Ai nostri amici e alle nostre amiche bianchi

Contributo antirazzista al movimento sociale attuale da un punto di vista bianco

4 / 5 / 2018

Questo testo, apparso su Mediapart si iscrive in sostegno alla creazione del collettivo Riposte Antiraciste Populaire e in seguito al loro testo "Du racisme dans le mouvement social et étudiant"

Noi non facciamo che riportare quello che queste organizzazione antirazziste hanno già detto, teorizzato e spiegato per molto tempo e da molti anni all’interno dei movimenti. Scriviamo questo testo perché vogliamo affermare che, anche per l* bianch*, l’antirazzismo deve essere una delle priorità delle lotte. Speriamo che questo testo possa essere inteso, ascoltato e dibattuto all’interno di tutte le organizzazioni e ambienti bianchi. 

Sul razzismo della sinistra istituzionale:

La sinistra francese si caratterizza per l'assenza di presa in considerazione della questione razziale [1]. Gli esempi sono numerosi e dalla lettera di dimissioni scritta da Aimé Césaire (http://lmsi.net/Lettre-a-Maurice-Thorez) nel 1957, che denunciava il “fraternalismo” del PCF (Parti Communiste Français), niente è cambiato. All’interno della France Insoumise, per esempio, la maggioranza dei/lle deputati/e non sembrano vedere i colori: quando François Ruffin [2], l’investigatore (https://www.politis.fr/articles/2017/09/sur-adama-traore-ruffin-enquete-37637/), durante la Giornata Internazionale dei Diritti delle Donne, fa un omaggio alle donne membre del personale della manutenzione dell’Assembleé, omette che queste donne non sono per la maggior parte bianche.

Allo stesso modo, quando Frédéric Lordon [3] et François Ruffin lanciano un appello a fare “la festa a Macron” il 5 maggio senza nemmeno menzionare le lotte antirazziste, le lotte del* rifugiat* o la Legge sull’Asilo e sull’Immigrazione proposta al voto da LREM (La Republique En Marche! - Partito di Macron, ndt) e sostenuta da FN (Front National), a cosa stanno giocando? Hanno paura anche loro della grande sostituzione razziale? O fanno prova di paternalismo, immaginandosi che l* rifugiat* e l* non-bianch* sono incapaci di organizzarsi politicamente? Perché l’argomento dell’ignoranza non funziona più: le organizzazioni antirazziste non hanno mai cessato di tentare di educare l* bianch* all’antirazzismo politico. La gerarchizzazione delle lotte operata da Lordon e Ruffin non si tratta solo di una sfida teorica: si tratta anche di una questione di chi è messo in luce, di chi è meglio retribuito simbolicamente nelle nostre lotte. 

“Noi siamo di quelle e quelli che si mobilitano” e tuttavia: 

Nei nostri ambienti militanti, autonomi o libertari, siamo l* prim* a criticare la centralità assoluta della lotta di classe sostenuta dai sindacati e dai partiti. Tuttavia, abbiamo il dovere di fare la nostra  autocritica di fronte a un antirazzismo che molto spesso è solo di facciata. Quando gli antirazzisti parlano di razza, noi ripetiamo troppo spesso che ess* mettono da parte la lotta di classe. In verità, l’antirazzismo politico radicale è sempre stato attore della lotta di classe, e ne è anche uno dei protagonisti principali, dalle lotte di decolonizzazione fino alle attuli battaglie dei migranti e dei quartieri popolari. 

Di fronte alla moltiplicazione delle lotte, dobbiamo tutt* fare delle scelte e, anche se nessuno può essere presente ovunque, le nostre scelte riflettono quotidianamente l’importanza secondaria che accordiamo alle lotte antirazziste. 

L’ambiente autonomo è caratterizzato da una glorificazione degli scontri e dello spontaneismo, e il cortège de tête sembra essere per molti un fine piuttosto che un mezzo. Pertanto, le nostre scelte sono dettate dai nostri affetti e da un certo egoismo perché favoriamo sempre le lotte nelle quali possiamo avere un bel ruolo, essere protagonist*, avere e prendere la parola in maniera legittima, ottenere la nostra dose di adrenalina. 

