un ragionamento vero su tutte quelle alternative rispetto ad una portualità insostenibile che ha sempre agito come se fosse ineluttabile che il gigantismo navale debba soggiogare a sé tutta la Laguna e la città stessa (pur essendo evidenti tutte le contraddizioni, i trucchi, le trappole ed i ricatti, in primis quello occupazionale, che questo dibattito si porta dietro).

 La manifestazione di domenica si arricchisce di altre e fondamentali valenze.

 Lo scenario, attorno al quale si sono messi d'accordo il Ministro delle Infrastrutture Lupi, il Ministro dell'Ambiente Galletti e le lobby crocieristiche ­ raggruppati in questo caso attorno alla figura di Paolo Costa (ex Rettore di Ca' Foscari, ex Sindaco di Venezia, ex Ministro delle Infrastrutture e Trasporti, ex Commissario Governativo per la realizzazione della base NATO Dal Molin) ­, è tra i peggiori che ci potessimo aspettare e potrebbe causare il colpo di grazia per la Laguna veneta, che è già resa debole da cinquant'anni di politiche di sviluppo insostenibili e azzardate.

Lo scavo del canale Contorta Sant'Angelo, una vera e propria grande opera, costerà 150 milioni di euro.

 Soldi Pubblici.

 E quando Paolo Costa parla di “ricalibrare” il canale Contorta, ora già esistente e profondo meno di 2 metri e largo circa 4, in realtà è solo un modo per rendere meno evidente il tipo di operazione invasiva e distruttiva che si andrebbe a fare: ossia uno scavo che lo porterebbe ad avere 10,5 metri di profondità e una larghezza di circa 200. Come “ricalibrare” un sentiero di montagna in un'autostrada!

Le conseguenti erosioni dei fondali e il collegamento diretto tra il Canale dei Petroli e il cuore del Centro Storico di Venezia, renderebbero la Laguna un vero e proprio braccio di mare consegnando una città sempre più vulnerabile alle ondate di marea.

 Noi non potremo mai permetterlo, e ci giocheremo tutto, se necessario, per fermare questa ennesima aggressione, perché sappiamo che Venezia non esisterebbe separandola dalla sua Laguna o con una Laguna degradata.

Sappiamo anche che la singolare e moderna condizione della città è sempre stata quella di avere davanti a sé un futuro incerto e denso di pericoli, che però non proviene da un fato ineluttabile, o da imprevedibili catastrofi, piuttosto le minacce per Venezia avanzano con l'evoluzione delle condizioni presenti: sono fenomeni progressivi ed osservabili e sono sempre legate all'intervento o al mancato intervento dell'uomo.

 La questione della salvaguardia ambientale e fisica della città e della Laguna è strettamente collegata ad un nodo oramai ineludibile a cui siamo giunti, un nodo che ci parla della democrazia, di una comunità locale espropriata dalla propria sovranità, dalla possibilità di decidere sul proprio sviluppo, perché attorno a questa questione del Contorta si stanno riproponendo gli stessi meccanismi e vizi del MoSE.

 Per quanto riguarda Venezia questa discussione parte almeno dal 1966, quando il 3 novembre la mareggiata sbreccia le difese a mare e travolge Pellestrina e Sant'Erasmo con la conseguente distruzione di tutto il primo piano della città. Tutta la regione era sconvolta dalle piene dei fiumi che scendevano tumultuosamente a valle dalle montagne disboscate e manomesse, rompendo argini da tempo non più mantenuti.

 Riconoscendo nel dissesto idro­morfologico della Laguna la vera causa del disastro, la mobilitazione nazionale e locale impone al governo la prima scelta controcorrente del secolo: la Legge Speciale per Venezia la n.171 dell'aprile del 1973, importante dal punto di vista dei principi per la “tutela dell'equilibrio idraulico impossibile compromettere il mantenimento dell'unità e della continuità fisica della laguna”; una legge però sostanzialmente accentratrice poiché attribuisce ogni competenza di intervento allo Stato che deve però operare secondo i principi di “gradualità, sperimentabilità e reversibilità”.

 Si denota dentro questa prima legge speciale la visione sistemica, d'insieme, della Laguna come un corpo vivo e complesso, in cui gli interventi avrebbero dovuto agire come agevolazione della capacità dell'ecosistema lagunare di autoregolarsi ed autoriprodursi.

Inutile dire che di questo primo impianto normativo vengono elusi tutti i principi, mantenendo solo l'accentramento decisionale.

 Già corretta dagli indirizzi del 1975, che impongono alla comunità scientifica la scelta politica di chiusure mobili alle bocche di porto (MoSE), in modo da non “turbare la funzionalità del sistema portuale”, ma anche per rendere più celere il passaggio alla fase operativa che il cosiddetto “partito del fare” -il cui campione era il leader del PSI veneziano Gianni De Michelis- si adopera per la creazione di un Consorzio, il Venezia Nuova a cui progressivamente, dalla seconda legge speciale del 1984 alla Legge Obiettivo del 2001, viene affidato il ruolo di monopolista assoluto per quanto riguarda ricerca progettazione e realizzazione degli interventi in Laguna.

Verso questo pool di imprese costruttrici private sono stati dragati tutti i flussi di risorse che queste leggi comunque garantiscono, risorse originariamente destinate invece alla rivitalizzazione socio economica della città.

 Abbiamo quindi due poteri forti, estranei, che determinano la vita e le scelte in città: da una parte lo Stato, ovvero il Ministero dei Trasporti con i suoi bracci operativi identificati in Magistrato alle acque e Porto di Venezia -che governano parte del nostro territorio- in contrasto con il Comune e la città; dall’altra il CVN che sceglie cosa fare con i nostri soldi, e parliamo di decine di miliardi.

È questa aberrazione della concessione unica la vera madre del sistema corruttivo venuto alla luce negli ultimi mesi grazie alle inchieste giudiziarie che ha inquinato la vita politica, culturale, economica della città e di tutta la regione.

 Un sistema che i movimenti ed i comitati denunciano da oltre dieci anni accumulando condanne e processi e con cui la Città deve chiudere il conto. È giunto il momento in cui chi ha saccheggiato le risorse di Venezia restituisca il maltolto, perché i miliardi finiti in corruzione in questi anni sono soldi nostri, soldi che ci sono stati rubati per distruggere la Laguna, ma che dovevano servire ad esempio per i contributi agli affitti, per il restauro delle case, per i servizi, il welfare, le scuole, gli asili, l'assistenza agli anziani, ai disabili.

 Il Contorta, come il MoSE, è stato deciso a Roma, senza la città, approfittando del vuoto politico ed amministrativo con un commissario che al “comitatone” di ferragosto ha (candidamente) dichiarato “vado, anche se di Laguna non ci capisco un cazzo”. Il Contorta, come il MoSE, serve solo a piegare una città a interessi privati, privatissimi, da pagare invece con il sangue ed il sudore dei cittadini. Il Contorta, come il MoSE, distruggerà, forse definitivamente, quello che rimane dell'equilibrio idro­morfologico della nostra Laguna.

 La manifestazione del 21 quindi non parla “solo” di grandi navi, di San Marco e della cartolina di Venezia rovinata dalle fiancate dei “bisonti del mare”. Le barche che salperanno alle 14:30 da Punta della Dogana parleranno di una comunità che vuole prendersi cura del proprio modello di sviluppo, del proprio ecosistema. Parleranno di democrazia e di sovranità.