Vik e la libertà - Per noi e per il mondo a venire, per ricordare Vittorio Arrigoni

Considerazioni sui fatti: trovare le parole per la rabbia e il ricordo, la lotta e la memoria

15 / 4 / 2011

Vittorio non era un eroe, ma un uomo, nel miglior senso della parola, con tutti i difetti e i pregi di un uomo. Un compagno, un attivista, un pacifista, che ci ha insegnato cos'è il coraggio di restare umani.

"Non ti ho conosciuto Vik, ma ti ho letto e ti ho ascoltato, a me e a tanti altri rimangono tante impressioni, tante parole, tanto coraggio e anche un pò di paura. Umana, di cui non bisogna vergognarsi, perchè assieme, in tanti, si può superare la paura senza sogni di vano eroismo, ma con dignità, facendo i conti con il dolore che ognuno di noi oggi prova. Vengono in mente tante riflessioni, le tue telefonate e i tuoi articoli su blog guerrillaradio durante l'operazione Piombo Fuso, le parole con cui abbiamo tappezzato la facoltà di Lettere alla Sapienza per denunciare quella guerra, uguale a tutte le altre, infami, guerre. Raccontavi i missili che ti cadevano a pochi metri di distanza, massacrando i palestinesi. Ricordo la tua voce  quella voce ferma che scansava i missili israeliani, con l'umiltà di una voce che non era sola perchè in tanti siamo stati con te, nelle piazze contro la guerra e sulla Freedom Flotilla, nelle carovane in Palestina e nella cooperazione dal basso, una voce che fermava gli altri missili, che in fondo non fanno meno male: quelli dell'informazione pilotata, pronta all'uso e al consumo dei governi complici dell'apartheid, alle industrie di armi e alle lobby guerrafondaie"

Ma più di tutti mi viene in mente quella sua capacità di essere, e di invitarci ad essere, ancora umani. Nonostante la brutalità della guerra, le ingiustizie, la rabbia. Umani vuol dire essere di parte, attivi, solidali, coraggiosi, nel ricercare una dignità collettiva nelle relazioni e nelle parole con cui raccontare e cambiare il mondo, se stessi, l'umanità.

Ho trovato in rete un video, queste parole che ben raccontano una parte di quello che Vittorio è, ed è stato: un videomessaggio a chi (Saviano in questo caso, ma molti altri oltre lui) pretende dall'alto dei carri armati della legalità e della televisione di insegnarci qualcosa, di pontificare su Israele e Palestina senza sporcarsi minimamente le mani e senza guardare in faccia la realtà, pretendendo di avere autorevolezza o autorità sugli altri. E non ha il coraggio di ascoltare e mettersi in gioco. Come quando gli studenti risposero alle sue (di Saviano) stupide provocazioni sulla (non)violenza, sui book block e sui caschi, mentre il governo votava lo smantellamento dell'università e la precarizzazione selvaggia di intere generazioni che si sono rivoltate nelle piazze: a lui abbiamo risposto con la dignità collettiva dei corpi e dei desideri di chi in piazza, nelle città e nelle università lotta ogni giorno per cambiare il mondo, ribaltare un paradigma che con le dovute differenze, produce contemporaneamente precarietà, sfruttamento, impoverimento, fondamentalismi di varia natura e assenza di libertà. In guerra come in pace, a Gaza come nel Maghreb, in Europa e non solo.

Così Vittorio dà una lezione, umile, ma forte, a chi straparla e difende l'apartheid in Palestina, parlando dell'umanità colpita e annientata a Gaza, in Palestina, ma al tempo stesso raccontando con inguaribile passione e lucidità lo scempio che avviene ogni giorno, in tante parti del mondo. Perchè è facile, è comodo, impersonare la figura dell'"eroe" al servizio del potere, della legalità costituita, delle lobby che si spartiscono denari e impongono le loro narrazioni sul mondo, che rendono normale vedere in televisione o sui giornali i  volti e i corpi straziati dalla violenza, dalla guerra, dalla povertà, dall'ingiustizia. Ma di questi personaggi non abbiamo bisogno. Abbiamo bisogno di altro.