Noi ci rendiamo alleat* del razzismo di Stato e di una gerarchizzazione delle lotte quando favoriamo sistematicamente le mobilitazioni bianche o quelle mobilitazioni nel centro di Parigi, quando preferiamo le manifestazioni del* ferrovier* o le manifestazioni che partono alle 11 del mattino da Nation (piazza nel centro di Parigi, ndt) rispetto agli appuntamenti antirazzisti. Il 13 aprile, l* militant* e i collettivi autonomi hanno preferito chiamare una manifestazione del* ferrovier* disertando il presidio davanti alla prefettura di Bobigny (periferia di Parigi, ndt) che doveva permettere a 150 rifugiat* di costruire un rapporto di forza per ottenere dei documenti, preferendo ancora una volta il grande brivido del cortège de tête al ruolo di persone solidari di secondo piano. 

Noi ci rendiamo alleat* dell'esotizzazione delle lotte antirazziste quando ci spostiamo in banlieue solamente per delle mobilizzazioni contro le violenze della polizia: anche in questo caso, si tratta di presidi in cui aspettiamo la scintilla  e lo scontro e fantastichiamo un soggetto rivoluzionario che sarebbe il giovane ragazzo razzializzato della banlieue. Noi esotizziamo le lotte antirazziste quando andiamo alle manifestazioni per Théo [4] e non a quelle del* rifugiat* e dei collettivi sans papiers, perché quello che ci interessa alla fine è il fantasma di un odio condiviso per la polizia, e perché noi non ci investiamo nel lungo e difficile impegno delle lotte antirazziste. 

Noi ci rendiamo alleat* del razzismo di Stato quando parliamo dello sgombero della ZAD (Zone À Défendre, à Notre Dame De Landes, ndt) e delle università, e mai delle esplulsioni del* rifugiat*; quand parliamo del* militant* incarcerat*, e non dei Centri di Detenzione Amministrativa o delle migliaia di persone non-bianche di nazionalità francese che rappresentano la maggioranza della popolazione carceraria; quando i nostri volantini parlano di convergenza delle lotte con l* ferrovier* o l* impiegat* postali senza evocar la lotte contro la Legge Asilo e Immigrazione (Loi Asile et Immigration). Quando qualcuno esclama, all'occupazione dell'università di Tolbiac, che la morte di Adama Traoré "non è una questione razziale ma una questione sociale", egli non fa altro rivelare la sua ignoranza dell'esistenza del razzismo di Stato, e egli soffoca, anche inconsciamente, tutte le rivendicazioni antirazziste per imporre la sua analisi di classe che egli considera assoluta. 

L'invisibilizzazione delle lotte antirazziste nelle nostre battaglie non corrisponde a una mancanza di tempo o a una mancanza di organizzazione. Noi siamo capaci di organizzarci collettivamente. In appena 48 ore, in tutta la Francia, dei rinforzi si sono organizzati per andare a soccorrere la ZAD e a difenderla. Noi siamo forti e capaci di creare dei rapporti di forza che portano a delle vittorie. Il problema non è quindi una mancanza di organizzazione. 

Tuttavia, quante università parigine che hanno votato un comunicato di sostegno alla ZAD hanno anche votato un comunicato di sostegno al* rifugiat* dell'Università di Paris 8? Quante università in lotta e mobilizzate si sono organizzate per fare anche una sola recupera di cibo, una sola cassa di solidarietà, senza che siano del*  rifugiat* di Paris 8 e delle persone solidali che siano venute a intervenire in assemblea? Quante pagine/siti di collettivi hanno pubblicato un'agenda delle lotte contenente ogni piccola manifestazione sindacale ma tralasciato il presidio a Bobigny o le ultime due manifestazioni contro la loi Asile et Immigration? 

Bisogna arrendersi all'evidenza: la convergenza delle lotte è una convergenza bianca, un concetto vuoto di senso che permette al* bianch* di domandare al* persone razzializzate di mettere a tacere le loro proprie lotte e di accusarl* di dividere il movimento quando quest'ultim* criticano il razzismo all'interno della sinistra bianca. 

