A Panama il governo non adempie agli accordi, a rischio la seconda fase del dialogo

13 / 9 / 2022

Dopo oltre quaranta giorni dall’installazione della “mesa única de diálogo”, le organizzazioni sociali denunciano il tentativo di sabotaggio delle trattative da parte del governo ed esigono l’adempimento degli accordi presi annunciando nuove mobilitazioni qualora le loro richieste venissero disattese.

Il dialogo era iniziato a fine luglio, dopo quasi un mese di dure proteste per l’aumento del costo della vita e in particolare del prezzo del carburante deciso dal governo di Nito Cortizo. Determinante la mediazione della Chiesa che ha convinto le organizzazioni sociali e il governo a sedersi allo stesso tavolo dando avvio alla “mesa única de diálogo” nella sede della Arcidiocesi a Penonomé, città nella centrale provincia di Coclé.

Come raccontato precedentemente su Globalproject, le organizzazioni sociali presenti al dialogo, in particolare la ANADEPO e la Alianza Pueblo Unido por la Vida hanno anche ottenuto dei risultati costringendo il governo ad abbassare notevolmente il prezzo del carburante e bloccando il prezzo di 72 prodotti di prima necessità. Tuttavia, nonostante gli accordi presi, il governo ha iniziato una campagna di sabotaggio del tavolo di trattativa a 360 gradi. Gli attacchi hanno colpito anche in forma personale i rappresentanti delle organizzazioni sociali, in particolare Saúl Mendez, portavoce del potente sindacato dei costruttori SUNTRACS e della Alianza Pueblo Unido por la Vida, vittima di un forte attacco mediatico con il quale è stato accusato di arricchirsi con il dialogo e di voler instaurare il comunismo nel paese. Anche il tavolo di trattativa è stato al centro degli attacchi: grazie a una stampa complice, le élite politiche ed economiche hanno cercato di far perdere legittimità politica al tavolo e spinto perché il tavolo stesso fosse aperto alle organizzazioni imprenditoriali facendo credere, attraverso una narrazione manipolata, che le conquiste ottenute andassero contro gli interessi della popolazione. Governo, classe imprenditoriale e stampa sono quindi ritenuti responsabili non solo della difficile situazione che sta vivendo il paese ma anche dei tentativi di far fallire il dialogo.

E in effetti la cosiddetta “mafia empresarial” (come è chiamato il settore imprenditoriale dalle organizzazioni sociali), non solo è responsabile primario dell’aumento dei prezzi ma è anche responsabile, e complice del governo, dell’inadempimento degli accordi già stipulati dal governo stesso: da alcune settimane infatti sono spariti dagli scaffali dei supermercati e nelle tiendas i 72 prodotti di prima necessità con prezzi bloccati, costringendo quindi la popolazione a comprare i prodotti della “concorrenza” a prezzi più elevati, mentre le farmacie sono rimaste senza medicinali.

Il sabotaggio del tavolo delle trattative e degli accordi è stato subito denunciato dalle organizzazioni sociali presenti al dialogo. «Mancano pochi giorni perché il decreto che ha bloccato il prezzo del combustibile scada - ha messo in guardia Saúl Mendez - e non c’è una discussione strutturale per cambiare il paese, per far finire la fame, la miseria, i salari bassi, i prezzi esorbitanti che esistono in questo paese. Non c’è volontà perché ci siano lavori ben remunerati, perché ci siano medicine e salute per il popolo. Per questo il tavolo è saltato, per non voler discutere di tutto questo e voler mantenere lo status quo dei 115 ultra milionari che rubano a tutti. Grazie al governo e a tutti i partiti che ci hanno governato. Se vogliamo un cambio, solo la piazza va ad aprire la strada per un cambio reale, il popolo deve prepararsi a scendere in piazza per affrontare questo problema. Non accettiamo questa mancanza di rispetto. Se il governo sfida le organizzazioni sociali, avrà la risposta che si merita».

Marco Andrade, portavoce della CONUSI (Confederación Nacional de Unidad Sindical Independiente), ha spiegato invece dove si è prodotta la rottura: «il governo aveva una posizione differente a quella accordata con la Chiesa in merito alla seconda fase del dialogo, dove dovremmo discutere di temi più in profondità, che abbiano come risultato cambiare una serie di politiche economiche che strozzano il popolo con la fame e la miseria […].  In questa prima fase abbiamo visto l’attitudine del governo a difendere gli interessi delle imprese contro gli interessi della popolazione».

La tensione resta alta e il dialogo, in accordo tra le parti, è stato sospeso fino al 15 settembre. Le organizzazioni sociali e la popolazione pretendono che si discuta del sistema economico e politico che sta determinando una disuguaglianza crescente e restano vigili e in attesa delle mosse del governo che sembra però intenzionato a continuare su questa linea, garantendo il mantenimento dei privilegi alle élite economiche e concedendo le briciole alla popolazione. Strada che porterà inevitabilmente alla ripresa della protesta nelle piazze.