Vittorio con il suo coraggio ci parla della forza, incredibile, difficile e concreta, vera, di guardare oltre gli stereotipi, di qualunque tipo, di farlo mettendosi in gioco, rischiando la vita, così come avvenuto in modo infame, vigliacco e triste poche ore fa. 

Ci riempie di dolore e di rabbia la sua morte, ti fa svegliare una mattina di aprile cercando un senso a quello che è avvenuto, e non trovarlo.

Non è un giorno come tutti gli altri, o forse si. Perchè tante di queste schifezze avvengono ogni giorno, e rischiamo di cadere nell'indifferenza. Restare umani vuol dire non essere indifferenti, ma sapersi collocare all'interno di quello che avviene non stancandosi mai di provare a cambiare, a trasformare i rapporti, le relazioni, spingendoci con forza a lottare, a denunciare e sognare.

Possono esserci mille spiegazioni politiche del suo assassinio, si possono ricercare i responsabili e i motivi, più o meno reconditi, di un omicidio terribile eppure simile ai tanti che ogni giorno nel mondo ingiusto in cui viviamo possono accadere. Simile ma anche diverso, perchè oggi ci viene a mancare una voce che per tutti, tanti di noi è stata una voce che ha ridato dignità all'umanità. Ti abbiamo sentito vicino e ti abbiamo ammirato, proprio perchè sei stato uno come noi, ma forse un pò più coraggioso. Ti abbiamo seguito ed ascoltato perchè dicevi che ognuno poteva essere, nella sua semplicità, nelle sue paure e nelle dignità, il blogger di guerrillaradio. Adesso siamo muti di dolore, pieni di rabbia. Servirà a qualcosa la testimonianza di dolore? Restare umani oggi è ancora difficile, ma te lo dobbiamo.

Non si hanno parole per spiegare quello che è avvenuto, e la sete di verità che sentiamo non potrà essere colmata da nessuna ragione, nessuna motivazione politica, nessuna rivendicazione di alcun gruppo. Salafiti, Al Queida, Israele. Fondamentalismi e sporchi interessi di governi e trame fatte di soldi, violenza su intere popolazioni, controllo. Ci basta sapere chi è stato e perchè? Chi aveva interesse alla tua morte, chi te l'ha procurata? Vogliamo la verità, ma non basta. Perchè le ragioni del tuo barbaro assassinio stanno nelle ragioni perverse che reggono il sistema di potere nel mondo che viviamo.

Le rivolte e i processi costituenti di nuova democrazia, i tumulti che riaprono spazi di libertà in Europa come in Maghreb dentro e contro la crisi globale ci parlano di una nuova opportunità, tutta da inventare e costruire: il rifiuto della guerra, dell'apartheid, dei massacri e delle violenza che nelle guerre, in tutte le guerre, sono un tratto costituente e costitutivo dei movimenti, che nelle università e nelle città hanno con forza in questi anni aperto spazi di costruzione comune, nonostante le tante difficoltà, con chi in Palestina e non solo lotta per l'autodeterminazione, per le libertà. Tante volte abbiamo incontrato Vittorio e tanti altri che come lui si sono spesi per raccontare quello che avveniva, per cambiarlo, per denunciare e ricostruire.

Una carovana in Tunisia di attivisti e studenti  ha appena attraversato le città tunisine e i campi dei profughi dalla guerra in Libia, mentre in tanti stanno costruendo uno spazio nuovo di accoglienza dal basso dei migranti, di rottura dei paradigmi delle frontiere e dei confini militarizzati: quante similitudini con l'apartheid in Palestina, quante retoriche sulla sicurezza e sulla democrazia da esportare annientano la libertà e la dignità.

Per te Vik, per noi e per tutti i migranti, i precari, i palestinesi imprigionati a cielo aperto, per la libertà da conquistare, continueremo a mobilitarci e immaginare, praticare, desiderare un altra società, un altro modello di sviluppo, di relazione, di vita. Ci piace ricordarti cosi, non potendo più fermare i tuoi assassini, perchè il tuo ricordo, così come le tue parole e il tuo coraggio, siano ancora tra di noi e nel mondo, per cambiarlo.


Alioscia Castronovo - UniCommon