La sinistra bianca non riesce nemmeno ad essere un'alleata, mentre le si chiede di essere complice.

Uscire dal moralismo, passare al politico:

«Basta con l'antirazzismo folkloristico e bonario nell'euforia dei giorni di festa».

- da 11'30 contre les lois racistes, canzone collettiva

La constatazione è fatta: siamo assenti dalle lotte antirazzista. Ritorniamo all'eterna questione della sinistra: "che fare?".

Pierre Tavanian ci offre una soluzione pratica che «consiste il più possibile al fianco dei sans-papiers, delle ragazze velate/con il velo escluse dalle scuole, dei rivoltosi improgionati, di tutti quelli che lottano contro l'impunità della polizia...-insomma ad essere ovunque dei non-bianchi si riuniscono per distruggere la dominazione bianca. (...) Consiste nell'essere non tanto un bianco che si vergogna o un bianco complessato, come gli avversari mi accusano di essere, ma un bianco traditore. Non si tratta di odiare il proprio colore o odiare i propri simili, ma di odiare il privilegio, e il sistema sociale che lo fonda».

Non dobbiamo considerare che se si creano dei gruppi antirazzisti e se dei collettivi non-misti di razzializzati si organizzano, la lotta antirazzista debba essere cancellata dall'agenda politica bianca. 

Bisogna innanzitutto investire nelle lotte antirazziste e essere presenti ai loro appelli di presidi, manifestazioni, mobilitazioni, per offrire il nostro sostegno materiale e politico. All'interno di queste lotte, dobbiamo accettare di vederci rimessi/rinviati al nostro status di bianch*, sgobbare per trovare il nostro posto, mettersi in discussione senza sosta. 

Bisogna anche, e sopratutto, rendere le nostre lotte realmente antirazziste: invitare sistematicamente dei collettivi antirazzisti alle nostr conferenze, essere a disposizione per effettuare il lavoro pedagogico antirazzista  spesso molto pesante per le persone razzializzate, sostenere l'auto-organizzazione del* razzializzat* all'interno delle nostre assemblee, collettivi e associazioni, accettare e far accettare che alcune decisioni non ci appartengono. Bisogna essere il ponte permanente della loro parola - senza appropriarci di queste lotte e metterci al centro della scena. Bisogna parlare del Maggio 67, in cui in 3 giorni di rivolta in Guadalupa ci sono stati più insort* ner* cadut* sotto i proiettili della polizia che student* bianc* ammazzat* nel maggio e giugno 68. 

Dobbiamo fare un lavoro costante a livello interno, nei nostri gruppi affini, organizzazioni e comunità bianche: spingere la problematica antirazzista, lottare per l'egemonia culturale. In poche parole: smettere di fare dell'antirazzismo un dibattito per farne un prerequisito obbligatorio di tutte le nostre lotte. 

Noi desideriamo che questo testo lanci una riflessione collettiva all'interno della sinistra bianca, e affermiamo che abbiamo il dovere di essere presenti lunedi 23 aprile alle 19 a Paris 8, nell'anfiteatro B2 per l'incontro attorno alle problematiche razziste nei movimento sociali, incontro organizzato da Riposte Antiraciste Populaire. Questa discussione non è una semplice discussione: è una convocazine per l* bianch* che si definiscono antirazzist*. 

Cerchiamo di essere attric* della distruzione della dominazione bianca. 

Cerchiamo di essere traditorici della nostra razza. 

Firmato : alcun* bianch* 



[1] La "questione razziale" non è una la questione della "razza" in senso biologico. Resta inteso che non ci sono delle razze biologiche, la "razza è unicamente e puramente una costruzione sociale, ma che ha delle conseguenze materiali. 

[2]  François Ruffin è un giornalista e deputato del partito France Insoumise.

[3] Frédéric Lordon è economista e ricercatore in filosofia.

[4]Théo è un ragazzo nero della banlieue che il 2 febbraio 2017 è stato arrestato è stuprato dalla polizia.