Ayotzinapa, marina ed esercito implicati nella sparizione forzata dei 43 studenti

30 / 3 / 2022

In una lunga conferenza stampa, il GIEI (Grupo Interdisciplinario de Expertos Independientes) ha rivelato questo lunedì il coinvolgimento dell’esercito e della marina messicana nella sparizione forzata dei 43 studenti di Ayotzinapa, occultando le informazioni che fin da subito avrebbero potuto condurre agli studenti e in seguito manipolando le prove nella discarica di Cocula al fine di costruire la “verdad histórica”.

Secondo le prove raccolte dagli esperti del GIEI ed esposte in conferenza stampa, l’esercito messicano si è infiltrato tra gli studenti della normal con agenti che quotidianamente informavano i superiori di ogni movimento proveniente dalla scuola. Per questo motivo fin da subito le forze armate erano a conoscenza di ciò che stava succedendo a Iguala, da quando gli studenti occuparono gli autobus fino allo scontro nel quale sparirono i 43 ragazzi. 

Marina ed esercito hanno avuto inoltre un ruolo chiave nella “costruzione” della scena della discarica di Cocula. Il luogo viene nominato per la prima volta nel caso il 27 ottobre del 2014 quando in conferenza stampa Murillo Karam e Tomás Zerón de Lucio annunciarono di aver ritrovato dei resti ossei nella discarica in questione. Il video visionato dal GIEI mostra come solo poche ore prima, lo stesso Murillo Karam visitò il luogo assieme ad elementi della marina e dell’esercito. Gli stessi militari arrivano nel luogo con alcuni furgoni dai quali vengono scaricati alcuni sacchi neri che poi vengono bruciati. 

Iniziò così a farsi largo la “verdad histórica”, fabbricata attraverso la costruzione della scena del crimine e successivamente consolidata attraverso testimonianze ottenute sotto tortura. A tal proposito, Angela Buitrago, ha ricordato come 22 testimoni chiave sono morti e solo 2 per cause naturali, aggiungendo poi: «abbiamo trovato elementi per poter dire che dal primo momento si è persa di vista la verità. La giustizia ha perso, il diritto alla non ripetizione è stato negato e la riparazione sarà molto complessa. Ci sono manipolazioni nella forma, data e luoghi delle detenzioni dei presunti colpevoli. La cosa peggiore è l’atto di tortura, che ha pregiudicato l’indagine».

Al termine della conferenza stampa, Francisco Cox, altro membro del GIEI, ha letto le raccomandazioni del gruppo per il prosieguo delle indagini e annunciato che «purtroppo finora non abbiamo raccolto notizie che ci dicano che gli studenti siano vivi».

VIDEO CONFERENZA STAMPA DEL GIEI

Queste prove e informazioni sono rimaste negli archivi militari e sono state celate alle autorità e all’opinione pubblica fino ad oggi, contribuendo a intralciare il ritrovamento degli studenti e il cammino della giustizia. Solo recentemente il presidente López Obrador ha disposto l’apertura degli archivi e permesso al GIEI, ritornato per la terza volta in Messico nel 2020 dopo un accordo firmato con la commissione presidenziale che si occupa del caso, di aprire il filone d’indagine sull’esercito, come raccomandato dallo stesso GIEI nei precedenti report. 

Il GIEI ha dunque messo nero su bianco ciò che da sempre il comitato dei genitori e le organizzazioni di difesa dei diritti umani che li accompagnano, Centro Prodh, Tlachinollan, Fundar e Serapaz, hanno denunciato, vale a dire il coinvolgimento diretto delle forze armate, e quindi dello Stato, nell’efferato crimine di sparizione forzata. 

Il giorno seguente il comitato dei genitori dei 43 studenti desaparecidos ha convocato una conferenza stampa per commentare le novità riguardanti il terzo report del GIEI. Alla presenza delle organizzazioni di difesa dei diritti umani che da sempre accompagnano i familiari, i genitori hanno riconosciuto l’importanza di questo terzo report e soprattutto la necessità del sostegno internazionale per sconfiggere l’impunità che regna ancora sul caso. Allo stesso tempo, hanno ricordato come, dall’assunzione di López Obrador come presidente, si siano persi altri tre anni prima che queste informazioni venissero alla luce. Infine, i genitori hanno espressamente chiesto al presidente di riprendere il dialogo perché, pare evidente, non tutte le istituzioni stanno tenendo fede agli accordi di collaborare per arrivare alla verità, in particolare le forze armate e parte della FGR (in cui, è bene ricordarlo, lavorano anche funzionari della defunta PGR).

Tra i primi a parlare Mario Gonzalez, padre di Cesar e uno degli storici portavoce del comitato dei genitori: «siamo molto arrabbiati, per tre anni le istituzioni hanno visto i nostri volti, hanno giocato con noi», riferendosi quindi proprio al presidente López Obrador. Poi è la volta di Emiliano Navarrete, padre di José Angel: «in questo paese non c’è giustizia per i poveri». Parla infine anche l’avvocato Vidulfo Rosales di Tlachinollan, che ha ricordato come il complotto smascherato dal GIEI ha fatto perdere cinque anni di indagine e come ancora oggi persistono le reticenze dell’esercito e delle forze armate che continuano a “giocare sporco”. Per Santiago Aguirre del Centro Prodh invece il report del GIEI «dimostra che il Messico ha bisogno dell’aiuto internazionale per risolvere questa crisi di impunità» di cui Ayotzinapa è solo la punta dell’iceberg.

Nonostante il notevole passo avanti nelle indagini, la strada per raggiungere la verità è ancora in salita. Le reticenze, le omissioni e gli ostacoli messi in campo dalle forze armate sono molti e neppure la volontà politica di López Obrador sembra sufficiente a rompere il muro di omertà e impunità dentro a una delle istituzioni più potenti del paese. Potenza che lo stesso presidente ha contribuito a rafforzare, militarizzando le frontiere del Paese per fermare l’esodo migrante e soprattutto concedendo la gestione del nuovo aeroporto AIFA, la costruzione del Tren Maya e di altri mega progetti. 

La lucha sigue, perché solo la lotta instancabile e determinata dei genitori e di quanti li accompagnano potrà scalfire quell’infame muro di impunità e ridare verità e giustizia alle vittime.