Visioni dal basso

Un contributo dei Centri Sociali delle Marche

15 / 1 / 2015

Oramai da lungo tempo ci siamo convinti che i processi di trasformazione all'interno delle interconnessioni globali che caratterizzano la nostra epoca sono necessariamente processi multipli, all'interno dei quali il rapporto causa/effetto non è per nulla lineare, così che anche fattori originariamente estranei ai processi di trasformazione possono giocarvi un ruolo importante o, al contrario, fattori che si rappresentano come agenti di trasformazione rovesciarsi nel loro esatto contrario. 

L'ossessiva ricerca di una linearità organica che senza un costante riscontro misurato sulla realtà materiale possa magicamente fornirci il discrimine tra ciò che è rivoluzionario e ciò che non lo è, tra ciò che può essere utile e ciò che può essere dannoso, oggi più che mai è destinato a risolversi in una patologica “nevrosi politica”, all'interno della quale si perde più tempo nel rattoppare analisi che nell'arco di breve tempo divengono desuete, piuttosto che nello sforzo di mantenere l'analisi dinamica, capace di modificarsi costantemente e di ricomporsi a seconda delle modifiche che sconvolgono gli scenari e che ne rideclinano i fattori. Nella nostra contemporaneità la centralità del dato materiale, la sua analisi libera da tesi precostituite e da visioni manichee sono fattori vitali senza i quali scivoliamo costantemente nell'anacronia del nostro agire e della nostra progettualità. Pensare che all'interno delle interconnessioni globali gli eventi che si producono nei contesti istituzionali non determinino effetti ed implicazioni nella dinamica dei movimenti e nelle strategie volte a costruire una reale autonomia dei processi sociali di trasformazione, equivale ad una mera rimozione, per l'appunto, “nevrotica”, di un dato di fatto. Ciò che si determina sul versante istituzionale, per quanto ci riguarda, è uno dei molteplici fattori che compongono la realtà storica e materiale dentro cui ci muoviamo: alcuni eventi possono concorrere ad aprire spazi di azione, altri invece a restringerli.

I contraccolpi che un eventuale successo di Podemos in Spagna o di Sryza in Grecia potrebbe determinare negli equilibri/disequilibri europei, vanno oltre il mero dato elettorale e possono determinare contraddizioni utili all'azione destituente dei movimenti. Occorre, però, evitare confusioni che rischiano, ancora una volta, di dissociarci dal dato materiale e di produrre vuote e pericolose fascinazioni. Gli assi verticali che si impiantano nei movimenti ci suscitano l'immagine di una spada di Damocle piuttosto che quella di una scala verso il Paradiso. E poi, chi è che vuole andare in Paradiso? Noi, che nonostante la minaccia degli integralismi religiosi, continuiamo ad essere atei restiamo fermi nell'idea che il Paradiso dobbiamo costruircelo qui in terra, ovvero quaggiù, diciamo pure “in basso”.

Proprio perchè siamo “atei” non abbiamo paura del “peccato”, ma neppure crediamo nell'”ascensione” in cielo. Il “governo del comune”, ovvero la sua liberazione ed auto-organizzazione, è un processo tutto da costruire e che ci impone di misurarci con il tema, non teorico ma pratico, della produzione di un diritto che nasce nel sociale e che si contrappone alla legge, dimensione espropriata ed oppressiva del diritto, e che costruisce lo spazio dove la cooperazione sociale può configurare, nell'incessante sedimentazione dei conflitti, i segmenti delle proprie “istituzioni”, autonome ed indipendenti. In questo senso “basso” e “alto” continuano ad avere un significato perchè l' “alto” è ciò che deve essere rovesciato ed il “basso” è ciò che deve alzarsi per divenire dimensione generale di auto-organizzazione sociale.

Un processo costituente è sempre un processo estremamente complesso che necessita della capacità da parte dei movimenti di mettere a valore, quando ciò è funzionale, anche quello che si determina al di fuori di loro stessi ed in luoghi che non gli sono propri. Quando tali luoghi attengono al versante istituzionale, la “messa a valore” deve essere valutata di volta in volta, nei diversi contesti che si vengono a determinare: per questa ragione essa non può essere organica ai movimenti, tantomeno alle loro dimensioni organizzative. Dimensioni ibride, come quella di Podemos in Spagna, possono determinarsi e possono produrre risultati: noi “atei” non abbiamo bisogno di esorcizzare niente. Tuttavia si tratta di esperienze che non possono essere ridotte a modelli: sono sempre processi che si determinano all'interno di un agire sociale, nel concorrere di una molteplicità di fattori e non possono essere riprodotte in vitro.

Ad oggi non vediamo in territorio italiano alcun processo simile, né crediamo che possa essere deciso a tavolino o prodotto in un convegno. Come sempre continueremo ad osservare la realtà, che si muove a prescindere da noi, senza orpelli ideologici e senza sensi di colpa, cercando di cogliere ogni possibilità che possa favorire lo sviluppo dei processi di riappropriazione, sociale, politica, organizzativa del “comune”. Cercheremo di scrutare l'orizzonte cercando di arrivare con lo sguardo il più lontano possibile e di entusiasmarci per ciò che riusciamo a vedere. Uno sguardo che vorremmo fuori dagli angusti confini di questa nostra penisola, convinti come siamo della necessità e dell'urgenza di un dimensionamento europeo dei processi di trasformazione, contro ogni logica nazional-sovranista, che può assumere molteplici forme, anche le più subdole.
È sicuro che in questo nostro scrutare ci sfuggiranno molte cose, ma è ancora più sicuro che ci sarà sempre qualcuno a rimproverarci di non aver guardato bene.          

Centri Sociali Autogestiti Marche