di Giuliana Sgrena
Islamisti scatenati sull'identità religiosa. E oltre le «nuove» leggi c'è la minaccia della violenza e dello stupro
Il successo o il fallimento delle
rivoluzioni/ rivolte arabe si misurerà sull'affermazione o meno dei
diritti delle donne. La rivendicazione dei movimenti
femministi/femminili è ovunque unica: parità di genere. Tuttavia, a due
anni dall'inizio delle rivolte siamo passati dall'euforia alla delusione
e speriamo di scongiurare un ulteriore peggioramento della situazione.
Le donne, protagoniste insieme ai giovani delle rivolte contro regimi
dittatoriali, si sono visti scippare il protagonismo da movimenti
islamisti. I Fratelli musulmani e i salafiti si sono accodati ai
movimenti rivoluzionari per collocarsi nel vuoto lasciato dalla caduta
dei dittatori per poi sfruttare il processo democratico al fine di
arrivare al potere. Ma nulla sarà più come prima: «Con la rivoluzione
abbiamo vinto la paura», ci ripetono i democratici dei diversi paesi
arabi. E le donne, le più colpite dalle nuove legislazioni basate sulla
sharia, non si sono arrese. Il 25 dicembre donne egiziane di ogni età
sono scese in piazza Tahrir al Cairo per contestare la nuova
costituzione di impronta islamista con una manifestazione singolare:
armate di forbici si sono tagliate i capelli. Una manifestazione
pacifica contro le violenze subite durante il referendum che ha
avallato, secondo il presidente islamista Morsi, la costituzione. «Non
siamo né contro i valori del nostro paese né anti-patriottiche, la
nostra protesta si rifà alla vecchia leggenda secondo la quale la figlia
del faraone Akhenaten si rapò i capelli e girò il paese per denunciare
le violenze subite dalle donne». La costituzione, contro la quale si è
schierata tutta l'opposizione laica, stabilisce che tutte le leggi
devono essere compatibili con la sharia ed è facile immaginare quali
diritti non saranno salvaguardati. Per di più si tratta di un testo che
non vieta nemmeno le discriminazioni su base sessuale, religiosa,
etnica. Imporre la sharia in un paese con una forte presenza di
cristiani è un'aberrazione ancora maggiore che nei paesi musulmani e
ancora una volta le donne saranno doppiamente vittime. Le donne tunisine
stanno opponendosi da mesi ai tentativi del partito islamista Ennahda
di introdurre nella costituzione articoli per limitare o cancellare i
diritti delle donne facendo arretrare il paese di oltre cinquant'anni.
Ennahda ha dovuto rinunciare all'introduzione della sharia, per la forte
opposizione incontrata nell'Assemblea costituente, ma non rinuncia
certo a tentare di aggirare gli ostacoli. La costituzione, che doveva
essere varata a ottobre, ha subito dei ritardi nell'elaborazione per la
scarsa preparazione di una parte dei costituenti e soprattutto per i
forti contrasti sulla natura della carta: deve basarsi su principi laici
oppure religiosi? L'opposizione laica sarebbe maggioritaria se due
partiti laici (il Partito per la repubblica e Ettakatol) non si fossero
alleati con gli islamisti e avessero ceduto su molte posizioni
provocando la diaspora di propri militanti e persino di deputati. Una
situazione contronatura che sta cambiando il panorama politico tunisino,
dove Ennahdha continua a perdere colpi per l'incapacità di affrontare i
problemi reali del paese. Se in Egitto il presidente ha preso tutti i
poteri con un golpe strisciante che gli ha permesso anche di varare la
costituzione elaborata solo dagli islamisti, perché l'opposizione si era
ritirata da un'assemblea ritenuta da molti illegale (nominata sulla
base dei risultati elettorali annullati dalla Corte costituzionale e a
stragrande maggioranza islamista), in Tunisia l'islamizzazione del paese
procede attraverso il tentativo di imporre il cambiamento dei costumi
della popolazione e soprattutto delle donne. A fare da guardiani a
questa islamizzazione sono i componenti della Lega per la protezione
della rivoluzione, ovvero una polizia religiosa che si arroga il diritto
