Attentati e violenze in Tunisia

Alla ricerca dei responsabili

di Lda
31 / 10 / 2013

Dopo l’attentato di mercoledì scorso in Tunisia, in cui un kamikaze si è fatto esplodere di fronte ad un frequentato hotel di Sousse, e il secondo, fallito, che prevedeva la distruzione del mausoleo di Habib Boughiba, si ricercano in tutto il Paese i responsabili di quello che sembra un piano ben congegnato per destabilizzare il paese in vista della conclusione del “Dialogo Nazionale”.

Probabilmente i responsabili materiali sono quelli indicati dalle campagne mediatiche del Ministero dell'Interno, che diffonde foto e nomi di ricercati e secondo cui diversi terroristi sono già stati arrestati. Ma c’è chi sostiene senza mezzi termini che i mandanti, così come per gli omicidi di Belaid e di Brahmmi, vadano ricercati presso le sedi istituzionali e presso le sedi del partito islamico Ennahda.

Questa considerazione si basa su una semplice quanto verosimile analisi: è evidente infatti che man mano che il potere centrale si è indebolito, principalmente a causa delle contestazioni per le mancate riforme sociali e per i tentativi di islamizzare la società, il livello di violenza e di insicurezza è aumentato proporzionalmente. In questo contesto il governo ha facilmente invocato come necessità il fatto di mantenere il potere al fine di contrastare le violenze, tra l’altro mettendo in secondo piano le reali necessità del Paese, che sta sprofondando in una crisi economica senza precedenti.

Solo nel corso di quest’anno si sono susseguiti, in ordine cronologico: gli attacchi alle ambasciate francesi e statunitensi, l’assalto alla sede del sindacato Ugtt, gli scontri di Siliana, l'omicidio di Belaid, quello di Bramhi, gli attentati ai danni dei militari, della guardia nazionale, l'imboscata che ha portato all'uccisone di 6 agenti, e infine gli attacchi dei kamikaze. Ognuno di questi avvenimenti corrisponde ad una sempre maggiore difficoltà del governo di legittimarsi.

Nel caso dell’attentato kamikaze di mercoledì, il primo di questo genere in Tunisia, per la prima volta il bersaglio sono quei pochi turisti che si trovano ancora nelle località turistiche della costa. Di fatto il terrorismo ha alzato il tiro rispetto a quello che la comunità internazionale non può accettare (ovviamente con buona parte di ipocrisia, pesando di più le vite dei cittadini europei che quella dei tunisini). Non può essere un caso e la causa di questo può essere cercata chiedendosi chi potrà mai beneficare fino in fondo di questa situazione.

Secondo alcune analisi la risposta è una sola, e si tratta del governo, e in particolare di quel partito, Ennahda, da sempre contiguo ai gruppi islamici salafiti (definiti da Gannouchi come “i miei figli”), e che secondo i sondaggi oggi uscirebbe perdente dalle elezioni.

La società civile organizzata, i militanti dei collettivi studenteschi, i singoli individui che si battono per un'informazione libera, per una maggiore presa di coscienza sociale e per una società più giusta, e per certi versi il sindacato Ugtt,  rimangono a nostro parere gli unici attori oggi in Tunisia ad avere la credibilità e la determinazione per sradicare l’ignobile avanzata del terrorismo.

Lo scenario che si è creato spinge a vedere come fondamentale la piena solidarietà al popolo tunisino che ha saputo scacciare la dittatura di Ben Ali e che merita di chiudere una volta per tutte con le colonizzazioni, siano esse provenienti dall'Europa o dal Golfo.