« Il faut ouvrir cet dossier »

A colloquio con Samir Cheffi – Segretario Generale Aggiunto dell’UGTT - sull’urgenza di un nuovo contratto sociale

6 / 2 / 2014

Il Consiglio Nazionale per il Dialogo Sociale è uno dei risultati più importanti della nascente democrazia tunisina. Un organo indipendente pensato e creato con un obiettivo ben preciso: discutere e promuovere i diritti sociali attraverso la competenza di proporre disegni di legge in senno al Parlamento per una giurisdizione che difenda realmente e concretamente i diritti del lavoratore.

Naturalmente si parla dei lavoratori dipendenti del settore privato. Non è una novità infatti che i dipendenti pubblici formino un sottogruppo di eccellenza all’interno di un qualsiasi corpo sociale. Una delle recenti vittorie dell’UGTT è infatti la firma di un accordo che ha eliminato definitivamente il problema della flessibilità, intesa come precarietà. Naturalmente tale privilegio riguarda i dipendenti statali. Eppure è innegabile che tutto il peso della pressione fiscale e del bilancio statale grava in maniera nettamente superiore sui dipendenti del settore privato. Sono troppi gli operai che oggi, in Tunisia, perdono il proprio posto di lavoro a causa della chiusura di attività economiche in seguito a problemi di sicurezza e a causa di conflitti tra datori di lavoro ed operai. E’ d’obbligo ammettere e considerare che la flessibilità nel settore privato è una forma di schiavitù moderna dove la copertura previdenziale è inesistente. Non si ha più la possibilità di potersi fare un futuro, non si ha autonomia e non si ha il diritto di condurre un esistenza dignitosa.

La soluzione più plausibile sembra essere la collaborazione tra Stato e Sindacato, si punta ad un compromesso che soddisfi entrambi le parti. Andrebbe stipulato un nuovo contratto sociale per poter aumentare il livello dei salari onde rispondere al problema dell’inflazione. Ma la collaborazione non è una soluzione solo a livello macro, rapporto Stato - Sindacato o associazioni rappresentative dei lavoratori, riguarda anche il livello micro. Per micro si intendono i rapporti di collaborazione all’interno delle imprese, si intende la rappresentanza dei dipendenti nel consiglio d’amministrazione di ciascuna impresa. Inoltre, è  necessaria una rivisitazione della giustizia fiscale, una riforma che renda i metodi ed i mezzi usati per il prelievo fiscale più trasparenti ed equi.

Ed il ruolo dello Stato in questo lungo cammino di transizione?

La risposta più ovvia è la mancanza di tempo, di mezzi e di poteri. I vari governi successivi alla rivoluzione dichiarano di non aver avuto né il tempo né i mezzi per poter portare a termine politiche concrete. Parlando di tempo potrebbe anche risultare una scusa plausibile, ma in termine di mezzi sembra far acqua da tutte le parti. La pressione fiscale è aumentata e gran parte degli investimenti esteri destinati al sostegno della società civile, che devono prima passare per la Pubblica Amministrazione, non sono mai arrivati a destinazione: il sostegno dei fautori della rivoluzione. Mentre per ciò che concerne i prestiti di cui il paese avrebbe realmente bisogno, si parla di Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale, grava ancora il peso dei vecchi crediti richiesti da Ben Alì. Enormi quantità di crediti mai restituiti non rendono facile una nuova tranche di concessioni. Eppure l’odierna situazione economica occidentale rende l’impossibilità di accedere a tali crediti un aspetto per certi versi positivo.

Oggi più che mai servono politiche economiche, fiscali e monetarie chiare e attuabili in tempi brevissimi per poter rispondere a problemi come disoccupazione, scarso potere d’acquisto, disuguaglianza sociale, inesistenza di un reale sistema previdenziale.