di controllare la morale e di combattere l'opposizione con metodi poco
ortodossi. Sono delle milizie private che non rispondono al governo, ma
che godono della protezione di Ennahdha. Sia in Egitto che in Tunisia,
dove la rivoluzione aveva lasciato maggiore spazio alla speranza di un
cambiamento radicale, la delusione è più forte. E anche le condizioni di
vita più difficili, perché gli islamisti che hanno vinto le elezioni
anche con gli aiuti ottenuti dall'Arabia saudita e dal Qatar, non hanno
poi affrontato la grave crisi economica e di conseguenza la protesta è
ormai sfociata nella repressione aperta soprattutto nelle zone che erano
state all'origine della rivoluzione. Per soffocare le rivendicazioni si
fa leva sull'identità religiosa che in paesi come la Tunisia e l'Egitto
non era certamente l'elemento di maggior coesione. In entrambi i paesi
le donne hanno avuto un ruolo rilevante fin dai tempi della lotta contro
il colonialismo. In Egitto l'origine del movimento femminista risale
all'inizio del novecento. Ma prima ancora delle leggi sono le azioni di
bande incontrollate che provocano ogni sorta di violenza sulle donne. Al
Cairo, durante le manifestazioni intorno a piazza Tahrir, molte donne
sono state molestate o violentate per costringerle a non scendere in
piazza, perché secondo gli islamisti partecipare alla protesta trasforma
le donne in prostitute. E allora per le donne arrestate è stato
introdotto il test di verginità! Già usato per la verità dai militari
anche in passato. Anche i poliziotti hanno contribuito alla violenza
contro le donne: ricordate la donna velata trascinata via con il corpo
scoperto fino al reggiseno diventato famoso per il colore blu? Per non
parlare poi del sostegno economico garantito dai fratelli musulmani a
favore delle mutilazioni genitali femminili, che peraltro non sono di
origine musulmana, ma quando si tratta di controllare la sessualità
della donna tutti i fondamentalisti sono d'accordo (cristiani,
musulmani, ebrei falascia). I poliziotti tunisini non sono da meno di
quelli egiziani, un caso diventato molto famoso è quello accaduto a La
Marsa, zona residenziale di Tunisi, all'inizio di settembre. Una coppia
aveva tirato tardi e stava discutendo in macchina quando sono arrivati
tre poliziotti, uno dei tre ha chiesto dei soldi al ragazzo
costringendolo ad allontanarsi per cercare un Bancomat, mentre gli altri
due hanno portato la ragazza sulla loro macchina e l'hanno stuprata.
Poi riportata indietro hanno ripetuto la violenza di fronte al ragazzo.
Quando i poliziotti se ne sono andati i due giovani hanno deciso di
denunciare il fatto, arrivati in caserma si sono trovati davanti gli
stessi poliziotti responsabili delle violenze che per lasciarli liberi
li hanno costretti a firmare una dichiarazione in cui ammettevano di
aver compiuto atti osceni. E quindi sono finiti sotto processo. Per
fortuna in questo caso, dopo molte umiliazioni, la coppia è stata
prosciolta e i poliziotti arrestati. Ma spesso non è finita così. E a
proposito di morale, il ministro degli esteri tunisino, Rafik
Abdessalem, di Ennahdha, è stato accusato da una famosa blogger Olfa
Riahi di adulterio: il ministro avrebbe passato diverse notti nel
lussuoso hotel Sheraton con una donna, caricando le spese sul governo.
Il ministro si è difeso sostenendo che l'hotel è vicino al suo ufficio e
che la donna è una sua parente ma, in paesi dove ci si sposa tra
cugini, la giustificazione è evidentemente debole. Quel che è certo è
che il genero del leader e fondatore di Ennahdha, Rachid Ghannouchi, è
caduto dal piedistallo su cui era stato collocato. Anche su questo come
sulla rivendicazione della parità di genere da parte delle donne non vi è
differenza tra nord e sud, est e ovest. La nostra (di donne) battaglia è
la stessa e dovrebbe diventarla anche nei fatti, con un sostegno
comune.
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