RIVOLTE ARABE · In Tunisia ed Egitto sulla parità di genere dall'euforia alla delusione

Attacco ai diritti delle donne

2 / 1 / 2013

di Giuliana Sgrena


Islamisti scatenati sull'identità religiosa. E oltre le «nuove» leggi c'è la minaccia della violenza e dello stupro
Il successo o il fallimento delle rivoluzioni/ rivolte arabe si misurerà sull'affermazione o meno dei diritti delle donne. La rivendicazione dei movimenti femministi/femminili è ovunque unica: parità di genere. Tuttavia, a due anni dall'inizio delle rivolte siamo passati dall'euforia alla delusione e speriamo di scongiurare un ulteriore peggioramento della situazione. Le donne, protagoniste insieme ai giovani delle rivolte contro regimi dittatoriali, si sono visti scippare il protagonismo da movimenti islamisti. I Fratelli musulmani e i salafiti si sono accodati ai movimenti rivoluzionari per collocarsi nel vuoto lasciato dalla caduta dei dittatori per poi sfruttare il processo democratico al fine di arrivare al potere. Ma nulla sarà più come prima: «Con la rivoluzione abbiamo vinto la paura», ci ripetono i democratici dei diversi paesi arabi. E le donne, le più colpite dalle nuove legislazioni basate sulla sharia, non si sono arrese. Il 25 dicembre donne egiziane di ogni età sono scese in piazza Tahrir al Cairo per contestare la nuova costituzione di impronta islamista con una manifestazione singolare: armate di forbici si sono tagliate i capelli. Una manifestazione pacifica contro le violenze subite durante il referendum che ha avallato, secondo il presidente islamista Morsi, la costituzione. «Non siamo né contro i valori del nostro paese né anti-patriottiche, la nostra protesta si rifà alla vecchia leggenda secondo la quale la figlia del faraone Akhenaten si rapò i capelli e girò il paese per denunciare le violenze subite dalle donne». La costituzione, contro la quale si è schierata tutta l'opposizione laica, stabilisce che tutte le leggi devono essere compatibili con la sharia ed è facile immaginare quali diritti non saranno salvaguardati. Per di più si tratta di un testo che non vieta nemmeno le discriminazioni su base sessuale, religiosa, etnica. Imporre la sharia in un paese con una forte presenza di cristiani è un'aberrazione ancora maggiore che nei paesi musulmani e ancora una volta le donne saranno doppiamente vittime. Le donne tunisine stanno opponendosi da mesi ai tentativi del partito islamista Ennahda di introdurre nella costituzione articoli per limitare o cancellare i diritti delle donne facendo arretrare il paese di oltre cinquant'anni. Ennahda ha dovuto rinunciare all'introduzione della sharia, per la forte opposizione incontrata nell'Assemblea costituente, ma non rinuncia certo a tentare di aggirare gli ostacoli. La costituzione, che doveva essere varata a ottobre, ha subito dei ritardi nell'elaborazione per la scarsa preparazione di una parte dei costituenti e soprattutto per i forti contrasti sulla natura della carta: deve basarsi su principi laici oppure religiosi? L'opposizione laica sarebbe maggioritaria se due partiti laici (il Partito per la repubblica e Ettakatol) non si fossero alleati con gli islamisti e avessero ceduto su molte posizioni provocando la diaspora di propri militanti e persino di deputati. Una situazione contronatura che sta cambiando il panorama politico tunisino, dove Ennahdha continua a perdere colpi per l'incapacità di affrontare i problemi reali del paese. Se in Egitto il presidente ha preso tutti i poteri con un golpe strisciante che gli ha permesso anche di varare la costituzione elaborata solo dagli islamisti, perché l'opposizione si era ritirata da un'assemblea ritenuta da molti illegale (nominata sulla base dei risultati elettorali annullati dalla Corte costituzionale e a stragrande maggioranza islamista), in Tunisia l'islamizzazione del paese procede attraverso il tentativo di imporre il cambiamento dei costumi della popolazione e soprattutto delle donne. A fare da guardiani a questa islamizzazione sono i componenti