Vicenza - Parco subito!

Bloccare l'eliporto consegnare subito il parco della Pace alla città

12 / 6 / 2010

Un anno dopo l’avvio dei lavori all’interno del Dal Molin, è già chiaro lo scempio ambientale provocato dalla nuova base statunitense: basta gettare lo sguardo al di là dei reticolati e osservare gli alti palazzoni che crescono per capire che un ecosistema delicato e vitale viene compromesso da colate di cemento e piazze d’asfalto. E’ sufficiente pensare che, sotto quei grandi piloni che sorreggeranno centri di comando e deposizioni per armi e munizionamenti, scorre la più grande falda acquifera del nord Italia per intuire che quest’ultima subirà il peso dell’ingombrante presenza statunitense.Il cantiere in avanzamento ci dice due cose; da una parte, che la democrazia è stata calpestata e che, di fronte alle decine di migliaia di vicentini che si sono mobilitati, i governi hanno che si sono susseguiti a Roma hanno scelto la strada dell’imposizione. D’altra parte, però, ci ricorda l’indispensabile ruolo dei cittadini chiamati, ancora una volta, a difendere il proprio territorio e porre un argine alla voracità di coloro che vorrebbero trasformare Vicenza in una grande caserma militare.Nei progetti statunitensi, infatti, non è finita qui; da sempre essi pongono il limite delle proprie recinzioni su strada S. Antonino, inglobando così anche il lato est del Dal Molin.

E, per ottenere questo risultato, ci sono alcune opzioni percorribili; una è quella di Esperia Aviation Sevice, azienda elicotteristica romana che si è messa in testa di costruire un eliporto laddove i vicentini vorrebbero un parco. Non bisogna essere un falco per vedere cosa c’è dietro quest’operazione che promette profitti all’Esperia in cambio di voli militari: o, forse, i vicentini andranno in villeggiatura con l’elicottero? Ecco perché la realizzazione del Parco della Pace diventa un elemento centrale per difendere Vicenza da un’ulteriore militarizzazione; del resto, la storia della presenza militare statunitense in città ci parla di continui allargamenti, con le recinzioni della Ederle che, via via, hanno inglobato nuovi terreni e palazzine un tempo civili.Il Parco della Pace, peraltro, ha la capacità di unire tra loro due temi importanti: quello della difesa della città e del suo diritto di decidere che farne di quel pezzo di terra e quello di monitorare e sorvegliare i danni prodotti dalla costruenda base statunitense. Quale luogo migliore, infatti, per segnare un’inversione di tendenza e porre dei limiti precisi alla militarizzazione della città? E quale territorio migliore per verificare lo stato di salute della falda e dell’ecosistema, se non il lato est del Dal Molin?Impedire l’eliporto e costruire il Parco della Pace, dunque, rappresenta per Vicenza un passaggio fondamentale per provare a costruire il proprio futuro nonostante l’occupazione di una parte del suo territorio. Ma, ancora una volta, non sarà sufficiente un ordine del giorno del consiglio comunale per garantire questo risultato; recenti indiscrezioni, infatti, parlano di un imminente arrivo degli elicotteri di Esperia, nonostante la volontà della città espressa anche dal suo governo municipale.

Difesa dell’acqua e costruzione del Parco della Pace rappresentano due nodi fondamentali per continuare a pensare una città diversa da quella che tentano di imporci; e per continuare a pensare che partecipazione e democrazia, prima o poi, avranno la meglio su arroganza e sopraffazione.