della Lega per la protezione della rivoluzione, ovvero una polizia religiosa che si arroga il diritto di controllare la morale e di combattere l'opposizione con metodi poco ortodossi. Sono delle milizie private che non rispondono al governo, ma che godono della protezione di Ennahdha. Sia in Egitto che in Tunisia, dove la rivoluzione aveva lasciato maggiore spazio alla speranza di un cambiamento radicale, la delusione è più forte. E anche le condizioni di vita più difficili, perché gli islamisti che hanno vinto le elezioni anche con gli aiuti ottenuti dall'Arabia saudita e dal Qatar, non hanno poi affrontato la grave crisi economica e di conseguenza la protesta è ormai sfociata nella repressione aperta soprattutto nelle zone che erano state all'origine della rivoluzione. Per soffocare le rivendicazioni si fa leva sull'identità religiosa che in paesi come la Tunisia e l'Egitto non era certamente l'elemento di maggior coesione. In entrambi i paesi le donne hanno avuto un ruolo rilevante fin dai tempi della lotta contro il colonialismo. In Egitto l'origine del movimento femminista risale all'inizio del novecento. Ma prima ancora delle leggi sono le azioni di bande incontrollate che provocano ogni sorta di violenza sulle donne. Al Cairo, durante le manifestazioni intorno a piazza Tahrir, molte donne sono state molestate o violentate per costringerle a non scendere in piazza, perché secondo gli islamisti partecipare alla protesta trasforma le donne in prostitute. E allora per le donne arrestate è stato introdotto il test di verginità! Già usato per la verità dai militari anche in passato. Anche i poliziotti hanno contribuito alla violenza contro le donne: ricordate la donna velata trascinata via con il corpo scoperto fino al reggiseno diventato famoso per il colore blu? Per non parlare poi del sostegno economico garantito dai fratelli musulmani a favore delle mutilazioni genitali femminili, che peraltro non sono di origine musulmana, ma quando si tratta di controllare la sessualità della donna tutti i fondamentalisti sono d'accordo (cristiani, musulmani, ebrei falascia). I poliziotti tunisini non sono da meno di quelli egiziani, un caso diventato molto famoso è quello accaduto a La Marsa, zona residenziale di Tunisi, all'inizio di settembre. Una coppia aveva tirato tardi e stava discutendo in macchina quando sono arrivati tre poliziotti, uno dei tre ha chiesto dei soldi al ragazzo costringendolo ad allontanarsi per cercare un Bancomat, mentre gli altri due hanno portato la ragazza sulla loro macchina e l'hanno stuprata. Poi riportata indietro hanno ripetuto la violenza di fronte al ragazzo. Quando i poliziotti se ne sono andati i due giovani hanno deciso di denunciare il fatto, arrivati in caserma si sono trovati davanti gli stessi poliziotti responsabili delle violenze che per lasciarli liberi li hanno costretti a firmare una dichiarazione in cui ammettevano di aver compiuto atti osceni. E quindi sono finiti sotto processo. Per fortuna in questo caso, dopo molte umiliazioni, la coppia è stata prosciolta e i poliziotti arrestati. Ma spesso non è finita così. E a proposito di morale, il ministro degli esteri tunisino, Rafik Abdessalem, di Ennahdha, è stato accusato da una famosa blogger Olfa Riahi di adulterio: il ministro avrebbe passato diverse notti nel lussuoso hotel Sheraton con una donna, caricando le spese sul governo. Il ministro si è difeso sostenendo che l'hotel è vicino al suo ufficio e che la donna è una sua parente ma, in paesi dove ci si sposa tra cugini, la giustificazione è evidentemente debole. Quel che è certo è che il genero del leader e fondatore di Ennahdha, Rachid Ghannouchi, è caduto dal piedistallo su cui era stato collocato. Anche su questo come sulla rivendicazione della parità di genere da parte delle donne non vi è differenza tra nord e sud, est e ovest. La nostra (di donne) battaglia è la stessa e dovrebbe diventarla anche nei fatti, con un sostegno comune.

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